BRASILE 2014…ARMATA BRANCALEONE ITALIA
Lug 23rd, 2014 | Di cc | Categoria: Spazio ai Ragazzi
I recenti mondiali brasiliani di calcio sono terminati da poco con la vittoria della compagine tedesca, la prima della Germania unita, ennesimo successo in campo internazionale del gigante teutonico di Frau Merkel.
L’avventura italiana, guidata da mister Prandelli, è durata decisamente meno. Anche se, nella disfatta, abbiamo avuto come compagne nazionali altrettanto blasonate, quali la Spagna e l’Inghilterra (e, dato l’epilogo, di disfatta può parlarsi anche per il Brasile), nella vicenda italiana possono leggersi in filigrana alcuni fattori di crisi strutturali che, ad avviso di chi scrive, vanno ben oltre il dato puramente calcistico.
Non interessa criticare le scelte del commissario tecnico, la prestazione di taluni giocatori, ecc., questioni che si lasciano volentieri all’analisi e al commento degli esperti del settore.
Interessa, piuttosto, guardare al microcosmo calcio come a una metafora della odierna società italiana; in quanto, da anni ormai, si sta assistendo ad un progressivo scadimento, in termini qualitativi e quantitativi, del sistema calcio italiano, che ha una somiglianza impressionante con le problematiche che affliggono il nostro vissuto quotidiano.
Come non leggere un parallelismo tra i magrissimi (anzi nulli) successi riportati, in ambito internazionale, dalle squadre di club nostrane e la fatica che fanno le imprese italiane a imporsi sui mercati esteri e reggere il passo della globalizzazione?
Fino a pochi anni orsono si avvicendavano, sul palcoscenico della Serie A, autentici assi stranieri del pallone (Zico, Rummenigge, Michel Platini,il genio del football Maradona, Lotar Matthaus, Marco Van Basten e Gullit, piu di recente Ronaldo, tanto per dirne alcuni), oramai le stelle estere, si chiamino Messi, Neymar o Cristiano Ronaldo, si tengono ben lontani dai nostri campi di gioco. Come non vedere una somiglianza con la diffidenza delle imprese di oltreconfine ad investire nel nostro Paese, con la progressiva svalutazione del marchio Italia?
In più di un secolo l’Italia ha sfornato, pressoché a ciclo continuo, leve calcistiche di autentici campioni, tanto che fare liste di nomi, dire per esempio Piola, Rivera, Zoff, Roberto Baggio e Totti, sarebbe riduttivo; a tutt’oggi, dagli ultimi colossi della stupefacente vittoria ai Mondiali tedeschi del 2006, alzi la mano chi sa indicare un giocatore che può seriamente reggere il confronto con i nomi del passato.
Si dirà, colpa delle società che non investono più nei vivai con una progettualità di lungo respiro; e non è, questo, una ulteriore declinazione della odierna situazione giovanile, afflitta da precarietà, disoccupazione galoppante, dequalificazione e livelli d’istruzione fortemente piu bassi rispetto agli altri paesi europei?
Quando qualche stella incomincia a brillare, essa viene subito fagocitata dai campionati esteri (vedi Veratti, Sirigu e Immobile); che differenza c’e’ con la tanto deprecata “fuga dei cervelli”?
Sono anni, oramai, che si susseguono gli scandali legati al calcio-scommesse, business immorale caratterizzato da una estensione e un groviglio di collusioni e complicità che non trova riscontro in nessun altro paese europeo. Aldilà delle specificità, in nulla e per nulla dissimile dal sistema corruttivo che affligge il mondo politico e imprenditoriale italiano, chiamasi P4, Expo di Milano o Mose.
Ma, a parere di chi scrive, il torpore inerte con cui l’Italia, con ben due risultati favorevoli a disposizione, è stata sconfitta dall’Uruguay, rappresenta la cifra simbolica dello sfibramento generalizzato e rassegnato del senso civico e nazionale della nostra società e che, molto probabilmente, è la causa remota dell’odierno malessere socio-economico e culturale italiano.
Lontano sembra il luglio del 2006 quando il Presidente Giorgio Napolitano, commentando la vittoria ai mondiali tedeschi affermò “in questa festa popolare con gli applausi del mondo, in questo orgoglio nazionale c’è un recupero di serenità, di tono del Paese.”.
Sicuramente il calcio italiano è da rifondare, come autorevolmente è stato sostenuto all’indomani dal ritorno dal Brasile; molto probabilmente, e piu efficacemente, é il Paese tutto da rifondare.
Giovanni Rempiccia.
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