Niccolò Jommelli. Le ultime sette parole di Gesù Cristo sulla croce
Apr 1st, 2015 | Di cc | Categoria: Spettacoli e CulturaMercoledi 1 aprile, ore 20.3o al Domus Ars, a Napoli alla via Santa Chiara 10, le ultime sette
parole di Gesù Cristo sulla croce. Coro Vocalia
direttore
Manuela Albano violoncelli
Vitiello basso
Da secoli la liturgia del venerdì santo prevede la funzione delle Tre ore di Agonia di Gesù sulla Croce, quale esperienza di fede e devozione. Il testo anonimo si articola in sette brani che propongono una meditazione sulle “Sette parole di Gesù sulla Croce” riportate nelle pagine dei Vangeli che preparano ad accogliere, con venerazione, il mistero della Croce che dà senso alla vita cristiana; il brano conclusivo è preceduto dal sonetto “Jesus autem emissa voce magna expiravit”.
Nonostante l’argomento trattato, Le ultime sette parole di Gesù Cristo sulla croce di Gesù Cristo musicata da Niccolò Jommelli si presenta subito come un meraviglioso esempio di impiego di spunti teatrali introdotti in una composizione sacra. La bellezza delle melodie, l’immediatezza dell’ispirazione, la capacità creativa, la continua ricerca di realizzazioni armoniche, la naturalezza delle idee musicali rendono questa composizione una sorta di compendio di ciò che ha prodotto la gloriosa scuola napoletana del ‘700 e mettono in risalto da chi e da dove è partito tutto quello che di più bello si è espresso musicalmente nell’Europa di quel periodo.
La particolarità della composizione si evidenzia subito osservando l’originalità dell’organico strumentale adoperato dal compositore: contrabbasso, due violoncelli e fagotto. Che meraviglia! Colore e calore ottenuti con una timbrica cosi apparentemente cupa ma che, usata magistralmente, riesce a rendere il senso di inquietudine che il testo sottende e che Jommelli alleggerisce senza cadere mai nel grottesco.
Le sette parole di Gesù sulla Croce vengono “commentate” in modo teatrale sì, ma rispettoso dell’intensità del testo.
Dopo l’incalzante invito “Deh, venite ad ascoltar di Gesù gli ultimi accenti”, si passa ad un tenerissimo “di mille colpe reo” con cui, sottovoce, si chiede al Signore di perdonare, perché non sanno quel che fanno.
Un’intensa ed incalzante introduzione strumentale in tonalità minore ci porta nell’angoscia del “quando morte con l’orrido artiglio”, poi nella supplica espressa in maniera sempre più intensa del
“ deh Signor ti sovvenga di me” per arrivare, solo dopo aver “deposta la squallida salma”, ad un colpo di scena teatrale, quasi un finale di atto concertato a quattro voci, ed un “venga l’alma a regnare con te” in allegro moderato che, con un seppur piccolo crescendo finale, dà il senso della fine di una prima parte.
L’infinita tenerezza della madre che vede morire il figlio viene introdotta dal calore del fagotto per poi abbandonarsi alla delicatezza del “volgi, deh volgi a me il tuo ciglio” con cui il coro commenta il momento in cui Gesù affida la madre al suo discepolo Giovanni.
Il momento di disperazione del “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” viene introdotto dal violoncello che si muove con insofferenza, con delle appoggiature dolorose prima e con un’intensa articolazione incalzante poi, che porta ad un “dunque, dal Padre ancora abbandonato sei” che non lascia spazio ad interpretazioni: la parola “abbandonato” viene usata con grande maestria, in modo irriguardoso, bene articolata, per poi arrivare alla conclusione che “ridotto t’ha l’amore a questo, oh buon Gesù!” con una scansione ritmico-sillabica che rende il momento ancora più intenso.
Nessuno si aspetta il cambiamento in tonalità maggiore e la caratterizzazione ritmica de “ed io coi falli miei” che crea un momento a sé, un’entrata in scena di un personaggio inaspettato e forse inopportuno, che lascia subito il campo al grido di “piuttosto, oh Dio morir” all’unisono del coro e degli strumenti, per arrivare alla sofferenza del“ non più peccar”che prima in modo struggente, poi in modo ansimante e chiudendo in crescendo, ci porta a concludere con quel senso di pace che solo un tanto atteso accordo maggiore può concedere dopo il tormento che l’ha preceduto.
Dopo che l’universo attonito compiange il suo Signor, arriva il momento in cui la morte di Gesu? viene enunciata dal coro tristemente piu? volte, fino allo stremo: sembra che i protagonisti lascino il palcoscenico uno alla volta, fino al calar del sipario.