SIRIA: SAVE THE CHILDREN, 3 MILIONI DI BAMBINI NON VANNO PIU’ A SCUOLA DALL’INIZI?O DEL CONFLITTO.
Set 18th, 2014 | Di cc | Categoria: Scuola e GiovaniSiria: Save the Children, 3 milioni di bambini non vanno più a scuola dall’inizio del conflitto. Più del 18% delle scuole sono state distrutte, utilizzate a scopi militari o come rifugio per gli sfollati. Intere generazioni vedono messo a rischio il loro futuro: i tassi d’istruzione nel paese passano da oltre il 90% al 6% negli ultimi quattro anni. Difficile la situazione anche per i bambini rifugiati, spesso costretti a lavorare e vittime di bullismo e violenze.
Nuovo video della campagna #withSyria, a cui aderisce Save the Children, per chiedere la fine degli attacchi sui civili e in particolare sulle scuole, sugli ospedali e sui rifugi.
“Un giorno degli uomini armati sono entrati nella scuola e hanno iniziato a sparare. Il giorno dopo mia madre ha detto che non potevo andare più a scuola.” Nagham, 9anni, Siria
“Se in questo momento chiedete a qualsiasi bambino informazioni sui diversi tipi di armi, sarebbe in grado di nominarle tutte; sanno più cose sulle armi di quelle che riguardano le lezioni a scuola” Hanan , 44anni, insegnante, Siria
Le scuole sono attualmente tra i luoghi più pericolosi della Siria: quasi 3 milioni di bambini in età scolare non frequentano più le lezioni a causa del conflitto. Prima della guerra il tasso di alfabetizzazione era oltre il 90% e la Siria spendeva quasi il 5% del suo prodotto interno lordo annuale (PIL) nell’istruzione. A quattro anni dall’inizio del conflitto, la Siria ora ha il secondo tasso peggiore di istruzione al mondo, arrivando in alcune aree come quella di Aleppo ad appena il 6% di bambini che frequentano la scuola. I tassi di abbandono scolastico nei campi profughi e nelle aree a forte densità di sfollati è addirittura due volte più alta che in altre aree. Questi i dati del rapporto “Futuro a rischio”, sull’educazione in Siria pubblicato oggi da Save the Children.
All’interno del Paese, le scuole e le strade che i bambini devono percorrere per raggiungerle sono in prima linea e mettono in costante pericolo la loro vita e quella degli insegnanti. Più del 18% delle scuole siriane (3.456) sono state danneggiate, distrutte, utilizzate per scopi militari e circa 1.000 edifici sono stati occupati da sfollati. Molte hanno subito attacchi con armi esplosive, nonostante fossero in quartieri estremamente popolati. L’incremento della frequenza degli attacchi alle scuole nell’ultimo anno ha seminato il terrore nei bambini, che quindi si rifiutano di andare a scuola e anche laddove le scuole sono in spazi sicuri, sono talmente sovraffollate che non è possibile per loro iscriversi. I bambini non possono ottenere i certificati necessari a passare all’istruzione secondaria o superiore, perché il viaggio necessario a fare gli esami è troppo pericoloso o costoso. “Sono al terzo anno di scuola secondaria, ma dovrei fare gli esami in una città che è lontano dal mio villaggio. C’è solo una strada per arrivare lì ed è molto pericolosa. Non ho paura di fare gli esami, ma ho paura di morire lungo strada per arrivarci”, racconta Samar, 15 anni.
“È assolutamente vergognoso che non venga rispettato l’obbligo di legge di proteggere le scuole nel conflitto, mettendo in pericolo le vite di bambini innocenti e dei loro insegnanti e obbligando milioni di minori ad abbandonare la scuola”, denuncia Roger Hearn, direttore regionale di Save the Children per il Medio Oriente.
Anche le strutture educative in cui opera Save the Children nel nord della Siria sono state colpite da attacchi aerei, bombardamenti ed esplosioni almeno una volta al mese nell’ultimo anno. Solo nel giugno scorso, a causa di un attacco aereo, lo staff è stato evacuato da una delle scuola in cui opera l’organizzazione, mentre nel mese di agosto un’altra scuola è stata gravemente danneggiata da un attacco. “Ci sono bombardamenti ogni giorno. Di solito gli elicotteri cominciano a sganciare le bombe dopo le 12 e quindi abbiamo adattato gli orari delle lezioni in maniera tale da finire prima di quell’ora. All’interno della scuola abbiamo preparato un piano interrato in cui ci possiamo nascondere e dove mettere in sicurezza bambini e insegnanti in caso di attacco improvviso. Abbiamo anche un piano per evacuare la scuola”, spiega un operatore di uno dei partner di Save the Children in Siria.
I traumi dei bambini legati alla scuola e il grave stress psicologico a cui sono sottoposti sono in aumento e colpiscono duramente anche le loro capacità di apprendimento. La metà dei bambini intervistati nel nord della Siria affermano di non riuscire quasi mai a concentrarsi in classe. Quasi un bambino su tre si sente impotente, il 39% fa spesso brutti sogni e il 42% si sente triste. Il 38% dei bambini non è in grado di affrontare lo stress causato dall’ambiente che li circonda e secondo gli insegnanti più della metà dei bambini si spaventa facilmente. “Molte volte i bambini e i ragazzi, anche quelli che frequentano le scuole di grado superiore, vengono accompagnati ai cancelli delle scuole dai genitori, ma poi si rifiutano di lasciarli ed entrare. Quando sentono particolari rumori cominciano correre e scappano dalla classe. Ma se non si sentono al sicuro nelle loro case, come potrebbero sentirsi al sicuro in altri luoghi?”, spiega Mulham, 26 anni, insegnante siriana.
La situazione è molto difficile anche per i bambini che sono riusciti a sfuggire dal conflitto in Siria e si sono rifugiati nei paesi vicini. In tutta la regione risulta che un bambino siriano su dieci svolga attività lavorative, ma probabilmente il dato è molto più elevato. In Giordania il 47% delle famiglie di rifugiati ha dichiarato di fare affidamento in parte o interamente sul reddito dei loro figli per andare avanti.
I bambini rifugiati, inoltre, sono anche vittime di bullismo e presi di mira nelle scuole locali a causa della loro provenienza o perché la loro presenza sul territorio sta aumentando le spese della scuola. “A volte i bambini iracheni si arrabbiano molto con noi bambini siriani. Ci dicono che siamo i cattivi. Io non sono venuto qui per dare problemi, ma perché la situazione in Siria è terribile. Non avevamo né elettricità né acqua e voglio solo vivere la mia vita e andare a scuola. Io sono un bambino e non ho niente a che fare con la guerra, non è colpa mia. Voglio solo continuare a studiare”, racconta Haval, 11 anni, rifugiato in Iraq.
I bambini nei programmi di Save the Children hanno anche riferito di essere stati molestati sulla strada verso la scuola, ridicolizzati in aula e intimiditi al cancello d’ingresso. “Abbiamo raccolto testimonianze di bambini che raccontano di essere stati maledetti e presi in giro da parte degli insegnanti nei paesi ospitanti e che venivano accusati di aver rovinato il loro paese e di dover tornare in Siria”, ha detto Hearn. “Molti di loro hanno dovuto affrontare punizioni corporali a scuola. Solo in Egitto il 30% dei bambini intervistati ha dichiarato di essere stato colpito dagli insegnanti, mentre il 70% sono stati vittime di violenze verbali”.
La stragrande maggioranza dei rifugiati siriani vivono fuori dai campi e l’unico modo per far continuare il percorso di formazione ai bambini è quello di iscriverli alle scuole pubbliche o partecipare a momenti di istruzione informali, spesso non riconosciute, a conduzione locale. Le scuole locali sono però incapaci di assorbire un gran numero di bambini rifugiati o di soddisfare esigenze di apprendimento complesse come quella dell’ istruzione madre-lingua. “I bambini rifugiati si trovano di fronte a difficoltà ulteriori e devono anche affrontare un programma scolastico non familiare e un insegnante che parla in una lingua che non riescono a capire”, continua Roger Hearn.
Save the Children chiede a tutte le parti in conflitto di porre fine a tutti gli attacchi contro le scuole e di rispettare il diritto umanitario internazionale. Chiede inoltre ai donatori internazionali di continuare ad investire nei bambini siriani, per garantire la loro protezione e un’istruzione sicura e inclusiva. “Lo dobbiamo ai bambini della Siria per aiutarli per il presente e anche per il futuro, per essere in grado di far fronte alle loro speranze immediate e alle loro paure e per ricostruire il proprio paese in linea con le loro legittime aspirazioni”, ha detto Hearn.