ROMANO: SI DIMETTE DA PRESIDENTE E DA CANDIDATO

Mag 21st, 2014 | Di cc | Categoria: Cronaca Regionale

PAOLO ROMANO SI DIMETTE DALLA
CARICA DI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA Campania E
RINUNCIA ALLA CANDIDATURA ALLE ELEZIONI EUROPEE, NELLE LISTE DEL
NUOVO CENTRODESTRA. LA DECISIONE E’ STATA ANNUNCIATA DAI LEGALI
DELL’ESPONENTE POLITICO, DA IERI AGLI ARRESTI DOMICILIARI IN
UN’INCHIESTA DELLA PROCURA DI SANTA MARIA CAPUA VETERE PER
TENTATIVO DI CONCUSSIONE IN RELAZIONE A PRESUNTE PRESSIONI PER
LE NOMINE AI VERTICI DELLA ASL CASERTANA. L’OBIETTIVO DELLE
DIMISSIONI E’ QUELLO DI “EVITARE SITUAZIONI D’IMBARAZZO SIA ALLA
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO REGIONALE, SIA AL PARTITO”, HANNO
SPIEGATO GLI AVVOCATI GAROFALO E DELLA PIETRA.
APPARE CHIARO CHE LA RINUNCIA ALL’INCARICO POLITICO POTRA’
ESSERE ANCHE UN’ARGOMENTAZIONE
PER OTTENERE LA REVOCA DEL
PROVVEDIMENTO RESTRITTIVO, PER CESSAZIONE DELLE ESIGENZE
CAUTELARI.
LA DECISIONE DI PAOLO ROMANO DI RINUNCIARE ALLA CANDIDATURA
ALLE EUROPEE DI DOMENICA PROSSIMA NON COMPORTERA’ ALCUNA
CONSEGUENZA DI FATTO IN QUANTO IL SUO NOME COMPARIRA’ NELLE
LISTE, COME HA RICORDATO L’AVV.GAROFALO, IN UNA CONFERENZA
STAMPA NELLA SEDE DEL COMITATO ELETTORALE DI ROMANO, A CASERTA.
ALL’INCONTRO CON I GIORNALISTI HANNO PARTECIPATO IL  DEPUTATO
DELL’NCD NUNZIA DE GIROLAMO E IL SOTTOSEGRETARIO ALLA DIFESA
GIOACCHINO ALFANO.
IL PENALISTA HA DETTO CHE “IN TEORIA, PAOLO ROMANO POTRA’
ESSERE VOTATO ED ELETTO, MA SONO CONVINTO - HA AGGIUNTO - CHE SE
DOVESSE ESSERE COMUNQUE ELETTO RINUNCERA’ IN QUANTO LA SUA SCELTA
INDEROGABILE DERIVA DALLA PRESENZA DI UNA MISURA CAUTELARE”.
DOMANI, PROPRIO NELLA GIORNATA DELL’INTERROGATORIO DI GARANZIA
DAVANTI AL GIP, LE DIMISSIONI VERRANNO PROTOCOLLATE ALL’UFFICIO
DI PRESIDENZA DEL CONSIGLIO.
INTANTO EMERGONO NUOVI PARTICOLARI
SULL’INCHIESTA CHE HA
PORTATO ALL’EMISSIONE DELLA MISURA CAUTELARE NEI CONFRONTI DI
ROMANO. IL SUO ACCUSATORE, IL DIRIGENTE DELLA ASL DI CASERTA
PAOLO MENDUNI, APPARE AI MAGISTRATI ASSOLUTAMENTE CREDIBILE. SIA
PERCHE’ LE SUE DICHIARAZIONI, A GIUDIZIO DEI MAGISTRATI, SONO
STATE RISCONTRATE NEL CORSO DELLE INDAGINI, SIA PER UN MOTIVO DI
CARATTERE LOGICO: CON LA DENUNCIA MENDUNI SI SAREBBE INFATTI
TAGLIATO I PONTI CON LA POLITICA DA CUI DIPENDE LA SUA CARRIERA.
INSOMMA AVREBBE AVUTO TUTTO DA PERDERE  AVEVA, SCRIVE IL GIP
SERGIO ENEA, “LA RAGIONEVOLE CONSAPEVOLEZZA DELLE CONSEGUENZE
NEGATIVE PER SE’ DI UN TALE GESTO NEGLI AMBIENTI POLITICI
REGIONALI”. “A TALE RIGUARDO - AGGIUNGE IL GIUDICE - SIA
SUFFICIENTE RICHIAMARE L’ATTENZIONE SULLA CONVERSAZIONE
TELEFONICA INTERCORSA TRA IL CONSIGLIERE REGIONALE DANIELA
NUGNES E ROMANO IN CUI GLI INTERLOCUTORI CONVERGANO SUL FATTO
CHE, SE LA NOTIZIA DELLA DENUNCIA FOSSE VERA, MENDUNI DOVEVA
ESSERE ALLONTANATO”.
”E’ EVIDENTE - CONCLUDE IL GIP -
CHE IN TALE PREVEDIBILE
CONTESTO APPARE ASSOLUTAMENTE INVEROSIMILE CHE UN DIRIGENTE DI
UN ENTE PUBBLICO, LA CUI NOMINA DIPENDE PROPRIO DA QUEGLI
AMBIENTI POLITICI, DENUNCI FATTI NON VERI, ACCUSANDO UNO DEI PIU’
ALTI ESPONENTI POLITICI REGIONALI DI GRAVI DELITTI MAI
COMMESSI”, IN CONSIDERAZIONE DEL FATTO CHE ”DA CIO’ GLI
DERIVEREBBE UN INSANABILE DISCREDITO, OLTRE CHE LA VEROSIMILE
ESCLUSIONE DA ULTERIORI INCARICHI DIRIGENZIALI”.

ANSA

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