Ezio Cesarini , giornalista de “il Resto del Carlino”, Eroe della 2^ guerra mondiale, fucilato 70 anni fa il 27 gennaio 1944 nel Poligono di tiro di Borgo Panigale - Bologna.?

Gen 27th, 2014 | Di cc | Categoria: Sindacato

Ricorre oggi il 70° anniversario della fucilazione a Bologna di Ezio Cesarini, medaglia d’argento al v. m., il primo dei quattro giornalisti martiri della libertà di stampa, Caduti durante la 2^ guerra mondiale. Gli altri tre colleghi uccisi dai nazisti sempre nel 1944, ma a Roma, sono Enzio Malatesta di Carrara Apuania (ma milanese d’adozione), medaglia d’oro al v. m., Carlo Merli ed Eugenio Colorni (entrambi milanesi di nascita). I loro nomi vanno quindi degnamente ricordati e onorati come si conviene dalla categoria proprio per tenere sempre viva la loro memoria.

 

Veneto di nascita (era nato a Montebello Vicentino il 28/8/1897), ma bolognese d’adozione, Ezio Cesarini, 46 anni, coniugato con 3 figli, venne condannato a morte per rappresaglia assieme ad altri 7 prigionieri politici antifascisti da un sedicente tribunale militare di guerra dopo un processo-farsa svoltosi nella Prefettura di Bologna con rito sommario e senza alcun difensore. La sua foto (di proprietà dell’Istituto Storico Ferruccio Parri Emilia-Romagna) è scaricabile cliccando su: http://certosa.cineca.it/chiostro/persone.php?ID=478127

Nel 1916 Cesarini, che aveva ideologicamente militato nelle file socialiste, prese parte ad una manifestazione anti-interventista ed accusato di violenza sovversiva. Da quel momento fu schedato. Nel 1917 combatté nella Grande guerra e rimase ferito. Seguì poi i corsi dell’Umanitaria di Milano, la scuola che preparava i quadri del movimento socialista, cooperativo e sindacale. Appassionato di giornalismo, dovette necessariamente iscriversi al sindacato fascista per poter esercitare la professione dopo le leggi di controllo liberticida entrate in vigore nel 1924.

 

Nel 1925 fu assunto a «il Resto del Carlino» con l’incarico di segretario di redazione poi di cronista di nera. Nel 1933 - quando Leandro Arpinati, ras del fascismo bolognese, cadde in disgrazia e fu mandato al confino - Ezio Cesarini fu privato della “tessera” perché ritenuto - chissà perché e non si sa in base a quali elementi - un arpinatiano. Per riabilitarsi dovette così partire volontario per l’Africa Orientale dove fu uno dei fondatori e dei redattori del giornale di Addis Abeba.  

 

Tornato a Bologna, venne riassunto a “il Resto del Carlino”, ma il 7 gennaio 1938 fu visto parlare con Francesco Zanardi, storico sindaco socialista della città, e per questo gli fu ritirata, per la seconda volta, la tessera di giornalista e venne licenziato dal giornale. Un anno dopo, il “perdono” e la riassunzione.

 

Il 25 aprile 1943 Ezio Cesarini, durante un comizio, inneggiò alla caduta di Mussolini e del fascismo. Tre mesi dopo, il 26 Luglio 1943, giorno successivo la caduta del fascismo, su unì a Bologna ad un corteo di operai che percorse via Indipendenza fino a Piazza Vittorio Emanuele II, l’attuale Piazza Maggiore, dove si era raccolta una folla festante per festeggiare la caduta del regime. Sollecitato da amici antifascisti che conoscevano le sue vicissitudini, prese brevemente la parola inneggiando alla libertà. Dopo l’8 settembre fu uno dei pochissimi giornalisti che per non collaborare con tedeschi e fascisti si rifiutò di tornare al “Carlino” che si era, invece, schierato apertamente con i nazisti e la Repubblica di Salò.

 

Decise quindi di attraversare le linee e recarsi al Sud già liberato. Ma, per non lasciare la famiglia in difficoltà, prima di partire chiese a“Il Resto del Carlino” che gli venisse pagata la liquidazione non ricevuta dopo il licenziamento. L’amministratore del giornale Cesare Bondioli gli disse di andare a ritirarla. Ma quando il 4 gennaio 1944 si presentò al giornale per incassare il dovuto i soldi, trovò i militi della GNR (la polizia fascista) e fu arrestato e rinchiuso nel carcere bolognese di San Giovanni in Monte. Proprio in quei giorni giunse la notizia che i fascisti avevano fucilato sette fratelli di una famiglia contadina allora sconosciuta della bassa reggiana, la famiglia Cervi.

 

Tre settimane dopo avvenne un fatto di rilevante importanza. Alle 12,40 del 26 gennaio, mentre saliva la scala di accesso alla mensa universitaria in via Zamboni insieme ad altri camerati, il Federale del fascio Eugenio Facchini venne infatti ucciso in un attentato da due partigiani che gli si erano fatti incontro sparando alcuni colpi di arma da fuoco. Vennero attivati posti di blocco in città ed in particolare controlli nei confronti dei ciclisti, poiché la bicicletta era il mezzo più usato dai gappisti per le loro azioni improvvise. Il giorno seguente venne messa una taglia di un milione di lire - cifra enorme per quel tempo - a chi avesse anche soltanto favorito la cattura degli attentatori. Ma nessuno si presentò a riscuotere quel denaro.

 

Scattò allora la rappresaglia. Per compierla furono scelti 10 antifascisti che già si trovavano in carcere. Ezio Cesarini fu così condannato a morte assieme ad altri 9 prigionieri politici: Alfredo e Romeo Bartolini, Alessandro Bianconcini, Silvio Bonfigli, Cesare Budini, Francesco D’Agostino, Zosimo Marinelli, Sante Contoli e Luigi Missoni. Ma questi ultimi due non furono giustiziati: a Missoni l’esecuzione venne sospesa, essendo mutilato di guerra e decorato di Medaglia d’Oro al v.m. (per una tragica fatalità morì poi nel carcere di Castelfranco Emilia durante un bombardamento aereo), mentre a Contoli la pena capitale fu commutata in 30 anni di carcere, ma morì nel campo di concentramento di Mauthausen.

 

La mattina del 27 gennaio 1944 Ezio Cesarini scrisse in carcere 5 toccanti lettere (vedere l’allegato in calce): due

all’adorata moglie Enna in cui si ricordavano anche gli amati figli Cesarina, Vittoria e Metello (quest’ultimo seguì poi le orme del padre come giornalista e fu per anni redattore capo e vice direttore de «il Resto del Carlino»), due al fratello Mario e una alle tre sorelle Bice, Vera ed Elsa.

 

Verso mezzogiorno venne prelevato con gli altri sette compagni per essere portato al prato della fucilazione nel poligono di tiro in via Agucchi a Borgo Panigale. Ma durante il trasferimento Cesarini tentò la fuga: cogliendo un attimo di distrazione dell’ufficiale di scorta, gli strappò la pistola, forzò con una spallata il portello del furgone cellulare e cercò di fuggire nella campagna. Ma fu colpito alle gambe dalle schegge di una bomba a mano lanciatagli contro e portato sanguinante davanti al plotone, comandato dal commissario del fascio di Imola Guerrino Bettini che aveva espressamente richiesto al segretario della federazione fascista di Bologna l’«onore» di ordinare il fuoco.

 

Ezio Cesarini morì gridando: «Viva l’Italia libera!».

 

Riconosciuto partigiano nella brigata “Matteotti Città”, dal 9 settembre 1943 al 27 gennaio 1944, gli fu poi conferita alla memoria la medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: “Ardente patriota, attivamente ricercato dai nazifascisti, dava prezioso apporto alla causa patriottica, distinguendosi in molteplici circostanze per coraggio, entusiasmo e fattive iniziative. Scoperto ed arrestato a Bologna mentre svolgeva una pericolosa missione affidatagli dal “Centro” di Roma, e condannato a morte per vile rappresaglia, affrontava virilmente il martirio, facendo sereno olocausto della sua vita per il riscatto della Patria e della libertà”. 

 

Il Comune di Bologna ha intitolato ad Ezio Cesarini una strada nel Quartiere Navile, mentre l’Ordine dell’Emilia-Romagna gli ha intestato la sala delle riunioni nella sede di Strada Maggiore 6.

 

Nel dopoguerra, nell’atrio dello stabilimento tipografico de “il Resto de Carlino, quando ancora aveva sede in via Gramsci, venne apposta a cura dell’ASEM (Associazione Stampa Emilia Marche) una lapide con la seguente epigrafe:

 

“Ezio Cesarini, giornalista

lottò e morì perché l’Italia fosse libera.

Iniqua sentenza

lo trasse davanti al plotone fascista

il 27 gennaio 1944.

L’Associazione Stampa Emiliana

fiera del suo glorioso Caduto

ricorda con lui il pubblicista

Nino Giovanni Brizzolara

vittima dello stesso odio di parte. “

Ma quando il vecchio stabilimento tipografico venne abbattuto e il “Carlino” da via Gramsci si trasferì in via E.Mattei la lapide venne rimossa e, forse per dimenticanza, non risulta sia stata apposta nella nuova sede del giornale. Ma non sarebbe ora che questa lapide venisse ricollocata dall’ASER, dalla FNSI e dall’Ordine dei Giornalisti nel luogo dovuto?

 

D’altronde il 27 gennaio 1945 - esattamente un anno dopo la fucilazione di Cesarini - i soldati sovietici abbatterono i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz in Polonia dove furono sterminati dai nazisti circa 70 mila ebrei. E questa data è ormai ricordata nel mondo come il “giorno della memoria”.

 

Ecco perché sarebbe non solo opportuno, ma doveroso che anche i siti internet degli Ordini regionali e nazionale dei giornalisti e degli altri organismi di categoria si ricordino nelle loro home page di onorare degnamente Ezio Cesarini (fucilato a Bologna il 27 gennaio 1944), nonché Enzio Malatesta e Carlo Merli (fucilati dai nazisti a Forte Bravetta a Roma il 2 febbraio 1944) ed Eugenio Colorni (ucciso dai tedeschi a Roma il 30 maggio 1944).

I loro nomi non possono infatti essere relegati solo all’interno di un libro meritoriamente edito nel 2008 dall’UNCI (Unione Nazionale Cronisti Italiani), scaricabile dai siti dell’UNCI stesso, di Ossigeno per l’informazione e dell’ex presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Franco Abruzzo.

Pierluigi Roesler Franz

un commento
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    tnx for info!!…

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