STIPENDI E PENSIONI D’ORO, GENERALIZZAZIONI INGIUSTE
Set 23rd, 2015 | Di cc | Categoria: PoliticaNon è vero che l’affarismo regna nel sindacato. L’impegno di dare “voce a chi non l’ha” è sempre presente e determinante.
di Elia Fiorillo
Periodicamente ritorna sui media il tema degli stipendi e delle pensioni d’oro dei sindacalisti. Gli eccessi vanno sempre denunciati specie se i soggetti interessati ricoprono ruoli di rilevanza sociale. E, in ispecie, se certi benefici devono attribuirsi proprio alla posizione rivestita dagli interessati. Ma le esagerazioni sono esagerazioni e non possono coinvolgere un’intera categoria.
Succede però, un po’ per superficialità degli organi d’informazione, un po’ per interessi di parte, che casi ben circoscritti diventino sintesi fuorvianti e false per un intero gruppo sociale. A ciò vanno aggiunte difese d’ufficio pasticciate che per provare a giustificare il singolo, inguaiano l’intera compagnia.
Chi si è occupato tra l’altro, per esempio, di formazione sindacale, ha partecipato ai campi scuola “unitari”organizzati da Cgil-Cisl-Uil, ha visto da vicino tanti sindacalisti provenienti dalle più disparate realtà territoriali e categoriali - dai docenti universitari ai braccianti agricoli -, sa bene di che pasta è fatto il popolo sindacale: in particolare la dirigenza. Sa che l’interesse collettivo, la giustizia sociale, sono le molle di scelte che si portano dietro sacrifici, personali e familiari, anche finanziari, compensati solo dalla convinzione di aver fatto una cosa giusta per le classi più deboli. Per dirla con il compianto don Lorenzo Milani, il prete di Barbiana che formò diversi sindacalisti e politici, bisogna provare a ripetere “I care“, m’importa, ed impegnarsi a “dare voce a chi non l’ha”.Stare dalla parte degli ultimi, difenderli, farli contare, “dargli voce”, appunto. Ecco il ruolo del Sindacato.
Non sempre si vince, in questo difficile lavoro di rivendicazione che è anche confronto, e a volte scontro, con quelli che una volta genericamente venivano chiamati “padroni”.Non sempre l’interesse generale viene tutelato. A volte la deriva del corporativismo s’imbocca, ma sempre in buona fede, nel convincimento di difendere gl’interessi dei più deboli. Far passare allora un’intera dirigenza sindacale come affarista, interessata prevalentemente ai propri interessi di bottega, è profondamente ingiusto e soprattutto falso.
Ci sono, ad esempio, ex segretari generali di categoria che pur avendo ricoperto incarichi di prestigio nella loro attività sindacale, ed avendo alle spalle significative attività professionali, sono andati in pensione con meno di 1800 euro netti al mese e continuano a fare “volontariato”, senza nulla chiedere in fatto di compensi o rimborsi a vario titolo. Non si sono minimamente sognati di fare “magheggi”utilizzando il decreto legislativo 564 del 1996, scritto dall’ex ministro Tiziano Treu, nonché ex commissario dell’Inps. Se invece di abbracciare l’attività sindacale fossero rimasti a svolgere la propria attività professionale quella pensione come minimo si sarebbe raddoppiata. Ma storie del genere, e non sono poche, non fanno notizia.
No, non è vero che l’affarismo regna nel sindacato. La scelta della Cisl di pubblicizzare la certificazione dei redditi della dirigenza - unitamente al nuovo regolamento sulle retribuzioni - è un atto concreto di trasparenza che dimostrerà quanto siano false e volutamente delegittimanti certe propagande sugli stipendi e le pensioni dei sindacalisti.
Il vero problema che ha oggi il sindacato nel suo insieme è l’adeguamento al nuovo contesto del mondo del lavoro, dove il posto di lavoro non si conquista una volta e per sempre. Dove la frammentarietà dell’occupazione è una realtà che però va governata per evitare soprusi. Bisogna voltar pagina. Il sindacato ci sta provando. I temi della prossima assemblea organizzativa della Cisl ne sono la prova provata. In una fase di cambiamento, di svolta, provare a delegittimare le organizzazioni dei lavoratori è un sistema vecchio come il mondo. Sta alle donne e agli uomini del sindacato sconfiggere certe tendenze assolutistiche di un modo di far politica. In primis, facendo pulizia nel proprio interno, come sta già avvenendo.