DEMOCRAZIA E ASSENTEISMO ELETTORALE
Lug 6th, 2015 | Di cc | Categoria: Politica
Tutti i partiti dovrebbero farsi in quattro per fare pressione sull’elettorato perché si rechi alle urne. Perché “la partecipazione” resta il primo basilare principio della democrazia.
di Elia Fiorillo
Fino a quel punto la presentazione del libro era filata liscia. Tanti i temi sfiorati nelle tre ore di discussione. Dal “leaderismo che mortifica la rappresentanza”, al Consiglio Superiore della Magistratura, ovvero: “la terza Camera della Repubblica”; eppoi agli editori spuri e all’informazione che ne discende, che proprio libera non può essere. Il filo conduttore della serata era il liberalismo, meglio “Il liberale qualunque”, titolo dell’opera che veniva presentata.
L’intoppo, per così dire, allo scorrere tranquillo della serata venne da alcune considerazioni sull’astensionismo. Per l’autore del volume “una libertà sacrosanta” quella di non andare a votare, ovviamente esercitata in piena coscienza e senza alcun genere di pressioni. Per il presentatore del testo invece “un’eresia bella e buona, foriera di seri guai per la democrazia”. E giù ad elencare nefandezze “democratiche”, si fa per dire, che il “non voto” si portava dietro.
Nell’ultimi anni i “non votanti” sono aumentati in modo vertiginoso. Certo, ha influito la caduta degli sbarramenti ideologici, ma anche una disaffezione alla politica conseguente a piccoli e grandi scandali di cui le forze politiche, nessuna esclusa, si sono rese responsabili. Insomma, ai vari livelli i rappresentanti del popolo nell’immaginario collettivo pare che rappresentino più loro stessi, i loro interessi, che non quelli della collettività. Non bisogna però fare di tutt’erba un fascio, tanti sono i politici che con scrupolo fanno il loro difficile lavoro di rappresentanza. Ma quando il tifone giudiziario-mediatico-immaginifico imperversa i distinguo sono proprio difficili a farsi.
A volte l’assenteismo fa gioco ad alcune forze politiche. Gli elettori furono invitati ad andare “tutti al mare…”, invece che ai seggi elettorali, per non far raggiungere il quorum ad un referendum popolare. La scelta di alcune date per le competizioni elettorali, a cavallo di ponti feriali, ha il sapore di voler indurre in tentazione l’elettore meno motivato. E la fascia più propensa a voltar le spalle ai seggi è proprio quella dei “moderati”, vero ago della bilancia specie quando decidono di non votare. Nelle ultime elezioni Regionali il calo della partecipazione al voto è stato verticale. Circa il 10 per cento in meno delle precedenti elezioni. Nel 2010 alle urne erano andati il 64,13 per cento degli aventi diritto, mentre alle ultime votazioni si è registrata un’affluenza del 53,9 per cento. Stesso discorso vale per le Comunali. Insomma, la fuga dai seggi non è una casualità, ma una costanza che dovrebbe preoccupare un po’ tutti quelli che credono nella democrazia.
“L’esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il Paese”. E’ questo il primo comma dell’art. 3 del decreto del presidente della Repubblica del 5 febbraio 1948, n. 26 che porta le firme di De Gasperi, Scelba e De Nicola. Ed, ancora, all’art. 90 si legge: “L’elenco di coloro che si astengono dal voto nelle elezioni per la Camera dei Deputati, senza giustificato motivo, è esposto per la durata di un mese nell’albo comunale.” Ma la cosa non finiva lì. Per il periodo di cinque anni la menzione “non ha votato” era iscritta nei certificati di buona condotta. Altri tempi, forse. Resta però il problema di come spingere il cittadino “all’obbligo” del voto.
Tutti i partiti dovrebbero farsi in quattro per fare pressione sull’elettorato perché si rechi alle urne. Perché “la partecipazione” resta il primo basilare principio della democrazia. Nei fatti la speranza di alcune componenti politiche-partitiche che un certo tipo di elettore volti le spalle alle urne è un’assurdità pericolosa per la democrazia che i nostri padri con la lotta, e pagando di persona, hanno ottenuto. C’è bisogno allora, al di là dei vecchi certificati di buona condotta, di una mobilitazione costante di tutte quelle forze sane del Paese che vedono la politica un nobile servizio a favore del bene comune. Che credono che la democrazia, la libertà, non si conquistano una volta tanto a mezzo di martiri e patrioti, ma giorno dopo giorno. E’ per fare questo c’è bisogno di formare le nuove leve a partire dalla scuola, ma anche dalla miriade di associazioni sportive, culturali, religiose, sindacali e chi più ne ha più ne metta, di cui il nostro Paese per fortuna è ricco.
La serata finì con una stretta di mano tra Franco Chiarenza, autore del libro “Il liberale qualunque” e Francesco Mercadante, insigne filosofo e presidente del Sindacato Libero Scrittori Italiani della Cisl. Ma su questi tempi certamente il confronto allargato continuerà, la posta in gioco è troppo alta per fermarsi e stare a guardare.