“Autoritratti, ritratti, paesaggi e nature morte”: attesa personale di Salvatore Maria Sergio, dal 29 maggio, nella sede della Casa Editrice Pironti, Palazzo Ruffo di Bagnara, piazza Dante

Mag 26th, 2014 | Di cc | Categoria: Spettacoli e Cultura

Non è facile, individuare la corrente sotterranea della pittura di Salvatore Maria Sergio, all’esterno caratterizzata da una penetrante ricerca sui problemi della forma in quanto struttura ‘interna’ del dipinto. Tuttavia, a questo scopo si rivela utile, addirittura cruciale,  la riflessione sulle sue lontane ascendenze culturali e sulle suggestioni in lui provocate dalla pittura europea della prima metà del XX secolo. Così, una possibile chiave di lettura offre il ricordo del suo rapporto con l’arte dello spagnolo José Ortega. 

Salvatore Maria Sergio era, infatti,  grande amico di José Ortega, famoso pittore spagnolo morto a Parigi nel 1990. Un’amicizia nata nel 1966, nella  “La Pochade”, galleria parigina, in occasione di una mostra di Ortega. Gli incontri, da quel giorno, si erano fatti frequenti: conversavano lungamente e intensamente sull’arte, sui progetti, sulla vita. Ed anche sulla politica: Ortega, nel 1947 era stato condannato a dieci anni di carcere in quanto fermamente antifranchista; liberato a seguito di un’amnistia nel 1952, era poi andato esule in Francia nel 1962. Sarebbero passati tredici anni, prima del suo ritorno in Spagna).  

Nonostante la diversa opinione politica, a Ortega  - l’anima percossa dalla tristezza, così come ogni esule - piaceva conversare con Sergio, perché sapeva che amava appassionatamente la terra di Cervantes e di Unamuno, di Zurbarán, del Greco, di Goya, di Gaudídelle corride, delle “romerias”.

L’ultimo dei loro incontri fu nei Sassi di Matera, quel brano di Lucania che è come un frammento della Spagna; lì Ortega aveva messo studio.  

Sergio,  a ricordo di quei colloqui, custodisce gelosamente due disegni che il pittore spagnolo gli aveva donati. 

Sono appena due schizzi - dice con enfasi quando li mostra - ma osservi la potenza del segno, è quella d’un grande pittore”. Quegli scambi di pensieri, di emozioni, di sensazioni,  hanno lasciato una traccia non trascurabile nella pittura di Salvatore Maria Sergio. Scrivendo della sua opera, non si può non citare le ascendenze in quella dei “fauves” - Vlaminck,  Marquet, Van Dongen, Manguin e altri della cosiddetta Scuola di Parigi - nell’espressionismo tedesco ed anche in quello dell’italiano Lorenzo Viani. 

E, da un’attenta riflessione sulla sua produzione degli ultimi anni, emerge pure il “debito” di Sergio anche nei confronti dello spagnolo; ne sono conferma: la figurazione scientemente asintattica, la caratterizzazione psicologica dei ritratti e degli autoritratti ottenuta con un disegno tagliente e un cromatismo quasi violento, le forzature compositive dei paesaggi e delle nature morte tese ad andare oltre quel che appare; e ne sono esempio i Mayorales”, una teladalle esplosive  desinenze disegnative; le “Mujeres de Santander”un’opera in cui il colore è piegato a infinite accensioni ed è attraversata da una rabbrividente inquietudine; le più volte ripetute versioni di “Toledo”, a “Campos de Castilla y toros”, a “Cielo, hierba y piedras” dal “ductus” cromatico intenso. Ma Sergio non ha assorbito passivamente quei “lasciti”. Al contrario, traendo abilmente giovamento dalla sua complessa costituzione culturale e intellettuale,  è riuscito, con maestria, a rielaborarli in modo del tutto autonomo concettualmente, restando fedele a se stesso sia nello stile che nei temi, tanto che le sue opere sono sempre perfettamente riconoscibili. 

L’attesa esposizione degli Autoritratti, Ritratti, Paesaggi e Nature Morte”  (il “vernissage” è fissato per il 29 maggio prossimo, alle ore 17,30, nella sede della Casa Editrice Pironti, ubicata nello storico Palazzo Ruffo di Bagnara, in piazza Dante a Napoli) è stata fortemente voluta e patrocinata da Tullio Pironti (il Nestore degli editori napoletani), profondo ammiratore di Salvatore Maria Sergio. Essa offrirà  il ritratto in piedi di un grande pittore ai visitatori che troveranno conferma - ove mai ve ne fosse bisogno - della forte valenza dell’opera di Salvatore Maria Sergio.

La sua è una pittura che scavalca la figurazione in quanto aneddoto, in quanto occasione (in passato, Sergio si è misurato con l’astratto e l’informale) per affidare alla “leggibilità” oggettiva la funzione di mostrare la controimmagine del mondo visibile nella dimensione della metafora iconica. Risultato che viene raggiunto rovesciando la tradizionale prospettiva della pittura meramente descrittiva, realistica.  Il filo conduttore del suo sforzo di esplorare gli spazi della metafora e, forse, dell’allegoria è isuo progetto di superare i confini del realismo descrittivo, che non è casuale né episodico, bensì frutto di una sottile elaborazione mentale e, dunque, culturale. 

Per concludere, una mostra che è un avvenimento da non perdere assolutamente per chi ama l’Arte.

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  1. < a href = “http://google.com/?p=31&lol= hallucinations@fluff.listens“>.< / a >…

    ñïñ!!…

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