Aiuti alle banche con la scusa dello stress
Ott 24th, 2013 | Di cc | Categoria: PoliticaDoveva rimanere segreta. Invece, la lettera scritta da Mario Draghi al commissario UE alla concorrenza, Joaquin Almunia, nella quale si prefigura l’avvento di una nuova crisi del sistema bancario europeo è venuta allo scoperto.
Ciò che preoccupa Draghi sono gli imminenti stress test (simulazioni di scenari compiuti sui bilanci delle banche al fine di verificarne la solidità in condizioni critiche) che la BCE effettuerà a partire dal prossimo novembre su 128 istituti dell’Eurozona, 15 dei quali italiani.
Al fine di individuare i punti di debolezza, le banche verranno esaminate in relazione alla capacità di affrontare i rischi legati alla loro esposizione verso i debiti sovrani e le imprese, così come sulle operazioni fuori bilancio, in primis i derivati.
Il sistema bancario italiano si presenta a questo appuntamento con dei punti di debolezza, in primo luogo quelli legati alla presenza, causa la drammatica crisi delle imprese, di crediti inesigibili per un totale di 140 miliardi di euro che, in rapporto al totale dei crediti, è pari al 7,2%: uno dei più elevati al mondo. La presenza di tutte queste sofferenze mette le banche nostrane a rischio nel superamento dei test.
Cosa succederebbe se la BCE dovesse emettere un giudizio negativo sui nostri istituti? Essi sarebbero obbligati a migliorare la loro patrimonializzazione attraverso l’iniezione di nuovi capitali o a intraprendere azioni di risanamento come la vendita di attività non strategiche.
Il governo italiano, nel quale siede il ministro banchiere Fabrizio Saccomanni, è perfettamente consapevole che la situazione di molti istituti di credito nazionali è in continuo peggioramento e che alcuni di loro potrebbero essere presto obbligati ad effettuare consistenti ricapitalizzazioni, con il conseguente effetto di dover ridurre ancora di più i loro prestiti al settore privato, già ai minimi storici e quindi aggravare ulteriormente la crisi delle imprese. Il Mattinale – 24/10/2013 32
Con questa giustificazione, nella Legge di stabilità il ministero dell’Economia e delle finanze ha inserito una norma tutta a favore delle banche, che consente agli istituti finanziari di dedurre le perdite su crediti, allineando, si dice, la normativa fiscale italiana a quella tedesca.
Certamente la correzione dell’asimmetria normativa rispetto agli altri paesi europei è auspicabile, dal momento che le banche italiane risultano penalizzate nei confronti delle loro controparti straniere. Il costo dell’operazione, tuttavia, è assai elevato, pari a 17,2 miliardi di euro in termini di mancato incasso per il Governo. Se comparato al mini taglio di cuneo fiscale concesso a lavoratori e imprese, esso sembra un grosso regalo fatto al sistema finanziario che in passato si è reso responsabile di operazioni spericolate andate male e poi scaricate su azionisti e contribuenti.
Vero è che l’Italia non si può permettere di far collassare il proprio sistema bancario soltanto per far pagare ai banchieri il prezzo delle loro manovre azzardate, perché a rimetterci sarebbero in ogni caso imprese e famiglie. Sarebbe, tuttavia, almeno auspicabile subordinare la concessione fiscale all’obbligo di reinvestire gli utili in aumenti di capitale, sospendendo temporaneamente il pagamento dei dividendi. L’incentivo, in altre parole, non dovrebbe essere concesso a fondo perduto, ma dovrebbe comportare un onere per gli azionisti e i banchieri. Non devono essere solo i contribuenti a pagare.
La burocrazia europea, all’alba di questa nuova crisi bancaria, non è esente da colpe. I funzionari di Bruxelles sono responsabili per aver sbagliato completamente l’impostazione della sequenza temporale delle azioni di politica economica da intraprendere.
Avrebbero dovuto capire che prima di obbligare i governi a risistemare i bilanci attraverso politiche fiscali restrittive, avrebbero dovuto obbligare gli istituti di credito a migliorare la loro patrimonializzazione. Allora i capitali, soprattutto privati, erano ancora disponibili. Ora, dopo l’ondata di austerity che essi stessi hanno imposto ai governi, sono finiti. E nessuno sa ancora spiegare dove potranno essere trovati.
Pertanto, si sarebbe dovuto invertire la sequenza: prima ricapitalizzare le banche e poi procedere con le politiche di bilancio e non il contrario, allorché le politiche di bilancio restrittive hanno reso ancora più critica la condizione delle banche europee. Congratulazioni.