Napolitano: “Sacrifici, li facciano anche i politici”
Gen 1st, 2014 | Di cc | Categoria: Politica
Il discorso di fine anno di Giorgio Napolitano.
“Ora serve il coraggio di cambiare”: lo devono trovare i cittadini per ripartire nel 2014, lo devono dimostrare i politici facendo anche loro i necessari “sacrifici” e lo devono per forza tirar fuori i partiti cogliendo l’occasione di cambiare radicalmente l’Italia attraverso le riforme costituzionali. Guarda in avanti il presidente della Repubblica cercando di aprire l’anno che viene alla fiducia, alla ripresa e al cambiamento. Facendo sapere che lui si ritrova al Colle per questo unico motivo. E che resterà al Quirinale solo finchè serve al Paese e alle istituzioni, comunque “non a lungo”.
Giorgio Napolitano ha voluto chiudere quasi con rabbia questo 2013, “tra i più pesanti e inquieti sul piano politico che l’Italia ha vissuto da quando è diventata Repubblica”, dedicandosi ai cittadini con un innovativo ‘botta e risposta’ televisivo leggendo e rispondendo ad alcune delle tante lettere che gli vengono spedite. Un dialogo a distanza che il capo dello Stato ha voluto iniziare proprio affrontando il cuore del problema - o meglio il simbolo - del distacco della gente dalle istituzioni romane: “i sacrifici fanno fatti insieme ed è giusto che li facciano anche i politici”, ha assicurato il presidente replicando a un ex imprenditore marchigiano che si lamentava del fatto che fossero solo i “semplici cittadini” a tirare la cinghia. Ma ciò detto, Napolitano si è rivolto direttamente ai cittadini nei quali nota, tra i troppi segnali di disagio, anche una voglia nuova di ripresa e li stimola a reagire: “il coraggio degli italiani è in questo momento l’ingrediente decisivo per far scattare nel 2014 quella ripresa di cui l’Italia ha così acuto bisogno. Coraggio di rialzarsi, di risalire la china”.
Non nasconde nella notte di san Silvestro lo stato reale del Paese, le imprese in difficoltà, gli stipendi fermi e la piaga della disoccupazione, soprattutto giovanile. C’è “malessere diffuso e ‘fatica sociale’”, premette Napolitano. Certo, servono “risposte qui ed ora”, ma adesso si deve lavorare “a un disegno di sviluppo nazionale e di giustizia sociale da proiettare in un orizzonte più lungo”. Ecco, il “futuro”, il “coraggio”, l’impegno di tutti per non gettare al vento i “sacrifici” già fatti. Così il presidente introduce la parte più politica, quella finale, del suo messaggio agli italiani, l’ottavo della sua presidenza.
“Sarebbe dissennato disperdere i benefici del difficile cammino compiuto. I rischi già corsi si potrebbero riprodurre nel prossimo futuro ed è interesse comune scongiurarli”, ha avvertito blindando il Governo e facendo capire che il ricorso alle elezioni anticipate in questa fase sarebbe follia pura. Serve “stabilità” di Governo, ha ripetuto tra le righe per andare a cogliere i primi acerbi frutti della ripresa. E’ un invito a ‘pensare positivò, quello che viene dal Colle che per questo ancora una volta chiede alle forze politiche di abbassare i toni ed iniziare una politica del fare. Bisogna fermare subito le “tendenze distruttive nel confronto politico”, le “espressioni violente”, il ‘”tutti contro tutti’ che lacera il tessuto istituzionale e la coesione sociale”, ha spiegato Napolitano con voce rauca a causa di un raffreddamento. Sì, perchè il 2013 è stato duro ma utile, ha aggiunto alludendo al calo dello spread: nel 2013 abbiamo avuto “risultati come il risparmio di oltre 5 miliardi sugli interessi da pagare sul nostro debito pubblico”. Ecco perchè l’annus horribilis si è manifestato soprattutto sul piano politico. Infatti - e su questo il capo dello Stato batte da anni - l’unica soluzione è il “coraggio” delle riforme: la “nostra democrazia ha rischiato una destabilizzazione e ora va rinnovata e rafforzata attraverso riforme obbligate e urgenti”.
Non poteva mancare infine una difesa personale ed un contrattacco attraverso il quale Napolitano si è tolto qualche sassolino dopo aver subito in silenzio diversi attacchi personali: “sono attento a considerare ogni critica o riserva, obiettiva e rispettosa, circa il mio operato”, ha premesso. “Ma non mi lascerò condizionare da campagne calunniose, da ingiurie e minacce”. Tantomeno, ha aggiunto rispondendo a quanti lo chiamano ‘re Giorgiò accusandolo di aver travalicato i limiti del suo mandato, è “ridicola” la “storia delle pretese di strapotere personale”. Giorgio Napolitano ha quindi ripetuto agli italiani quanto gli addetti ai lavori ben sanno da tempo: lui resterà al Quirinale fin quando servirà, cioè fino a quando le riforme saranno fatte o almeno canalizzate in una strada senza ritorno. E l’arma delle sue dimissioni in caso le forze politiche continuino “a pestare inutilmente l’acqua nel mortaio” è sempre carica. “Resterò presidente fino a quando la situazione del Paese e delle istituzioni me lo farà ritenere necessario e possibile, e fino a quando le forze me lo consentiranno. Fino ad allora e non un giorno di più; e dunque di certo solo per un tempo non lungo”, ha spiegato. Ed ha aggiunto: “confido, così facendo, nella comprensione e nel consenso di molti di voi”.