Papa Francesco a Napoli: l’emozione di un sorriso, la forza della speranza

Mar 22nd, 2015 | Di cc | Categoria: Politica

di Edoardo Barra

 

 

Parlare della visita di Papa Francesco a Napoli non è semplice. Occorre il giusto distacco per evitare di lasciarsi trascinare nella magica atmosfera che ha inondato la città e guardare con occhi obiettivi ciò che questa visita ha rappresentato e, ancor di più, può rappresentare.

Ecco, questo è il punto, l’emozione del momento, che pure è stata notevole e di rara portata, può durare quel tanto che rende il tutto etereo e vano o si può trasformare in qualcosa di duraturo che segna il tempo e la città. Per delineare su quale prospettiva è proiettata la visita del Santo Padre non possiamo evitare di partire dall’immagine di Scampia, dal Francesco circondato dai bambini e dal suo gesto per farli sedere mentre si svolge il cerimoniale. I detrattori di questo papato, che spesso lo criticano per un eccesso di populismo e tradimento dello spirito più tradizionalista della Chiesa, avrebbero dovuto in quei momenti respirare l’aria di Scampia, di un quartiere dilaniato dai problemi, per comprendere quanta speranza e forza cristiana è riuscito a trasmettere questo Papa venuto dai confini del mondo.

Non fermiamoci alle immagini, alle bandierine sventolanti e neppure alla marea di persone presenti lungo tutto il tragitto - e consideriamo che muoversi a Napoli in quelle ore rasentava l’impresa - no, lasciamo perdere questi elementi, torniamo invece a quel semplice gesto verso i bambini che lo attorniavano. Ho visto i piccoli uomini e donne di domani guardare affascinati l’uomo vestito di bianco e corrispondere a quelle mani invitanti sedendosi con la tranquillità di chi sa di potersi fidare e di essere rispettato. Per loro non era un educatore o un adulto, era il padre. Li ho visti volgere lo sguardo nello stesso verso del Papa, ascoltare con gli occhi e non solo con le orecchie, li ho guardati mentre con lo sguardo lo accompagnavano nel suo lasciare Scampia. A quei bambini più che ad ogni altro era diretto l’urlo sommesso ma assordante di Francesco: “la via del male ruba speranza”. Un grido che, più dello “spuzza” di piemontese dialetto,  ha tracciato un profondo solco tra quello che era e ciò che potrà essere. Il futuro non può prescindere dal passato e dal presente, Francesco questo lo sa, così come delle periferie conosce gli odori, i rumori, le disperazioni e le allegrie. Di quei ragazzini Francesco comprende il respiro dei sogni e per loro ha parlato guardando tra la folla dove sapeva che c’era chi doveva ascoltare.

I richiami di Francesco sono stati per l’intera giornata improntati alla speranza e, al di là di ogni retorica, con le sue parole ha reso più volte visibile l’orrore del rischio di perderla. E’ stata una testimonianza viva in una città che rischia di perdere la propria caratteristica vitalità nei mille rivoli  della rassegnazione: nelle ore della visita il tempo era scandito al ritmo dei movimenti del Papa e non per i blocchi del traffico. Chi non era nei luoghi di incontro chiedeva dove fosse, cosa facesse e che diceva. Anche in questo intravediamo la scossa che Francesco ha impresso in questa visita pastorale, la sua è stata una testimonianza di fede cristiana, d’impegno, gioia, e sofferenza fatta per strada, tutto in maniera diretta e visibile. E questa umanizzazione dell’immagine, tangibile ma mai ostentata, è un elemento estremamente significativo per chi è abituato a respirare la polvere delle difficoltà quotidiane.

Il Papa è stato in città, ha fatto sentire la sua voce, ha tracciato un percorso chiaro che necessita di cambiamenti radicali, e ha parlato alla gente con parole semplici. Dignità, lavoro, rispetto sono termini usati come un rasoio per tagliare le corde dell’indifferenza e della rassegnazione che spesso stringono le mani e bendano gli occhi. Ora però tocca a tutti noi dare un seguito a quelle parole, Francesco ha indicato una direzione non dall’alto di uno scanno ma in maniera diretta, dal basso dei marciapiedi, ci ha preso per mano mostrandoci quello che abbiamo e come fare per migliorarlo. Ha dimostrato che esiste un “sacro” che è con noi, tra noi e che aggrappandosi alla fede e con la volontà ce la si può fare a modificare le cose. Quei bambini di Scampia, forse meglio di ogni altro, hanno recepito il messaggio. Tocca a noi ora rendere concreta la speranza e far si che quei ragazzi ricordino la visita del Papa come un punto di partenza e non un’oasi nel deserto.

Edoardo Barra

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