Il primo Novembre la festa di tutti i Santi

Nov 2nd, 2009 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale

La festività del primo Novembre, introduce la festa di tutti i Santi contemplati dalla Chiesa Cattolica. Ripercorrendo il cammino del protomartire Stefano, che martoriato ed assassinato dal futuro apostolo Paolo (all’epoca Saulo) che sulla Via di Damasco vide la conversione, siamo sormontati da una luce ed una fede viva che vede ricorrente la speranza nel Signore. Ricordiamo innanzitutto che tutto il popolo di Dio può divenire Santo, chiunque fa della sua vita un’opera misericordiosa nei suoi confronti con semplici e gratificanti gesti. La carità, punto cardine della cristianità è l’effetto ponderante della santità. Ma potremmo chiederci come ci si arriva agli onori degli altari? Ebbene la santità nel senso vivo e appropriato della circostanza, sta a ricordare le opere, le azioni ed il carisma di un eroe, sia esso consacrato o laico, che delle virtù cristiane ne ha fatto il suo emblema di vita quotidiana, correlato dopo la sua morte ad atti che ne riconducono il compenso, quali i miracoli per sua intercessione. Poniamo alcuni esempi di spiritualità correlata alla vita dei Santi. Proclamato patrono d’Italia, San Francesco d’Assisi, dalla ricchezza più estrema, si spogliò persino delle sue vesti per vestire un semplice saio di iuta; il suo compito era quello di riedificare la chiesa di Dio, ma non intendiamo quella materiale, bensì quella spirituale, che durante il periodo storico che percorreva, vacillava. Esempio di carità possiamo invece estrapolarlo da San Camillo de Lellis, patrono degli operatori sanitari, degli ammalati e dei luoghi di cura. Della sua vita, che da giovane svaniva tra i materialismi, i falsi idoli e le demagogie dell’epoca (parliamo del XVI secolo), sentì la sua chiamata di fronte a tanto vagar e tanta sofferenza che per primo provò sul suo corpo. Degli ammalati ne fece la sua predilezione, vedendo in essi, come ogni buon cristiano dovrebbe fare, il Cristo sofferente sul calvario. Sulle orme di San Camillo, l’insigne Prof. Giuseppe Moscati, elevato agli onori degli altari dal Santo Padre Giovanni Paolo II, nonostante la sua notorietà che si espandeva non solo a Napoli ed in tutto il meridione, depose la sua vita nelle mani del Signore, portando avanti la professione medica non come un semplice stile o incarico istituzionale della società, ma bensì come una vera e propria missione. I poveri ed i sofferenti si identificavano, non come corpi martoriati dalle più svariate patologie cliniche, ma bensì come l’anima che cerca conforto. Tramandava infatti ai suoi allievi di poter conciliare i due sentimenti, quello della professione e quello dell’amore cristiano e caritatevole verso i fratelli sofferenti. Curare il corpo era fondamentale, ma se l’anima vacilla, a nulla varranno le cure mediche per poterne debellare la malattia. Non mancano tra i servitori di Cristo, eroi militari. Il Servo di Dio Salvo D’Acquisto, Vice Brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, durante la seconda guerra mondiale, offrì la sua giovane vita, in cambio di ostaggi fatti prigionieri dalle forze tedesche che ne minacciavano la fucilazione. Arriviamo ai giorni nostri, contemplando l’apostolo di Pietro, Papa Giovanni Paolo II, il suo carisma ed il suo vigore, resteranno immutati nel tempo e nelle generazioni future, affinché ne traggano monito e plauso. Santo lo è stato durante il suo mandato pontificio e con le nostre suppliche lo sarà ben presto tra le glorie degli altari. Non tralasciamo gli effetti negativi che la vita terrena ci riserva. Anch’essi occorrono per forgiarla, come d’altronde gli eroi della Chiesa hanno potuto constatare. Ai giorni nostri non mancano gli eccidi nei confronti dei Cristiani, che in diverse parti della terra vengono ancora perseguitati e massacrati; sembrerebbe proprio che i tempi di Diocleziano e Nerone, non siano terminati, perchè il seme del male trova sempre terreno fertile su cui fondare le sue radici, ma è possibile estirparlo con le preghiere e le opere di misericordia che risultano come un efficace diserbante per estirpare questa gramigna che da duemila anni cerca di avvinghiarsi nell’uomo, cercando di radicarsi. Ultimo ma fondamentale passo è quello della cristianità vissuta. Per intenderci basti dire che la fede senza le opere non può coesistere. Chiunque dice di reputarsi cristiano senza porre in atto quello che ascolta, diviene come una pozza d’acqua ristagnante senza riciclo, diviene maleodorante e putrida, diversamente da un ruscello dal quale sgorga sempre acqua limpida. Così dev’essere la nostra fede. Come quel ruscello che accorpa l’acqua piovana, la purifica e la lascia scorrere. Ascoltiamo la parola di Dio, affinché riponendola nei nostri cuori, possiamo esternala appieno con le nostre opere. Stefano Galdi

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