Il punto di non ritorno.

Gen 11th, 2015 | Di cc | Categoria: Politica

di Edoardo Barra

 

                L’attacco terroristico che ha colpito la Francia nei giorni scorsi è lo spartiacque tra due epoche storiche. Se da un lato si chiude, in maniera definitiva e drammatica, il tempo della politica europea determinata dalla convinzione che l’integralismo islamico sia un qualcosa di lontano e solo marginale per la sopravvivenza degli ideali del vecchio continente, dall’altro si apre un periodo che dovrà, per forza di cose, essere caratterizzato da una severa presa di coscienza del problema.

In queste ore stiamo assistendo a dibattiti sulla ricerca di cause ed effetti che hanno portato alle tragedie targate terrorismo islamico. Dibattito anche interessante ma sterile. Eppure i fatti sono sotto gli occhi di tutti. L’Europa, non solo la Francia, è stata ferita in un una delle sue fondamenta. Colpire un giornale, attaccare l’informazione e la satira in particolare significa voler violentare l’idea stessa di democrazia che abbiamo costruito in secoli di storia.

A questo punto non servono analisi e giustificazioni, occorre trovare soluzioni pratiche al fine di evitare un conflitto tra culture e religioni che rischia di tracimare in una terribile spirale priva di controllo.

Il mondo islamico e quello non islamico non sono, ne possono essere, in antitesi tra loro ma è necessario che diventino complementari, pur nelle variegate sfaccettature che li contraddistingue, se si vuole guardare al futuro con tranquillità. Per ottenere questo occorre però trovare un punto d’equilibrio e canali idonei a raggiungere l’obiettivo. Questo una sola nazione non può essere in grado di farlo.

Le agghiaccianti azioni di cui siamo testimoni in questi anni sono ben studiate e coordinate, è quindi del tutto improbabile che esse siano realizzate da improvvisati terroristi. Per riuscire a compiere atti del genere servono preparazione tecnica, psicologica, mezzi, soldi, coperture, manovalanza addestrata. Tutto ciò non s’improvvisa né tantomeno si determina in poco tempo. C’è una strategia alle spalle, una strategia che contempla anche l’effetto azione-reazione. E allora le domande si affollano: chi muove i fili? Chi coordina? Chi fornisce appoggi logistici e soprattutto chi sovvenziona?

Se non si risponde a queste domande, si rischia di girare a vuoto e senza un obiettivo preciso. Occorrerà quindi assumere decisioni anche non facili ma necessarie per dare dimostrazione della determinazione di non concedere spazio a niente e nessuno su un simile terreno. E non ci riferiamo a guerre o a invasioni già viste. Dobbiamo, infatti, smetterla d’avere l’arroganza di pensare che tutti debbano accettare i modelli occidentali.

Le guerre per esportare i nostri modelli negli ultimi decenni sono tutte miseramente fallite e le varie primavere, battezzate frettolosamente dall’occidente come aneliti di libertà, si sono rivelate spesso anticamere del terrore. Occorre invece che le democrazie occidentali, per imperfette che siano, operino nel concreto e lancino messaggi chiari e inequivocabili. Servono più le azioni quotidiane che quelle eclatanti.

Questo perché è il mondo islamico stesso che deve trovare gli anticorpi al terrorismo nato dai propri radicalismi. Per stimolare un tale processo è necessario che tutti comprendano come nessun interesse sia immune da ricadute negative per simili situazioni.

L’Islam merita rispetto, completo e senza equivoci, ma questo rispetto non può e non deve essere scambiato per debolezza o, peggio ancora, paura.

Edoardo Barra

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