Il caso Renzi
Mar 1st, 2015 | Di cc | Categoria: Politica
Era febbraio dell’anno scorso quando Renzi saliva al Quirinale per assumere l’incarico di Primo Ministro. Un Primo Ministro determinato da una direzione di partito e non dal voto popolare. E’ passato un anno. Un anno che ha segnato il nostro Paese con un cambiamento di scenario politico ma lasciando - di fatto - il Paese a un destino dettato più da fattori esterni che da volontà propria.
Ma qualcos’altro accade: il Premier, Giovin capitano, sta imponendo un proprio modello di speranza basato su annunci, twitterate, slogan e su un decisionismo spesso arogante e fuori luogo, ma poco, molto poco, su riforme che fondino le capacità produttive del Paese con le esigenze di ripartenza dell’economia reale e soprattutto con la possibilità di creazione di nuovi posti di lavoro. Il Jobs Act e i suoi decreti attuativi ne sono la riprova. Viene persino da sorridere amaro quando si è costretti ad ascoltare che con questo mezzo si crea occupazione. Quest’ultima si genera dando alle aziende la possibilità di essere competitive, sostenendone gli investimenti e abbattendo i balzelli fiscali che ne determinano troppo spesso la resa. In altre parole le aziende non assumono in quanto la loro capacità produttiva è messa alle corde e non certo per l’esistenza di diritti.
Che poi l’art. 18 avesse necessità di essere rivisitato poteva essere un’ipotesi. Ma perché allora la stessa sinistra, quella che oggi si fa vanto d’aver reso concreta quell’ipotesi, ha perso anni di tempo solo perché a proporla era stato il Governo Berlusconi? 3 milioni di persone chiamate a raccolta dalla sinistra e dalla CGIL di Coferratiana guida fermarono allora ogni discorso, questo per andare oggi ben oltre da ciò di cui si discuteva allora. Renzi ha azzerato diritti con rasoiate e i lavoratori del futuro saranno, sotto certi aspetti “precari a vita”, con logiche da continuo ricatto. Tutto ciò spazzando via le indicazioni di un Parlamento sempre meno determinante il che, in una Repubblica Parlamentare, appare quanto meno singolare.
Un ragionamento che però può essere esteso: le riforme del Giovin capitano appaiono monche, arruffate e, volendo essere cattivi, talvolta mosse da interessi poco chiari. Ciò vale per il Senato, per le Province, per le Banche popolari e per tutta una linea politica che sembra determinata più dalla volontà di potere e d’apparire che scelte costruttive per la Nazione.
E anche il dosaggio, scientifico, della tempistica è sospetto. Ogni volta che nasce una discussione, ecco che il Premier e la sua compagine sono pronti a passare oltre in modo da creare un tourbillon nebuloso dal quale risulta difficile districarsi. Renzi sa sfruttare, e bene, la stanchezza della gente, la memoria corta e il desiderio di rinascita. Se si apre un fronte di critica (ad esempio quello delle Popolari che tanti dubbi solleva) il Premier è immediatamente pronto a spostare i riflettori su un altro orizzonte e così si procede da speranza a speranza, da promesse a promesse sino a proclami di soluzioni che mai si concretizzano. I contrasti gli son congeniali per attaccare e far scivolare nel dimenticatoio le aberrazioni che crea. Ad esempio oggi appare chiaro come i famosi 80 euro nessun vero beneficio all’economia hanno portato.
Il panorama politico tra l’altro gli è propenso: da un lato una sinistra vittima di se stessa, in mano a personaggi che con la sua storia ha poco a che vedere, con voci critiche ma sterili nei contenuti pratici; dall’altro un’opposizione di Centro Destra allo sbando impegnata nella ricerca di un’aggregazione che non sia rappresentata dal solo Cavaliere. A tal proposito appare curioso che dopo una tregua giudiziaria, appena rotto il patto del Nazareno è ripresa la battaglia sulle cene berlusconiane e nuovi discutibili aspetti sono sbandierati alla pubblica opinione.
Di certo il Giovin capitano gode dei favori di una certa stampa e di ambienti che guardano con estremo piacere questo modo anomalo di esser di sinistra. Non è un caso che tra i maggiori sponsor del buon Matteo vi siano imprenditori, bancari e uomini di finanza. Anche il briciolo di ripresa che situazioni contingenti lasciano intravedere è sfruttato da Renzi per amplificare quella speranza che gli serve per giustificare la confusionaria azione del Governo. Ma questo non basta ne basterà per salvare il Paese ed evitare il caos dal quale possono nascere forme di protesta, popolari o meno, ma dagli sviluppi pericolosi.
Edoardo Barra