L’inquietante sceneggiata.
Ott 31st, 2014 | Di cc | Categoria: Politica
di Edoardo Barra
Un uomo solo al comando. Un uomo puro, sincero, un manovratore scevro da compromessi che tira avanti per la sua strada. Un uomo vero, dal sorriso facile e la smorfia simpatica. Dai muscoli d’acciaio senza macchie né paura. Un uomo che conosce i desideri del popolo, che riesce a dare fiducia e proiettare il Paese verso il futuro. Ecco come il giovin capitano Matteo Renzi vuole apparire.
Ma sarà veramente così?
Di certo l’ascesa di Renzi ha un che di esclusivo. In pochi anni è riuscito a scalare il mondo politico affermandosi più per la capacità di imporre la sua figura che per fatti concreti. Ma per arrivare la dove è arrivato non basta l’immagine, la simpatia e il saper parlare. Occorre anche qualcos’altro…
Berlusconi, che pure aveva doti simili per affermarsi, ha avuto necessità di un proprio potere economico per realizzare l’escalation che lo ha portato a essere quello che è stato ed è. Non avendo alcun partito alle spalle, per coagulare intorno a se i consensi popolari e per garantirsi la dovuta visibilità, il Cavaliere ha dovuto metter mano alla propria tasca e di questo mai ha fatto mistero. Il suo essere ricco imprenditore, se da un lato gli ha consentito di tessere una ragnatela di relazioni complesse, gli ha però anche attirato addosso una sorta di maledizione che unita a scelte politiche e personali discutibili ha consentito ai suoi avversari se non di eliminarlo, quantomeno di limitarlo fortemente.
E il prode Matteo invece?
Forgiatosi nel Partito Popolare di democristiana memoria e quindi nella Margherita, Renzino è un ragazzo svelto di lingua e di cervello. E non solo. Ha gli amici giusti nei momenti giusti. E questo gli consente un’ascesa inarrestabile che lo porta sino alla segreteria del Partito Democratico e quindi, attraverso una riunione di direzione che per molti versi rimarrà storica, alla carica di Premier.
Fin qui gli avvenimenti politici, ma com’è riuscito il prode Matteo a bruciare le tappe? Chi lo ha appoggiato? Chi gli fornisce il sostegno economico? Cos’è in realtà la Leopolda, un laboratorio politico o invece qualcosa di diverso? Dove ci sta portando la macchina renziana?
Di certo Renzi capisce da subito l’importanza di assicurarsi spalle forti, strutture d’appoggio snelle ma soprattutto amici, amici influenti e scaltri. Negli anni sono proprio questi ultimi a dimostrargli come non ci sia bisogno della ruota della fortuna o di una struttura di partito per racimolare il denaro necessario. Mettendo in piedi un’azione di marketing incisivo viene coniato lo slogan della “rottamazione politica”. Il suo è un linguaggio un po’ grezzo, spesso farcito di banalità, a volte confuso, ma fa effetto. L’apparato renziano si accorge così che può andare oltre. Il momento è adatto ma occorrono soldi per avviare il meccanismo. A far questo ci pensano due associazioni nate una dopo l’altra: Link e Festina Lenti che, seppur senza particolari evidenze pubbliche, supportano i primi passi politici del futuro premier. E sono sostegni molto consistenti buona parte dei quali rimasti privi di nome.
Ma l’attività deve essere meglio coordinata. E’ il Febbraio del 2012 e in uno studio notarile prende forma Big Bang, una Fondazione che racimolerà per Renzi contributi per cifre a svariati zero. Ma non basta. L’undici novembre del 2013 la Fondazione Big Bang si trasforma in quella che è oggi. Nello studio del notaio fiorentino Filippo Russo, Marco Carrai in qualità di fondatore della precedente Fondazione, tra l’altro ancora in attesa di riconoscimento, ne modifica la denominazione in Fondazione Open con un nuovo Consiglio Direttivo composto da lui stesso, Alberto Bianchi, Maria Elena Boschi e Luca Lotti.
In tutti questi passaggi due personaggi sono sempre presenti: Marco Carrai e Alberto Bianchi. Sono loro ad accompagnare e spingere nella scalata il Matteo nazionale, sempre loro sono i protagonisti delle architetture che dalle associazioni porta alle Fondazioni e quindi a una raccolta di fondi milionari.
Di certo il Consiglio Direttivo della Fondazione Open è il cuore se non il cervello del Premier.
Marco Carrai, l’amico di sempre di Matteo, quello che viene considerato l’uomo ombra, il tessitore e propulsore dell’idea renziana, si trasforma nel tempo in un uomo molto influente ricoprendo varie cariche in Italia - tra le quali spicca la Presidenza degli aeroporti di Firenze - e all’estero, costruendo un’articolata rete di contatti e interessi eterogenei e complessi. Alberto Bianchi, presidente della Fondazione Open, avvocato civilista dello stesso Premier oltre che uomo di fiducia è stato nominato da qualche mese Consigliere di Amministrazione nell’Enel. Maria Elena Boschi, segretaria della Fondazione e spirito organizzativo della Leopolda5, assurge al ruolo di Ministro per le Riforme Costituzionali e rapporti con il parlamento. Luca Lotti, con l’avvento di Renzi alla Segreteria del PD, diventa prima Responsabile Nazionale dell’Organizzazione e Coordinatore Nazionale della Segreteria e quindi Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio.
Ma non finisce qui. Renzi gode dell’appoggio di certi salotti (vedi ad esempio la pagina del Corriere della Sera comprata a inizio ottobre da 108 tra professionisti, imprenditori, banchiere e manager a sostegno del Premier) e di una finanza rampante ben rappresentata da Davide Serra, socio di comando del fondo d’investimenti Algebris e sovvenzionatore della Fondazione. Il finanziere che vive a Londra ed è al centro di un universo economico che spazia da Londra sino alle Cayman, quest’anno dal palco della Leopolda ha stigmatizzato molto duramente il diritto di sciopero nel Pubblico Impiego. E qualcuno nel PD ha notato una strana coincidenza tra quelle frasi e la carica della polizia a Roma contro i manifestanti di Terni.
Di certo lo scontro con il Sindacato, sopratutto con la CGIL, si è fatto pesante e questo è un elemento fondamentale per capire verso quale direzione si sta dirigendo il Premier e la sua squadra. Sino a ieri la Cgil aveva sempre sostenuto, se anche con sfumature diverse, la politica del maggior partito di sinistra e lo stesso partito aveva riservato alle rappresentanze dei lavoratori un ruolo determinante nello sviluppo delle proprie strategie. Adesso la spaccatura creata ha spazzato via questa logica aprendo una profonda crisi d’identità nel PD e più in generale nella sinistra. Anche perché qualcuno comincia a chiedersi cosa sarebbe successo se le stesse cose che sta facendo Renzi le avesse messe in campo Berlusconi.
In ogni caso nella squadra renziana comincia ad apparire un che di arrogante nel voler dimostrare ad ogni costo di essere possessore della verità assoluta. Quest’atteggiamento, che all’inizio può anche aver affascinato, sta, di fatto, lacerando il Paese. Da un lato i twitter del presidente del Consiglio, le faccine saccenti della corte del Premier, i faremo e diremo, gli 80 euro agitati a mo’ di sciabola, una legge di stabilità dalle mille incognite, dall’altro il volto disperato del Paese, lontano, sempre più lontano dai palazzi del potere, dagli orologi di valore ostentati al polso e soprattutto da quello che la Leopolda oggi ha dimostrato di essere, un congresso celebrativo di se stesso con un chiaro messaggio al PD: “Siete voi ad aver bisogno di me e non io di voi”. L’idea del partito della Nazione ne è la dimostrazione e forse la celata minaccia.
Se poi a tutto questo si unisce il dubbio che l’azione del Governo possa essere influenzata in maniera determinante dalla rete d’interessi che supporta il Premier più che dal suo stesso partito, beh allora sono comprensibili le perplessità e l’angoscioso sospetto che stiamo assistendo a una rischiosa sceneggiata dagli aspetti inquietanti. E questa è l’ultima cosa di cui il Paese ha bisogno.
Edoardo Barra