Il Paese umiliato.

Mag 5th, 2014 | Di cc | Categoria: Politica

C’è poco da fare. Ci si può arrampicare sugli specchi, illudersi che dietro i proclami e il sorriso sornione dei giovani capitani vi sia più di quello che appare, immaginare che in fondo qualcosa sta cambiando, ma poi viene il momento di guardarsi intorno e ci si accorge che la scena è semplicemente desolante. Questo oggi è il nostro Paese e occorre prenderne atto senza mezza termini e illusioni di sorta. La svolta generazionale, il boato del nuovo che avanza rappresentato dal vispo condottiero incaricato ma non eletto, si sta lentamente riducendo ad un sussulto appena accennato che poco incide sui problemi della gente ma tanto a rischio mette il futuro. E’ come un’impresa edile che dopo aver garantito la ristrutturazione di un appartamento pericolante, si limita invece a dare una pulitina ai vetri delle finestre. Ecco, forse i vetri lavati per chi rimane nell’alveo della propria sicurezza economica e nella convinzione di una superiorità culturale dettata dal niente possono anche rappresentare una grande innovazione, ma per quelli costretti ad abitare nell’appartamento, persone cui una crisi subdola e tagliente ha tolto e sta togliendo il respiro, rappresenta l’ennesima drammatica umiliazione.

            Qualche esempio.

Abolizione del Senato. Un gran parlare, ma poi? Nel caso in cui dovesse andare in porto rimane un senato (con la esse minuscola) senza diritto di voto, nebuloso nelle proprie funzioni e non eletto dai cittadini per cui non si capisce ne il senso ne il motivo di mantenere in vita un’Istituzione del genere che comunque avrà un notevole costo.

 Abolizione delle Province. Altra medaglia da appuntarsi sul petto, anche se, a ben guardare, è solo una soluzione di facciata che mantiene in vita costi generali e poltrone con il solo azzeramento del potere elettorale della gente.

Infine, ma solo per ragioni di spazio, gli 80 euro la cui copertura è persino messa in dubbio e il Piano sul Lavoro (ci perdonino se parliamo in italiano!).

Per dare l’idea di cosa, per molti, rappresentino gli 80 euro in busta paga riporto testualmente il messaggio che un conoscente mi ha inviato qualche giorno fa: “Una manciata di euro che costa un botto alla collettività e nessuna prospettiva di lavoro per mio figlio che ha 30 anni. Hanno idea di quanto spendo per mantenerlo?”

Ora  lungi da me voler dare colpa al vispo condottiero se il mio amico ha un reddito basso e un paio di figli, così come non voglio scaricargli addosso la responsabilità di chi, a trenta o quarant’anni, ancora non riesce a fare il sindaco ne tantomeno il giovane democristiano in ascesa, e nemmeno di non avere un parente che lo assuma senza che lavori, però il problema rimane.

Lo stesso Piano sul Lavoro appare come una manovra che se da un lato potrebbe agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro, dall’altro non mostra alcun serio meccanismo di verifica e nessuna, seppur minima, garanzia sul futuro per chi entra nell’esercito del precariato.

Questo è il quadro. Dimenticando, tra l’altro, quelli che il lavoro lo hanno perso. E allora, in maniera più pratica e meno chiassosa, non sarebbe stato meglio destinare le risorse necessarie all’operazione 80 euro per dare una vera scossa al sistema?

Il lavoro è, e rimane, la prima emergenza da affrontare, ma occorre farlo con concrete operazioni strutturali offrendo, nel contempo, garanzie alle imprese e ai lavoratori. E’ essenziale intervenire direttamente sui costi di produzione detassando le nuove assunzioni e, più in generale, abbassando il gravame di balzelli sul lavoro per consentire di innescare un meccanismo che faciliti la creazione di posti di lavoro anche attraverso specifici contratti di “prova” strutturati in modo da garantire continuità in presenza di un’adeguata produttività e risultati aziendali. Per fare questo occorre però una compagine governativa forte, priva di eminenze grigie abili a muoversi alle spalle dei protagonisti, con un programma chiaro e preciso e, soprattutto, che abbia ricevuto il mandato dal popolo.

Ma di elezioni politiche si parla sempre meno. La riforma della relativa legge, fino a qualche tempo fa ritenuta urgente e indispensabile per una nuova tornata elettorale, si allontana sempre più con scuse che appaiono alquanto bizzarre. E allora andiamo avanti con una democrazia azzoppata e con un Paese scoraggiato e sfiduciato nonostante il sorriso del vispo condottier furbetto incaricato ma non eletto. Uno dei pochi che oggi abbia voglia di sorridere.

Edoardo Barra

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