SERGIO MATTARELLA, UN “COMUNISTELLO DI SACRESTIA” CHE SCALA IL COLLE
Feb 2nd, 2015 | Di cc | Categoria: Politica
In una situazione così complessa e delicata in cui si trova il Paese, con l’alito di Bruxelles sul collo, l’Italia aveva proprio bisogno di un arbitro imparziale. Mattarella lo sarà, ma ci saranno sorprese per chi lo ritiene non troppo caratterizzato: “i comunistelli di sacrestia”, al momento opportuno, diventano dirompenti.
di Elia Fiorillo
“Un comunistello di sacrestia” lo avrebbe definito il cardinale Alfredo Ottaviani, rigoroso oppositore di tendenze riformiste della Chiesa cattolica. In verità, Sergio Mattarella, nuovo presidente della Repubblica italiana, di “amici” ispiratori del genere, tanto criticati dall’intransigente cardinale, ne ha avuti diversi, da Aldo Moro, a Carlo Donnat Cattin, all’ex sindaco ieratico di Firenze – che con Renzi non c’entra niente –, Giorgio La Pira, a don Lorenzo Milani e tanti altri ancora. Ed il termine “comunistello”, quando venne coniato, era ancor più spregiativo del ritondante “catto-comunista”. Insomma, parliamo di quegli “amici” che brandendo la spada della fede provano a sporcarsi le mani nel sociale, non voltandosi dall’altra parte aspettando il miracolo divino. Non comunisti, ma certamente cattolici convinti e non tiepidi, che per il loro modo di pensare e di agire - prima di tutto - risultano scomodi a se stessi, attanagliati da destra e da sinistra, per la loro identità politica apparentemente non definita. Ovviamente secondo i critici che non concepiscono, allora come adesso, colori diversi dal bianco e dal rosso. Stiamo parlando di un’epoca che fu, quando i partiti dominanti erano la D.C. ed il P.C.I.. Quando il Concilio Ecumenico Vaticano II fu una vera rivoluzione per la Chiesa cattolica e non solo. Pensate per un solo attimo d’inserire in quel contesto storico l’attuale pontefice Francesco. I cardinali Siri e Ottaviani per papa Francesco avrebbero coniato ben altre colorite definizioni. I “comunistelli” di allora avevano, ed hanno, una spiccata caratteristica comune: la determinazione con cui portano avanti le proprie idee. Il compromesso ci può pure stare, ma nell’ottica del raggiungimento dell’obiettivo che ci si è prefissato e che non deve mai essere abbandonato. Insomma, personaggi tosti e intransigenti, apparentemente pacati e silenziosi nel tran tran della vita quotidiana.
Matteo Renzi il nome di Mattarella l’ha sparato all’ultimo secondo facendo venire il mal di pancia al suo alleato Silvio Berlusconi. Il presidente-segretario “lastminute,” dopo sondaggi a tutto campo, ha fatto la sua scelta. Niente d’estemporaneo come si potrebbe pensare per i viaggi-occasione comperati all’ultimo secondo. Il viaggiatore non improvvisato sa bene, in grande anticipo, dove vuole andare. Aspetta solo l’occasione buona per spendere il minimo e avere quello che desidera. E così è stato per Renzi. L’obiettivo era d’imporre il nome da lui prescelto al Quirinale. Non poteva dare l’idea che altri avessero deciso il nominativo che poi sarebbe salito al Colle. Possibilmente doveva essere un personaggio a lui vicino, comunque non un soggetto che gli potesse creare alcun problema d’immagine, ma neanche di lavoro. Ha cominciato, quindi, a lanciare i suoi ami. Si è trovato davanti un Berlusconi imbolsito, sicuro che il presidente del Consiglio non avesse alcun interesse a minare il Patto del Nazareno. L’ex Cavaliere gli ripeteva in tutte le salse il nome di Amato, che comunque non poteva star bene all’ex sindaco. Avrebbe decretato che il vincitore della partita non era lui ma il presidente di Forza Italia e anche il ministro degli Interni Alfano. Poi, artefice Bersani, Renzi ha capito che poteva vincere due partite contemporaneamente, una interna e l’altra esterna e ha comprato il biglietto “lastminute” che portava il nome, assolutamente egregio, di Sergio Mattarella. A noi italiani, per fortuna, è andata bene. Ora però ricominciano i grandi giochi.
Angelino Alfano, all’ultimo secondo, ha fatto dietrofront e ha sposato, con la maggioranza del suo partito, Mattarella. Troppo pericoloso votare scheda bianca. Resta da vedere che farà ora Silvio Berlusconi. Una marcia indietro sulle riforme, dopo tutto quello che ha detto per giustificare il Patto del Nazareno, non può farla. Ne può dare carta bianca al giovane oppositore Fitto. Dovrà inventarsi una strategia che unifichi all’interno e provi all’esterno ad alzare il tiro su tematiche sensibili come il costo delle vita, le tasse, il lavoro. Differenziandosi in tutti i modi dal pericoloso Matteo Salvini. In una situazione così complessa e delicata in cui si trova il Paese, con l’alito di Bruxelles sul collo, l’Italia aveva proprio bisogno di un arbitro imparziale. Mattarella lo sarà, ma ci saranno sorprese per chi lo ritiene non troppo caratterizzato: “i comunistelli di sacrestia”, al momento opportuno, diventano dirompenti. Già dal discorso d’investitura si capirà di che pasta è fatto il dodicesimo presidente della Repubblica.