L’Araba Fenicia

Ott 7th, 2013 | Di cc | Categoria: Politica

Nella settimana passata il Parlamento italiano è stato teatro di avvenimenti che, seppure incentrati sul caso Berlusconi, hanno investito l’intero scenario istituzionale al punto da lasciar intravedere il tramonto della Seconda Repubblica.

Infatti, dopo il trambusto dei giorni scorsi fatto di liste di dissidenti, dichiarazioni definitive e immediate smentite, inversioni di marcia e comiche certezze, abbiamo ora un panorama in evoluzione.

Il Cavaliere, considerata ormai persa la partita della decadenza (a meno di colpi di scena), è impegnato nel tentativo di tenere vivo il suo progetto politico.

Gran parte del Pd ha forte la tentazione di riprendere un discorso più rigorosamente di sinistra.

In ambedue i maggiori schieramenti politici sono ormai palesi i segnali di un rafforzamento del mai sopito desiderio di realizzare il Grande Centro.

Persino il glaciale Monti, nella dichiarazione di fiducia a Letta, non ha resistito a un passaggio dai toni sibillini quando ha auspicato che i moderati di sinistra guidati da Letta e quelli di centrodestra guidati da Alfano possano un giorno partecipare assieme al progetto riformista centrista.

Un’apertura che da un lato ha fatto maliziosamente sorridere l’ala più a sinistra del partito democratico, considerato come - da sempre - quest’ultima ha mostrato scarsa fiducia nei compagni di viaggio provenienti da esperienze non Pci e dall’altro ha aumentato le preoccupazioni degli ex AN che intravedono il rischio di tornare in un alveo ridotto per giunta senza il grande capo.

In fondo per tanti, senza distinzione di bandiera, sarebbe una sorta di ritorno alle origini, rappresentando loro stessi quel che rimane della cenere di un sistema durato dal dopoguerra agli anni ’90.

E spesso il richiamo della foresta è una sirena irresistibile, soprattutto se i conti non tornano.

Mentre nel centrodestra la complicata situazione di Berlusconi, la sua età e la presenza ingombrante dei cosiddetti falchi rappresentano per i più moderati elementi di perplessità e attenta valutazione, a sinistra si sa bene che il prossimo congresso sarà un appuntamento teso a delineare i rapporti di forza interni soprattutto tra chi ha origini più estreme e quelli d’ispirazione cattolica, un appuntamento determinante per decidere il futuro del partito e non solo.

Non dimentichiamo ciò che è stato nei mesi passati: gran parte dei democratici spingeva affinché fossero trovati accordi con il M5S e con SEL, e se questo non si è realizzato è più per gli atteggiamenti degli altri che per volontà del Pd stesso.

Di certo, un Partito Democratico a fortissima caratterizzazione di sinistra, non rientra nei programmi di chi proviene dalla scuola cattolica e moderata.

Siamo dunque a un passaggio cruciale per il nostro paese. Evitando le tanto temute elezioni si è fatto sopravvivere un governo che appare come l’incubatrice di nuovi equilibri politici.

Il discorso di Letta in parlamento, le dichiarazioni di voto, l’aria che si respira nei corridoi del Palazzo, tutto lascia pensare che si è protesi verso qualcosa di diverso; il problema è che ancora nessuno, né tantomeno il Paese, ha compreso se si tratta di un qualcosa di nuovo o di una riedizione d’esperienze passate, mai veramente dimenticate.

Comunque i più ritengono l’epopea berlusconiana giunta al rush finale e vorrebbero prepararsi a colmare il vuoto che sarà lasciato. Ma, valutando oggettivamente la vicenda del Cavaliere, c’è da rilevare come questa sia stata segnata da fattori esterni ai normali canali democratici e pertanto rimane l’incognita di come reagirà l’elettorato e, quindi, del come si muoveranno le lobby che hanno peso e carattere all’interno delle istituzioni e della grande finanza.

Ed è a questo punto che i più maliziosi cominciano a sollevare un interrogativo: le elezioni sono state evitate per paura delle reazioni dei mercati e dell’Europa o perché la volontà popolare avrebbe potuto far saltare ancora il banco e con essa la nascitura Araba Fenicia?

Edoardo Barra

 

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