Trasmettere la fede: tradizione, scrittura e magistero nella Chiesa.
Feb 6th, 2014 | Di cc | Categoria: Religione
Nella possibilità di scegliere dei capitoli da recensire del testo sopra indicato, sfogliando l’indice l’attenzione è caduta sui capitoli XIII e XIV, i quali affrontano rispettivamente il tema: Il concetto di dogma e sviluppo dogmatico e La questione del Magistero oggi. Questioni, a mio avviso, da non sottovalutare nella nostra cultura contemporanea, dove spesso la parola dogma è percepita con un’accezione negativa, da escludere dalle discussioni perché minaccia la libertà dell’uomo e l’autonomia della ragione.
Riprendere il tema è d’aiuto alla crescita delle mie conoscenze, e nello stesso tempo vuole essere un contributo al riavvicinamento del concetto all’uomo contemporaneo.
CONTESTO
I capitoli XIII e XIV si situano nella seconda parte della trattazione, dove vengono affrontati in modo tematico i problemi riguardanti i rapporti Tradizione – Scrittura – Canone, l’Ispirazione scritturistica, tradizione e modernità, la teologia della tradizione, la tradizione nel dialogo ecumenico.
Preceduta questa seconda parte da una prima parte dove attraverso un profilo storico, si osserva lo sviluppo storico per l’appunto, del tema portante, la Tradizione. Dunque a partire da Abramo, passando per il Nuovo Testamento, i padri ed il Concilio di Trento, arrivando ai giorni nostri.
Quindi i capitoli presi in considerazione seguono il capitolo sulla Tradizione, Scrittura e Canone, nozioni e significati, e il capitolo sulla Scrittura ispirata, concetti e questioni aperte.
L’AUTORE
Enrico Cattaneo, sacerdote gesuita, docente di Patrologia presso la Sezione San Luigi della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale (Napoli) e dal 1987-88 docente anche di Teologia Fondamentale (Tradizione e Ispirazione).
Laureato in lettere classiche presso l’università di Padova. Ha conseguito la licenza in filosofia e in Teologia Biblica, il dottorato in Teologia ed in Scienze religiose.
Tra le sue pubblicazioni: ha curato il volume Il Concilio vent’anni dopo; L’ingresso della categoria storia (Roma 1984); raccolta di saggi Evangelo, Chiesa e carità nei Padri (1995); I ministeri nella Chiesa antica. Testi patristici dei primi tre secoli (Milano 1997).
TESTO
L’autore nel capitolo XIII sul concetto di dogma e sviluppo dogmatico, parte da un brevissimo accenno storico sul termine dogma[1], a partire dal significato odierno, nella cultura contemporanea, “…sinonimo di opinione imposta dall’alto, residuo di tempi oscurantisti…” affermando che anche nel linguaggio teologico “…spesso si oppone dogma a Kerigma…”.
Per una comprensione completa l’autore parte dalla spiegazione del termine in uso nella grecia antica “dottrina, legge, decreto” al significato che aveva nella Sacra Scrittura, Lc 2,1 (decreto di Cesare Augusto” e At 17,4 “decisoni prese a Gerusalemme” passando per i Padri della Chiesa “dottrina cristiana” per arrivare al medioevo e Concilio di Trento dove il termine dogma non era molto utilizzato, l’attenzione ricadeva sugli articulus fidei.
Cattaneo sostiene che è dal Concilio di Trento in poi che va ricercata la storia del concetto attuale di dogma. Nella sua esposizione però approda, tralasciando i secoli precedenti, direttamente al Concilio Vaticano I, ed al modernismo.
L’autore riconosce alla modernità l’apprezzabile tentativo di adeguare il cristianesimo alle esigenze del pensiero moderno, sottolineandone però il suo fallimento. Il principio positivistico e razionalistico prevalse su tutto ciò che si riferiva alle verità rivelate, di conseguenza sul dogma e magistero della Chiesa. Alla Chiesa istituzione e dogmatica si contrappose una visione storica evolutiva del cristianesimo.
A Blondel Maurice, l’autore da il merito di denunciare tale separazione tra storia e dogma (estrinsecismo/storicismo): tra fatto e significato esiste una mutua interrelazione: i fatti devono essere letti sempre nell’orizzonte di significazione, e il significato non è indipendente dai fatti. La tradizione è per Blondel il legame che opera la sintesi della storia e del dogma, mentendone la solidità, senza compromettere l’indipendenza relativa.
Per Cattaneo la tradizione è la trasmissione fedele della testimonianza oculare degli apostoli, storia e storia di fede, la fede degli apostoli.
Al relativismo dei dogmi sostenuto dai modernisti (i dogmi possono essere interpretati in modo diverso secondo i diversi momenti storici e culturali), si oppongono gli interventi del magistero in materia:
ü cfr. Conc. Vaticano I, DzH 3020. 3043: il significato di un dogma non può essere mai abbandonato o mutato, bensì approfondito; nel paragrafo successivo del testo l’autore riprendendo Lonergan, preferisce parlare di permanenza piuttosto che di immutabilità, una verità può essere meglio capita ma rimane tale, e tale permanenza va attribuita al significato e non alla formula; e con Sallivan afferma che i dogmi sono permanenti anche nelle loro formulazioni, nel senso che fanno parte della storia ecclesiae.
ü Decr. S. Officii Lamentabili 1907, DzH 3422. 3426. 3454. 3462: i dogmi non sono verità rivelate, ma interpretazioni di fatti di fede, hanno solo valore pratico, frutto di evoluzione dell’intelligenza cristiana cha ha sviluppato il piccolo germe latente nel vangelo.
ü Pio X, Encicl. Pascendi, 1907, DzH 3483: contro il relativismo dogmatico, i modi tutti inadeguati per esprimere l’assoluto.
ü Pio XII, Humani generis 1950, DzH 3881 – 3883: i dogmi non sono altro che opinioni, dipendenti dalle diverse categorie filosofiche usate, anch’essa contro il relativismo.
Dalla questione modernista Cattaneo coglie l’aspetto positivo: chiara distinzione fra Tradizione storica e tradizione dogmatica. Affermando che la tradizione dogmatica non può fare a meno del metodo storico critico, i due metodi devono essere distinti ma non separati.
Successivamente analizza la nozione di sviluppo del dogma, optando più per il termine sviluppo che evoluzione: nella formulazione dei dogmi non emergono concezione nuove che prima non esistevano, ma seppur cresciuta la comprensione, precisata la formulazione, non viene alterata l’identità della fede.
Alla domanda, perché il magistero della Chiesa sia intervenuto con definizioni dogmatiche Cattaneo risponde: vi sono vari elementi di risposta:
ü Definire un dogma non vuol dire dichiarare insufficienti le Scritture;
ü Il dogma espressione della fede della Chiesa, e salvaguardia della stessa fede;
ü I dogmi mariani sono stati emessi quando si era creato nella Chiesa un consenso unanime attorno a quelle verità;
l’autore termina il capitolo con una sintesi finale e due appendici, una di M. Blondel, 1904, Storia e dogma, Le lacune filosofiche dell’esegesi moderna, a cura di G. Forni, Queriniana, Brescia 1992, 103-110, in piena crisi modernista, ribadisce che storia e dogma si comprendono solo all’interno di una tradizione viva. L’altra appendice sempre tradotta da R. Forni, di R. Guardini, Vita e pensiero, L’esistenza del cristiano, Milano 1985, 371-374, la Chiesa come autorità.
Nel capitolo XIV, La questione del magistero oggi, Cattaneo parte dal chiarire la pretesa di normatività del magistero: seguendo Sullivan sostiene che
ü la Chiesa ha ricevuto da Cristo stesso l’assicurazione di restare fedele al vangelo;
ü riguarda la comunità e non singoli credenti; normativa per chi desidera farne parte;
ü esige la formulazione della fede per cui tutti possono assentire; richiede che tali proposizioni siano vere;
ü nel giudicare tali proposizioni la totalità dei fedeli non può essere in errore;
ü un ruolo particolare spetta ai pastori nel conservare la Chiesa nella vera fede.
Riprendendo la Dei Verbum al numero 10, l’autore afferma che la normatività del magistero si pone all’interno della Chiesa e deriva la sua autorità da quella apostolica (cfr. la successione apostolica dei vescovi), ma che il magistero non sta al di sopra della Parola di Dio, ma è al suo servizio, insieme al sensus fidei di tutto il popolo di Dio.
Per evitare abusi sull’autorità del magistero, l’autore si chiede, fino a che punto sono vincolanti certe affermazioni?
Oggi si distingue tra magistero ordinario (soggetto a revisioni non vincolerebbe in materia di fede e di morale) e magistero straordinario (detto anche solenne o infallibile proporrebbe una verità di fede o morale in modo definitivo). Tale linguaggio secondo Cattaneo, in apparenza semplice racchiude una problematica, e analizzando i documenti ufficiali della Chiesa, CIC (can. 749 – 754), i teologi posteriori al Vaticano I, Felder e la Sacrae Theologiae Summa dei Gesuiti spagnoli, osserva come tutti questi autori fanno rientrare il magistero ordinario e universale nell’ambito del magistero infallibile.
Nei documenti posteriori al CIC, a partire dalla Professione di Fede, all’Istruzione Donum veritatis 1990, fino ad arrivare al CCC, si nota come non c’è uniformità tra i teologi e neppure tra i documenti del magistero, e che la distinzione oggi corrente tra magistero ordinario e magistero straordinario si presta a notevoli imprecisioni, se non addirittura ad equivoci.
L’attenzione dell’autore ricade infine sul magistero nell’ambito della morale, oggi quanto mai sentito dall’opinione pubblica. E riprendendo l’enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II analizza come quel testo abbia i caratteri di un magistero infallibile, caso in cui una norma morale viene dichiarata come appartenente al deposito rivelato, in forza di quattro criteri:
ü legge naturale
ü la Sacra Scrittura
ü la tradizione
ü il magistero universale e ordinario
seppur dei teologi non siano d’accordo con questo modo di procedere, ritenendo che non rientri nelle competenze del magistero un pronunciamento infallibile in campo morale, ma solo quello di proporre la fede, con le norme che ne derivano, lasciando poi alla coscienza dei singoli trarre concrete soluzioni ai problemi morali, Cattaneo ritiene che le decisioni magisteriali in campo morale possono raggiungere la qualità di infallibilità, qualora ci siano le condizioni (presenza diretta nella rivelazione o intima connessione con essa).
Conclude il capitolo XIV con la questione della recezione del magistero, la quale non può essere superata con l’appello all’obbedienza, ma va inquadrata secondo l’autore nell’ambito della teologia di comunione, a una pneumatologia, ovvero a una teologia della tradizione e al senso della conciliarità profonda della Chiesa (cfr. Y. Congar).
Il sommario di sintesi ed un’appendice sulla criteriologia per i documenti del magistero e sul valore delle note teologiche, conclude il capitolo.
CONCLUSIONI
Il tema sviluppato nel testo è quello della tradizione, osservato non dalla prospettiva statica, rivolto al passato, ma dalla prospettiva dinamica, ossia nell’atto della trasmissione. Al tema portante sono collegati nel discorso teologico i temi della Scrittura e del magistero.
Nell’ambito del magistero si colloca il capitolo XIII e XIV del manuale, parte di una collana Intellectus fidei, che mira all’accompagnamento degli studenti all’assimilazione critica della tradizione filosofica e teologica cattolica, in dialogo con la cultura contemporanea.
Il metodo teologico utilizzato dall’autore dà più spazio alla genesi e allo sviluppo storico delle varie questioni, pur offrendo opportuni riferimenti sistematici.
Il professor Cattaneo non pretende di offrire un’esposizione completa delle questioni trattate, si limita soprattutto a prendere atto delle situazioni, rimangono delle discussioni aperte: come la problematica del linguaggio tra magistero ordinario e magistero straordinario.
Interessanti i sommari di sintesi a conclusione di ogni capitolo, così come le letture di autori scelti che hanno affrontato il tema sviluppato, di valido aiuto per avvicinarsi ai testi originali.
Greco Paolo
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