Giornalismo e intercettazioni pericolose

Lug 23rd, 2015 | Di cc | Categoria: Politica

Il “caso Crocetta” avràsicuramente degli strascichi. Esso prova quanto potere ha la “libera informazione”

di Elia Fiorillo

La questione delle intercettazioni ritorna nel dibattito politico ogni volta che qualche manina interessata lancia in campo registrazioni di conversazioni  blasonate e segrete. E’ capitato ultimamente a Matteo Renzi, presidente del Consiglio, e a Rosario Crocetta, governatore della Sicilia. Capiteràancora, sicuramente. Si pensa di risolvere la tematica vietando ai giornalisti la pubblicazione delle intercettazioni. Un “bavaglio”alla stampa per bloccare la diffusione di notizie delicate e destabilizzanti per il “potere”. Il vecchio ritornello si ripete: il manovratore – leggi chi ha le leve del comando – non va in alcun modo disturbato. E, allora, giù ipotesi legislative che limitano la libertàd’informare per i giornalisti e di essere informati per i cittadini.  Non è che il giornalista per definizione sia  uno stinco di santo e quindi tutto gli è permesso. Guai a pensare cose del genere. Impedirgli però la pubblicazione di notizie che hanno “rilevanza pubblica” è pericoloso per la democrazia. Come non aiutano certe proposte legislative che prevedono la diffusione solo dei provvedimenti del magistrato e non anche degli allegati. E’ un modo di dare più potere al giudice che a sua discrezione può inserire nel provvedimento solo quelle informazioni in funzione della pubblicitàche ritiene di dover dare ad esse. Non vanno dimenticati, a tal proposito, quei casi dove alcuni magistrati hanno divulgato materiale irrilevante solo per dare notorietàall’inchiesta.

La verità è che se funzionassero di più e meglio gli organi disciplinari della magistratura e dei giornalisti certe anomalie, o veri e propri abusi, non si verificherebbero. Ha ragione il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, quando afferma che troppo spesso «la politica ritrova la sua unitàsolo sui giornalisti», ed ancora, che «noi abbiamo la possibilitàdi sanzionare chi si trasforma in buca delle lettere, pubblicando atti privi di interesse pubblico». Da questo punto di vista, certamente condivisibile, va aggiunta una considerazione: chi si macchia di abusi del genere, a volte gravemente lesivi per l’Ordine, non può essere giudicato senza la dovuta pubblicitàà e senza che le pene risultino esemplari.

Il “caso Crocetta”avràsicuramente degli strascichi. Esso prova quanto potere ha la “libera informazione”. Lucia Borsellino «va fermata, fatta fuori. Come suo padre»aveva detto in una presunta conversazione a Crocetta proprio il suo medico personale Matteo Tutino, arrestato il 29 giugno con l’accusa di falso, abuso d’ufficio, truffa e peculato. A quell’agghiacciante affermazione il governatore, secondo l’Espresso, rispose con un “assordante e terrificante”silenzio. Quel non parlare, non commentare, non infuriarsi ha fatto scattare, giustamente, i messaggi di solidarietàà a Lucia Borsellino da parte di tutto il mondo politico, a partire dal presidente della Repubblica. Il colpo di scena nella vicenda è il comunicato del procuratore della Repubblica di Palermo, Francesco Lo Voi, il quale afferma  che «non risulta trascritta alcuna telefonata tra il Tutino e il Crocetta del tenore sopra indicato». Una balla dell’Espresso? Il settimanale replica che ilcolloquio intercettato c’è stato e risale al 2013 e fa parte dei fascicoli segretati di uno dei tre filoni d’indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo.

Andava pubblicata quella conversazione? Era d’interesse pubblico? Non era un’arma impropria per dare il colpo di grazia al presidente Crocetta, giàmolto discusso? Ammesso che la notizia - verificata senza ombra di dubbio, anche se segretata – fosse ritenuta – in buona fede - vera, andava pubblicata. Perché fotografava un modo di comportarsi non limpido, equivoco di un uomo delle istituzioni. Da una parte la rivendicazione ad oltranza dell’impegno alla  lotta alla mafia, dall’altra il tacere difronte ad un’espressione prettamente mafiosa. La “libera informazione”in un Paese democratico serve proprio a dare ai cittadini tutte le informazioni sul potere. E’ “contropotere”, ma non interessato. Quella notizia andava data anche se al posto di Crocetta ci fosse stato un altro soggetto: chiunque, di qualsiasi indirizzo politico. E’ comportandosi con coerenza, con gli amici e con i nemici, che si riesce ad avere il rispetto dell’opinione pubblica: la cosa che più conta per un giornalista e per un organo d’informazione.

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