Istruzione

Giu 23rd, 2014 | Di cc | Categoria: Scuola e Giovani

Uno degli scogli che si incontrano studiando la matematica è la difficoltà di interpretare i suoi simboli, la difficoltà cioè di associare correttamente ai simboli le parole che traducano in linguaggio ordinario il significato o il concetto descritto. Chi infatti non è rimasto almeno una volta «senza parole» davanti a una formula nuova e sconosciuta? Spesso il significato delle formule e dei segni che le compongono sembra oscuro, perché i simboli non suggeriscono alcun significato, ma lo celano sotto forme grafiche accessibili solo agli esperti; non a caso uno degli ambiti della matematica non solo applicata, è la crittografia. Questo contributo cerca di  presentare alcuni percorsi realizzati in diverse classi, per infrangere questo muro di difficoltà e li propone facendone emergere le valenze culturali e didattiche. Molti simboli utilizzati dai matematici sono convenzionali. Pensiamo a quelli che usiamo quotidianamente, le cifre per esempio del sistema decimale le quali, nelle loro forme grafiche, non richiamano alle quantità che indicano, oppure sono solo debolmente evocative; anche il simbolo di sommatoria ?, che è la lettera greca sigma maiuscola, vuole indicare l’iniziale della parola somma, per essere un aiuto alla memoria; allo stesso modo il simbolo di integrale è una «S» molto allungata, che vuole ricordare la parola somma, anche se probabilmente con minor successo. Nondimeno le convenzioni utilizzate sono ben lontane dall’essere arbitrarie, nascondono significati ben più profondi delle convenzioni linguistiche, racchiudono significati e relazioni in modo tanto semplice da apparire insondabile, eppure tanto efficace.

Quantità e convenzioni

Passiamo in rassegna alcune delle convenzioni di scrittura usate in matematica per mettere in evidenza come molte di esse sono frutto di creatività intelligente piuttosto che di casuale arbitrio: tale attività può aiutare

a ripensare l’approccio, da proporre ai bambini e ai ragazzi, ai contenuti e ai metodi della Matematica, ai suoi modi di scrivere e al suo linguaggio. Iniziamo dai numeri, come è storicamente successo e come succede per ogni bambino, senza dimenticare che l’insieme dei numeri naturali, hanno impegnato i matematici fino al Novecento. «L’esempio più chiaro di matematica basata sul senso comune è fornito, naturalmente, dai numeri interi. I bambini acquisiscono il numero nel corso del loro sviluppo mentale e fisico, il che rende molto difficile per i ricercatori il trovare come ciò avvenga nei dettagli. L’acquisizione del numero è fortemente aiutata (se non addirittura resa possibile) dai corrispondenti termini del linguaggio comune. Come il bambino acquisisce la struttura sintattica diretta a costruire nuove proposizioni, così accade con la struttura morfologica diretta a costruire nomi di numeri, al di là della necessità e del possesso fisico (almeno inizialmente) del numero. Inoltre la morfologia dei numeri recitati è il primo algoritmo che appartiene al senso comune, acquisito attraverso i mezzi del linguaggio comune.». Una delle prime attività matematiche intraprese dai bambini è il contare, a partire, se vogliamo, dalla forma verbale della sequenza dei numeri a mo’ di filastrocca o di cantilena, fino all’operazione del contare vera e propria; il problema di rappresentare le quantità e di scrivere i numeri viene affrontato solo in età scolare. La rappresentazione delle quantità, fino alla scrittura dei numeri, è una delle prime attività di rappresentazione convenzionale di cui i bambini fanno esperienza: inizialmente per rappresentare due palloncini i bambini sentono la necessità di disegnare due palloncini, in una forma molto somigliante agli oggetti considerati: arrivare a una rappresentazione non naturalistica nasconde un salto di astrazione notevole; dai due oggetti concreti al concetto di «due», dalla particolarità alla generalità della quantità. Il rischio che si incontra nell’indurre i bambini a utilizzare una rappresentazione di tipo convenzionale è di alimentare un senso di arbitrarietà, se non si mette adeguatamente in evidenza che accanto a aspetti discrezionali e meramente convenzionali ci sono aspetti razionali, anche se possono essere meno evidenti. Nei primi anni di scuola i bambini si imbattono in diverse forme di rappresentazione convenzionale: quel che succede per la matematica avviene in concomitanza anche per la lingua. Imparare a leggere è associare a ogni simbolo scritto, una lettera o un gruppo di lettere, un suono o una sequenza di suoni e a una sequenza di suoni un significato; così imparare a leggere i numeri scritti in forma decimale è associare a dei segni grafici un significato numerico, combinandoli in modo corretto, secondo le convenzioni sviluppate.  «La scrittura delle lettere e quella dei numeri si sovrappongono in questo periodo, e anche dopo. Il principio del valore posizionale, benché differisca dal principio di seriazione, prevalente comunemente nel linguaggio scritto, partecipa all’integrazione; e così avviene, in vari gradi a seconda dei linguaggi, per le operazioni principali sui numeri.» È interessante osservare che le convenzioni per indicare i numeri attualmente utilizzate in tutto il mondo hanno impiegato molto tempo per essere sviluppate e per imporsi all’uso abituale: il sistema decimale infatti è stato inventato da quattro diverse civiltà nella storia, ma solo negli ultimi secoli ha definitivamente soppiantato gli altri sistemi numerici, aprendo la strada al recente sviluppo tecnologico digitale, fiorito nella seconda metà del Novecento. La scoperta del sistema di numerazione posizionale e la sua diffusione sono di enorme importanza, come lo furono per la storia dell’umanità l’invenzione della ruota, della scrittura e la padronanza del fuoco; solo quando l’uomo fu sollevato dalla fatica del conteggio poté avere inizio la scienza moderna. Vogliamo presentare i motivi che ci paiono più rilevanti per giustificare il rapido successo che il metodo di numerazione arabo incontrò nell’Europa medievale, tenendo presente che questa scoperta è una delle più alte costruzioni dell’ingegno umano, come sottolinea Georges Ifrah [5]: «Per la loro universalità che traspare dalle molteplici soluzioni proposte al problema della numerazione, per la loro storia che converge lentamente, ma sicuramente verso la formula oggi prevalsa ovunque, quella della numerazione decimale di posizione, le cifre possono testimoniare meglio e più della Babele delle lingue l’unità profonda della cultura umana.» Entriamo nel sistema numerico più a fondo per apprezzare la meraviglia di questo sistema di simboli, mostrando come si può ripercorre con i ragazzi la strada che presumibilmente ne ha guidato lo sviluppo.

Sistemi di numerazione

Mentre l’uso del sistema numerico decimale, ovvero della rappresentazione dei numeri, di solito non incontra difficoltà, non è sempre pienamente sviluppata la sua comprensione. A tutti i ragazzi di prima media propongo come «semplice» esercizio di contare quante volte la lettera «a» compare in una pagina del libro di testo. L’esercizio di solito viene accolto con sufficienza e fastidio perché lo reputano facile e noioso; dopo alcuni minuti però si accende l’entusiasmo per scoprire chi ha azzeccato il numero esatto, perché le risposte risultano essere anche molto varie. L’analisi delle risposte e dei metodi utilizzati per formularle sono molto fruttuose: c’è chi si sforza di contare a mente fidandosi solo delle proprie capacità di attenzione e di memoria; c’è chi indica ogni «a» con un segno (una barretta verticale piuttosto che un cerchietto) su un foglio diverso, facendo una operazione simile a quella degli antenati che facevano un taglio su un bastone per ogni oggetto contato; c’è chi traccia un segno per ogni «a» accanto a ogni riga, mostrando così di aver fatto un passaggio in più, quello di raccogliere in gruppi i segni utilizzati: spesso questi ragazzi, completato il lavoro di rappresentazione, sommano i totali di ogni riga. Faccio sempre notare ai ragazzi che quasi nessuno ha usato i numeri e le operazioni per contare e che nessuno ha usato un simbolo per indicare una quantità diversa dall’unità. Infatti il primo passaggio per arrivare a un sistema di numerazione consiste nel passare dai raggruppamenti casuali ed estrinseci, come quelli incontrati contando le lettere «a» per ogni riga, al raggruppamento, ordinato e intrinseco all’operazione del conteggio, in decine ovvero in gruppi della stessa quantità, attribuendo a esso un simbolo proprio, diverso dal simbolo dell’unità, come succede per esempio nel sistema romano. Ciò che manca ai ragazzi nello svolgere questa attività è la comprensione «in atto» che il sistema numerico decimale è stato costruito per eseguire le operazioni, un modo quindi più raffinato di contare: per rappresentare dei numeri il sistema romano è ugualmente efficace, pur con qualche limitazione, non così se si affronta una semplice addizione. Ripercorriamo con l’immaginazione quello che presumibilmente è stato il modo con cui i nostri avi iniziarono a contare e a scrivere i numeri. Supponiamo che un pastore volesse controllare i capi del proprio gregge: a ogni capo che contava «aggiungeva» un segno sulla corteccia di un ramo o per terra. Come ciascuno può verificare, usando il metodo descritto appena le quantità in gioco sono elevate diventa facile confondersi e sbagliare. Il primo modo per rendere più efficace il conteggio sta nel «raggruppare» i segni che vengono tracciati, associandoli in gruppi formati ciascuno dalla stessa quantità. Osserviamo la figura che segue.

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In ciascuna delle due righe ci sono trenta lineette, ma è più facile contare le lineette della seconda riga, per un motivo di ordine percettivo. Aggiungere e raggruppare: queste sono le operazioni che stanno alla base di ogni metodo di conteggio. Osserviamo sin da ora che queste operazioni sono legate rispettivamente alle operazioni aritmetiche della addizione e della moltiplicazione. Il raggruppamento può essere applicato a un livello superiore, ovvero si possono raggruppare i gruppi stessi.

Il sistema di numerazione romano

Il passaggio successivo per migliorare il metodo di conteggio e di scrittura dei numeri consiste nella scelta di alcuni simboli a ognuno dei quali si attribuisce un diverso valore, come fecero i popoli antichi, pur nella diversità grafica dei simboli, e nella diversa formulazione delle regole per scrivere con essi tutti i numeri. Quasi tutti i sistemi di numerazione inventati nei secoli prima di quello arabo-indiano, hanno la caratteristica comune di presentare regole di formazione della scrittura dei numeri, modellate sulla sola operazione dell’addizione: l’operazione di raggruppamento esaurisce il suo ruolo nella individuazione delle diverse quantità che vengono indicate dai simboli utilizzati nella scrittura, ma non interviene in modo significativo nella scrittura di ogni numero. Infatti, come è noto, nel sistema di numerazione romano all’unità corrisponde il simbolo I, al raggruppamento di dieci unità corrisponde il simbolo X, al raggruppamento successivo, dieci decine ovvero un centinaio, corrisponde il simbolo C; nella formazione della scrittura di un numero qualsiasi i simboli sono legati tra loro dalla sola relazione della giustapposizione, che ha il significato di sommare, oppure, con poche eccezioni non per questo significative, sottrarre, i valori corrispondenti a ciascun simbolo. Osserviamo per inciso che anche nell’uso dei simboli si incontrano difficoltà percettive, in quanto il sistema romano usa simboli anche per 5, 50, 500 per limitare a tre (oltre i quali i tempi di riconoscimento si allungano) il numero di simboli uguali che possono essere scritti consecutivamente. Con questi simboli inoltre si possono ottenere tutto sommato un numero alquanto limitato di scritture, nell’ordine delle decine di migliaia. È interessante notare inoltre che per poter scrivere «tutti» i numeri servono infiniti simboli, poiché è lecito pensare che, in linea teorica, procedendo verso numeri sempre più elevati si debba attribuire un nuovo simbolo almeno a ogni nuova potenza di dieci incontrata.

Il sistema di numerazione arabo

Il sistema di numerazione arabo è essenzialmente diverso nella costruzione della scrittura del numero; in esso interviene anche in maniera diretta l’operazione aritmetica della moltiplicazione e, ancor più importante, interviene un procedimento di tipo iterativo. Iniziamo con l’osservare che alla base di questo sistema di numerazione sta un metodo di scrittura più scaltro di quelli organizzati in tempi precedenti, metodo che traduce efficacemente l’operazione di raggruppamento, in particolare il raggruppamento di gruppi. Consideriamo le scritture dei numeri potenze di dieci: 10, 100, 1000, 10.000, 100.000,… Come è noto dieci unità costituiscono una decina, dieci decine costituiscono un centinaio, dieci centinaia costituiscono un migliaio, ovvero dieci raggruppamenti di ordine inferiore costituiscono un raggruppamento di ordine superiore e nella scrittura dei numeri questo fatto è tenuto in debito conto, tanto è vero che le scritture dei suddetti numeri sono legate da una semplice regolarità di una efficacia sbalorditiva.

Possiamo osservare che nelle due regole seguenti:

                    Na l’unità si scrive 1,

Nb aggiungere la cifra 0 a destra significa ottenere la scrittura di un numero che è dieci volte il numero rappresentato dalla scrittura da cui partiamo,

si trova la facoltà di ottenere qualunque scrittura di un numero potenza di dieci. Possiamo inoltre osservare che alla cifra zero, diversamente dalle altre, non corrisponde una «quantità» in termini elementari, ma piuttosto una operazione, la moltiplicazione per dieci. È qui nascosta la possibilità di ottenere «infinite scritture» utilizzando un «numero finito di simboli». Consideriamo quella che viene di solito indicata come scrittura polinomiale dei numeri; prendiamo per esempio il numero ottocentocinquantaquattro:

854 = 800 + 50 + 4 = 8 × 100 + 5 × 10 + 4 (× 1)

Come si può vedere nella «costruzione» della scrittura del numero, diversamente da quel che accade per la numerazione romana, intervengono l’addizione e la moltiplicazione e quest’ultima interviene con una duplice modalità: sia indicando quanti raggruppamenti di un certo ordine entrano nel numero considerato (nel nostro esempio 8 centinaia - 8 × 100, 5 decine - 5 × 10, 4 unità - 4 × 1) sia individuando la scrittura dei diversi ordini di raggruppamento (10, 100, …) con il procedimento iterativo sopra descritto, che permette di dominare, in un certo senso, la crescita illimitata dei numeri o, se vogliamo esagerare, di dominare l’infinito.

Il sistema di numerazione posizionale

Il sistema di numerazione posizionale sembra essere un vestito cucito su misura sull’insieme dei numeri naturali. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, all’interno di un vasto processo di assiomatizzazione, l’interesse di molti matematici è stato concentrato sui fondamenti dell’aritmetica, sulla quale si era tentato di fondare tutta la matematica. Uno dei contributi più importanti è indubbiamente quello di Giuseppe Peano, che ha formulato un sistema assiomatico per l’insieme dei numeri naturali, ovvero un insieme di poche proposizioni dalle quali discendono tutte le proprietà dei numeri naturali. Esso comprende tre concetti primitivi, «numero» (naturale), «uno» (indicato con il simbolo 1) e «successivo», i quali soddisfano i cinque seguenti assiomi:

N1 1 è un numero.1

N2 Il successivo di un numero è un numero.

N3 1 non è il successivo di alcun numero.

N4 Numeri con il successivo uguale sono uguali.

Peano ha presentato sistemi assiomatici diversi sostituendo in (N1) 1 con 0. N5 Sia I un insieme; supponiamo che 1 appartenga a I e che ogni volta che un numero appartiene a questo insieme, anche il successivo vi appartenga; allora ogni numero appartiene a I. Osserviamo che il concetto primitivo di successivo, insieme all’assioma N3, implica che l’insieme dei numeri naturali è infinito, mentre l’assioma N5 viene detto principio di induzione matematica, e possiamo tradurlo come segue:

ogni volta che una proprietà, oltre a essere verificata per il numero 1, è verificata per un numero e per il suo successivo, allora essa è verificata per ogni numero.

Questo principio permette di dimostrare la verità di relazioni che dipendono da un numero naturale, per «ogni» numero naturale, ovvero per infiniti casi. L’accettazione del principio di induzione e l’accertamento della validità delle dimostrazioni ottenute con questo metodo hanno impegnato i matematici della prima metà del Novecento. È interessante osservare, per quanto riguarda la scrittura dei numeri, che il sistema di numerazione posizionale con le regole richiamate in precedenza può scrivere l’unità e il successivo di ogni numero, applicando procedimenti di tipo iterativo: sembra proprio un vestito tagliato su misura per l’insieme dei numeri naturali.

Numerazioni e operazioni

Illustriamo gli enormi vantaggi del sistema di numerazione arabo, iniziando ad analizzare gli algoritmi che presiedono alle operazioni aritmetiche; cominciamo dall’algoritmo dell’addizione di due numeri. Nel sistema di numerazione romano possiamo affermare che nella scrittura della somma di due numeri non è rimasta traccia alcuna della scrittura degli addendi; la scrittura del numero somma non è in alcun modo legata alle scritture dei numeri da sommare, come si osserva nel seguente esempio della somma di duecentotredici e trecentoquarantasei:

CCXIII + CCCXLVI = DLIX

Possiamo affermare che l’operazione di raggruppamento che sottende alle scritture degli addendi si perde nella scrittura del numero somma, e che tale operazione viene ripetuta dopo che tutte le unità in gioco in partenza sono state riunite. La scrittura del numero somma viene dunque formata solo dopo che è stato ottenuto il numero stesso, mentre nel sistema di numerazione arabo la scrittura del numero finale è modellata sulla scrittura degli addendi. Anzi possiamo affermare che nel sistema di numerazione arabo si costruisce la scrittura del numero somma per ottenere il numero stesso; questa osservazione può sembrare difficile da notare perché siamo abituati a utilizzare fin da piccoli il sistema di numerazione posizionale e gli algoritmi di calcolo. Ricordiamo innanzi tutto che il sistema posizionale permette di scrivere i numeri scegliendo per base un numero qualunque e attribuendo alle diverse posizioni occupate dalle cifre le potenze della base in ordine crescente: si scorre la scrittura del numero a partire da destra, scegliendo opportunamente le cifre per indicare i numeri minori della base. Se scegliamo la base due ci occorrono due cifre, 0 e 1, e il numero ventisette si scrive

(27)10 = (11011)2

mentre se scegliamo la base sedici ci servono sedici cifre, da 0 a 9 come al solito e in più le prime sei lettere maiuscole dell’alfabeto A,B,…, F per i valori da dieci a quindici, con cui il numero ventisette si scrive

(27)10 = (1B)16

Tornando alla considerazione precedente osserviamo che cosa succede quando si sommano due numeri scritti in base due; per esempio

(1101)2 + (1001)2 = (10110)2

è una somma di numeri scritti in base due corretta per quel che riguarda l’applicazione dell’algoritmo; in essa non è immediatamente evidente quali siano i numeri in gioco e quale sia il numero finale, ma dalla scrittura ottenuta per il numero somma siamo in grado di risalire al numero stesso. Passiamo ora ad analizzare l’algoritmo della moltiplicazione in colonna, nella quale ancor di più è evidente il ruolo giocato da questa operazione nella scrittura dei numeri.  Vediamo, nella colonna a sinistra, una moltiplicazione in colonna tra due fattori a due cifre. Possiamo osservare che l’operazione viene scomposta in due moltiplicazioni (uguali al numero delle cifre del secondo fattore), 34 × 2 e 34 × 5, i risultati delle quali vengono incolonnati, lasciando uno spazio a destra nella seconda moltiplicazione, a significare che quest’ultimo prodotto è ulteriormente moltiplicato per 10: infatti anche se l’operazione che abbiamo risolto è 34 × 5, per il valore che assume la cifra 5 nel secondo numero abbiamo in realtà moltiplicato 34 × 50, ottenendo 1700. Mettiamo ancora in evidenza il ruolo di operatore assunto dalla cifra zero, mostrando come si ottiene il prodotto finale.

34 × 52 = 34 × (50 + 2) = 34 × 50 + 34 × 2 = (34 × 5) × 10 + 34 × 2

La seconda moltiplicazione nell’ultimo passaggio è ottenuta semplicemente lasciando una posizione libera (il trattino) a destra nella scrittura dell’addendo relativo, nella somma con cui si giunge al prodotto finale. Un’altra caratteristica del sistema di numerazione arabo riguarda l’ordinamento dei numeri naturali. Nella numerazione romana non si rileva alcun legame 34 ×52 =68170–1768 tra l’ordinamento di due numeri e il numero di cifre della loro scrittura: per esempio otto e dieci si scrivono rispettivamente VIII e X, quattro cifre il primo e una sola il secondo, mentre nella scrittura che più ci è abituale, 8 e 10, maggiore è il numero di cifre, maggiore è il numero rappresentato; inoltre, all’interno delle scritture con lo stesso numero di cifre, il confronto è fatto a partire dalla cifra più a sinistra e quindi in maniera efficace, tanto è vero che bastano pochi controlli per risolvere il confronto: 1234 e 4321 sono ordinati in modo crescente e per poterlo affermare con certezza basta osservare che hanno lo stesso numero di cifre e che nella prima scrittura la cifra più a sinistra è minore della cifra nella stessa posizione della seconda scrittura. Su questi contenuti si possono proporre attività in prima media per evitare che il lavoro sui numeri naturali e sulle loro proprietà si riduca a uno sterile ripasso che annoia chi è già sicuro e non aiuta a colmare le lacune a chi fa più fatica, dando invece l’occasione di rivisitare gli argomenti da un punto di vista diverso. La scrittura posizionale decimale dei numeri, pur così potente ed efficace, non è sempre la migliore rappresentazione per scoprire proprietà dei numeri. Quando si affronta in classe le operazioni con i numeri naturali e le loro proprietà propongo anche di contare le piastrelle del pavimento o di stabilire quale sia il colore predominante; nelle aule infatti spesso le piastrelle sono disposte in moduli quadrati o rettangolari e sono di due o più colori. Spesso i ragazzi si mettono a contare le piastrelle di ogni colore singolarmente, non riconoscendo la regolarità della disposizione; altre volte, pur riconoscendo la regolarità, continuano a contare le piastrelle una per volta, procedendo però secondo un ordine suggerito dalla disposizione. Questa è una «reminiscenza» storica: già i Greci operavano con i numeri figurati, che vale la pena riproporre in classe. Numerosi e importanti risultati sono raccolti da John Conway e Richard Guy ne Il libro dei numeri. Consideriamo una figura, in essa riconosciamo il numero nove, rappresentato con dei segni disposti a formare un quadrato, diciamo un numero quadrato, e due numeri triangolari, sei e tre, rappresentati con segni disposti a formare dei triangoli, il primo dei quali si può ottenere dal secondo aggiungendo opportunamente una ulteriore riga. Questo esempio illustra la relazione: la somma di due numeri triangolari consecutivi dà un numero quadrato. Si può generalizzare questa relazione ottenendo il modo per calcolare la somma di una progressione aritmetica.

X X X X

X X X = X X + X

X X X X X X X X

Considerando invece il numero quadrato si mette in evidenza come partendo da 1 e aggiungendo ordinatamente i numeri dispari si hanno tutti i numeri quadrati. Un altro modo di rappresentare delle quantità si può ricavare dalla soluzione del seguente esercizio, che ha nella scrittura dei numeri il suo spunto: quanti numeri di quattro cifre si possono scrivere usando 1, 3, 6, 8 senza ripetizioni? Spesso i ragazzi iniziano a rispondere elencando a caso i numeri che ottengono, altri invece costruiscono l’elenco seguendo la regolarità, qualcuno si aiuta con uno schema in cui si mette in evidenza la struttura sottesa alla formazione delle scritture e il calcolo da operare. È importante dare modo agli allievi di rappresentare le relazioni e le operazioni tra i numeri, mostrandole visivamente, proprio perché il numero e le operazioni sono entità astratte. In questo modo si aiuta a non recidere il legame con la realtà da cui ha preso avvio il processo di formalizzazione che ha prodotto il numero e la sua scrittura e si restituisce il senso delle operazioni. Questo lavoro deve affiancare l’acquisizione o la manutenzione degli algoritmi di calcolo.

Estendere le definizioni

Un esercizio come l’ultimo proposto, ammettendo la possibilità di ripetere le cifre, può portare alle potenze; si tratta di un’altra scrittura di tipo convenzionale, che si distingue dalla scrittura decimale dei numeri naturali per la particolarità della sua struttura: è evidente, anche se ai ragazzi non pare, che il significato e la funzione dei numeri che in essa compaiono sono diversi. La difficoltà nell’utilizzo delle potenze non è tanto di comprensione (anche se sembra strano, non disturba scrivere un numero più in alto e con un carattere più piccolo), quanto nell’introdurre la possibilità che «numeri e moltiplicazione» diano una cosa diversa dal prodotto. In altre parole a una situazione nota e di solito ben maneggiata, il prodotto di numeri naturali, si sovrappone una situazione nuova, che ha bisogno di farsi spazio superando le interferenze dovute alle conoscenze precedenti. Facendo attenzione alla natura di questa difficoltà è possibile ridurre il rischio di insuccesso nell’acquisizione della convenzione di scrittura delle potenze. È utile in questo senso fare calcolare le potenze di alcuni numeri fino all’esponente 10 o 12 per mostrare l’incongruenza di errori del tipo 23 = 2 x 3, poiché per esempio 210, 1024, è sensibilmente diverso da 20, oltre che per dare opportunità di apprezzare la rapidità di incremento della successione che si ricava, importante proprietà della funzione esponenziale. Osserviamo che anche in questo caso la convenzione, lungi dall’essere totalmente arbitraria, è funzionale all’utilizzo: la scrittura infatti permette lo sviluppo delle proprietà, trasformando una moltiplicazione (tra potenze con la stessa base) in una somma (degli esponenti), primo esempio di omomorfismo, uno dei concetti più importanti e fecondi della matematica. Tra l’altro legata a una insufficiente acquisizione del significato delle proprietà delle potenze, ovvero una acquisizione semplicemente d’uso, può essere la difficoltà di comprensione dei logaritmi e delle loro proprietà: che il logaritmo di un prodotto è la somma dei logaritmi è semplicemente la proprietà delle potenze prima ricordata, osservata da un diverso punto di vista. Consideriamo infine la potenza con esponente zero, che più di ogni altra proprietà viene presentata come convenzionale. Anche in questo caso la convenzione è ragionevole, essendo una conseguenza delle proprietà delle potenze. È ovvio che

125 : 125 = 1

ma la stessa operazione si può scrivere nella forma delle potenze come

53 : 53

per la quale si auspica avere lo stesso risultato. Se ad essa si applica le proprietà della divisione delle potenze con la stessa base si ottiene

5(3 - 3) = 50

Se si applica le proprietà della divisione delle potenze con lo stesso esponente si ottiene

(5 : 5)3 = 13

Osserviamo che in questo caso la «convenzione» 50 = 1 in realtà rappresenta una estensione della definizione di potenza, che non poteva essere formulata nei termini precedenti, poiché non si può attribuire un significato univoco all’espressione «fare una moltiplicazione con zero fattori tutti uguali tra loro». Allo stesso modo, introdotti i numeri relativi, ancora in forza delle proprietà delle potenze, è possibile estendere ulteriormente la definizione di potenza, ammettendo ora che l’esponente sia un numero negativo, oppure, allontanandosi ancora di più dalla definizione originaria, un numero frazionario. È importante sottolineare passaggi come questi, mettendo in evidenza la necessità di modificare la definizione: riflettere su ciò aiuta a combattere i concetti parassiti che generano false convinzioni.

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