La Parola del Signore
Dic 12th, 2013 | Di cc | Categoria: Religione“il Dio di Gesù Cristo, cioè il Dio della nostra tradizione italiana, europea e non solo europea”, in quanto “il riferimento a questo Dio ha plasmato la nostra cultura e la nostra civiltà” senza comunque per questo tacere il fatto che “questo Dio può essere conosciuto, per alcuni aspetti, anche dalla nostra ragione e in questa misura è accessibile anche ai non credenti in Cristo”. Spiegando contro ogni materialismo, vecchio e nuovo, l’essere umano come un essere intrinsecamente e naturalmente religioso (homo religiosus) un fatto “ovvio” e cioè che nelle varie culture - dall’antichità fino ad oggi - il ruolo centrale di Dio (a prescindere dagli attributi con cui Lo si concepisse) non è stato mai messo in discussione. Questo è il motivo per cui le Religioni, senza neanche esercitare una specifica forza di persuasione, storicamente si sono viste sempre attribuire “un ruolo centrale nella genesi e articolazione delle culture, delle società e della vita pubblica”. Con il Cristianesimo, però, avviene un fatto nuovo. Per la prima volta, infatti, è Dio che si rivela all’uomo, prendendo per primo l’iniziativa e assumendo su di sé, con l’incarnazione, tutte le fatiche e i dolori degli uomini senza eccezione alcuna. Insomma Dio qui si rivela come un Essere “sommamente libero e personale”, che ha creato il mondo liberamente e per amore, e con lo stesso amore lo redime. La libertà e l’amore emergono dunque subito come caratteristiche fondanti e fondamentali dell’agire divino: qualcosa di inedito nella storia religiosa dell’umanità, che avrà notevolissime conseguenze anche per lo sviluppo delle culture e delle società. D’altro canto, con Gesù di Nazaret, anche da parte dell’uomo “il rapporto con Dio non è più legato ad aspetti etnici e giuridici, come l’appartenenza a un popolo e l’oservanza della legge mosaica, bensì è aperto a ogni persona, sulla base della libera scelta personale della fede e della conversione”. Il cambiamento di paradigma, per usare un’espressione cara ai sociologi, è così epocale: “la libertà diventa fattore centrale nel rapporto tra Dio e noi, per così dire, da entrambe le parti, dalla parte di Dio e dalla parte dell’uomo. Il Cristianesimo può quindi ben dirsi la Religione della libertà, oltre che la Religione del Logos, della ragione, e - soprattutto - dell’amore. Possiamo aggiungere che il concetto stesso di persona, fondamentale nella nostra civiltà ha origini teologiche: viene sviluppato infatti nel tentativo di comprendere l’unità di Dio Padre e del Figlio, e dello Spirito Santo, nella relazione e donazione reciproca. Perciò, fin dall’origine, persona è un concetto relazionale, dice rapporto all’altro e non chiusura in se stessi”. Certamente queste acquisizioni sono state declinate poi progressivamente nel tempo, anche con l’ausilio di altri e non meno importanti contributi, ma se la nostra società occidentale ancora oggi riconosce il valore della persona e quello della libertà come fondamentali e assoluti il motivo è anche, e non secondariamente, di tipo religioso, indipendentemente dal fatto che si vada a Messa la Domenica o meno. Bisogna, poi, ricordare la distinzione capitale tra la signoria di Cesare e quella di Dio (Cfr. Mt 22,21) che pure fonda alla base la nostra società e che è nata grazie ai primi martiri cristiani i quali nei primi tre secoli hanno accettato e affrontato la morte “per non rendere culto divino all’Imperatore romano”, affermando così sia la libertà della fede, sia il suo carattere pubblico. Se successivamente il rapporto tra potere ecclesiastico e civile ha vissuto notevoli alti e bassi questo non toglie però validità alcuna alle parole evangeliche che mantengono oggi semmai - di fronte all’emergere di nuovi fondamentalismi - tutta la loro attualità. Interessante, peraltro, è anche la disamina di come tale rapporto abbia dato luogo, all’interno di quello che noi oggi chiamiamo mondo occidentale, a due esperienze civili sensibilmente diverse e addirittura confliggenti. In Francia, il Paese forse a noi per molto tempo più vicino per cultura e sensibilità, con l’illuminismo e poi con la rivoluzione del 1789 seguita alla temperie moderna con le sue inedite rivendicazioni di ragione e libertà, lo spazio pubblico ha assunto “un volto decisamente ostile alla Chiesa e talvolta chiuso ad ogni trascendenza”. In effetti, “la ‘laicità’ alla francese implica proprio la chiusura ad ogni ruolo pubblico delle religioni”. Ma, “che sviluppi di questo genere non fossero un portato necessario della modernità appare [ad esempio] dalla vicenda storica degli Stati Uniti d’America”. In questo caso, anzi, “alla base della società americana c’è una separazione tra Chiesa e Stato [reclamata] dalla Religione e rivolta anzitutto a proteggere la Religione stessa e il suo spazio vitale, che lo Stato deve lasciare libero”. Per inciso, ed esprimere una considerazione concretissima di estrema attualità, questo ha fatto sì che in USA anche alla sfera non Statale si riconoscesse quasi naturalmente “un concreto carattere pubblico, favorito dal sistema giuridico e fiscale”, le cui conseguenze sulla libera iniziativa e la vitalità dei corpi intermedi, a partire dalla famiglia, sono sotto gli occhi di tutti. Tuttavia, attualmente negli USA come pure in Francia, i problemi maggiori tra Fede e spazio pubblico riguardano “le grandi problematiche etiche ed antropologiche che sono emerse negli ultimi decenni” a seguito dei cambiamenti intervenuti nei costumi e nei comportamenti (la rivoluzione sessuale seguita al 1968), senza trascurare il campo delle biotecnologie. Qui si sottolinea che quello che è avvenuto costituisce un distacco rivoluzionario e radicale rispetto non tanto e non solo al Cristianesimo, quanto - come pure ricordava il papa Emerito Benedetto XVI parlando di “dittatura del relativismo” - nei confronti “delle tradizioni religiose e morali dell’umanità” nel loro insieme. Il fatto realmente nuovo (ormai noto identificato come ‘questione antropologica’) è oggi proprio questo: non una contestazione di questo o quell’aspetto della dottrina morale naturale classica ma una negazione radicale del senso stesso con cui l’essere umano è stato interpretato dall’avvento del Cristianesimo ad oggi, per duemila anni. Di fronte a questa crisi epocale, si lamenta il fatto che non tutti i laici cattolici sembrano realmente consapevoli della posta in palio, restando perlopiù legati a una lettura ormai datata e schematica della storia: in parole povere, e paradossalmente, non è questione di salvare la legittima laicità che in Occidente di questi tempi più salva non potrebbe essere, ma di salvare invece l’uomo e il suo destino esterno, sempre che questo interessi a qualcuno. In quest’ambito si ricorda la tesi del giurista tedesco Ernst-Wolfgang Böckenförde secondo cui “lo Stato liberale secolarizzato vive di presupposti che esso stesso non può garantire e tra questi svolgono un ruolo peculiare gli impulsi e i vincoloi morali di cui la religione è la sorgente”. Solo che tale affermazione andrebbe forse oggi estesa anche all’uomo (e non più solamente allo Stato), che nella tenperie relativista non trova più alcun fondamento dentro e intorno a sé. In secondo luogo, prima di verificare l’esistenza di impulsi e vincoli etici sembrerebbe attualmente più urgente e decisivo “trovare delle ragioni di vita”, con il che si tornerebbe allo statuto fondativo e alla “missione propria del cristianesimo” , che ci dice primariamente non ‘come’ vivere ma ‘perché’ vivere. Su questa via l’Italia, anziché essere considerata il fanalino di coda dell’Europa per una mancanza di aggiornamento alle normative più libertine sui temi morali, come spesso si sente dire dai mass-media, dovrebbe essere vista come una felice “eccezione” e una strada alternativa e insieme più costruttiva alla sfida lanciata dalla modernità radicalmente relativista. E’ noto, peraltro, che in questo modo la pensava anche il Beato Giovanni Paolo II il quale, quando coniò l’espressione “eccezione italiana”, intendeva riferirsi proprio alle riserve morali più sane e promettenti del Paese, che lasciavano ben sperare anche per il futuro. In questo senso la Chiesa non rifiuterà mai il libero confronto democratico: chiede, però, che esso riguardi l’organizzazione politica della vita della societas, non stabilire che cosa sia vero e che cosa sia falso in assoluto. Se anzi le Istituzioni democratiche dovessero farsi latrici di leggi moralmente eversive “è giusto” che chi non sia d’accordo possa ordinariamente ricorrere “all’obiezione di coscienza”, che - in casi normali - dovrebbe essere un diritto costituzionalmente garantito. “Se [tuttavia] le leggi non consentono una tale obiezione si potrà dare testimonianza delle proprie convinzioni in una forma più costosa ma anche più forte, affrontando le pene previste dalla legge. In effetti, i più eroici ed efficaci obiettori di coscienza furono e sono i martiri delle diverse epoche storiche”, a cominciare dal Patrono degli uomini politici, l’inglese San Tommaso Moro (1478-1535). Dopo 2000 anni in Occidente sembra che stiano pericolosamente tornando i tempi dei primi Cristiani, dove il martirio - nella stessa Roma - era cosa quotidiana. C’è da sperare solo che non sia già troppo tardi per invertire la rotta.
Martina Chiaese