RENZI, DA ROTTAMATORE A CARROZZIERE?
Set 9th, 2013 | Di cc | Categoria: Politica
di Elia Fiorillo
Da rottamatore a carrozziere? Può essere. Dopo aver predicato con gran convincimento la necessità di spedire dallo sfasciacarrozze molti politici nostrani, anche del suo partito, Matteo Renzi si potrebbe ritrovare nelle vesti di chi le vecchie automobili le ritocca. Al sindaco di Firenze gli sarà un po’ difficile condannare all’oblio quei politici del Pd che riteneva obsoleti. Dirigenti, come lui dichiara, incapaci anche di vincere le “elezioni condominiali”, che però ultimamente sono saltati sul suo carro. Si sa che l’odore di successo fa miracoli.
Tutto sembra andare nella direzione della vittoria del Fonzie della politica nostrana al prossimo congresso del Pd. Ma forse è il caso che il successore in pectore di Pier Luigi Bersani analizzi con molta attenzione l’esperienza del suo predecessore, ma anche quella di Veltroni, per disegnare un partito sganciato dall’inquietudine perenne verso il Cavaliere. Una formazione politica che abbia un progetto non immaginifico, solo a fini elettorali, per la guida del Paese. E, soprattutto, non punti tutto sugli effetti pirotecnici mediatici per provare a battere gli avversari. I tempi sono cambiati. L’Italia sta scivolando verso un decadimento inesorabile, pur avendo potenzialità e mezzi naturali e d’ingegno per voltare pagina. Ma c’è bisogno d’idee chiare, non populiste ed ammiccanti, se si vuol vincere, non solamente il congresso del Pd, ma le sfide che il Paese si trova ad affrontare.
Di consensi che contano Renzi ne ha parecchi, non tutti graditi in verità. Da Veltroni a Franceschini, all’ex sindaco di Napoli ed ex governatore della Campania, Antonio Bassolino. I sondaggi più o meno riservati gli attribuiscono un secco 78 per cento. Enrico Letta, attuale presidente del Consiglio, se Berlusconi non saboterà il Governo, potrebbe rimanere al suo posto anche fino al 2015. Non potrà non sostenere alla segreteria il sindaco di Firenze né, per opportunità istituzionale, candidarsi alla guida del partito di cui era vice segretario e, quindi, alla leadership dell’Esecutivo che verrà. Un nonsense, perché se non saranno divisi i due ruoli, quello di segretario e di presidente del Consiglio, una volta designato il leader maximo del Pd, restare alla guida del Paese significherebbe entrare in conflitto formale con la maggioranza che ha votato il nuovo segretario dei democratici. Un pasticcio che potrebbe portare ad un braccio di ferro esiziale per il partito, ma non solo. Una cosa simile avvenne tra Prodi e Veltroni un po’ di anni addietro. Il risultato fu che il professore dovette sgomberare da Palazzo Chigi a tutto vantaggio dell’odiato Berlusconi, in questo caso diventato Caimano, rettile predatore, per colpe altrui.
Ha ragione “baffino”, Massimo D’Alema, primo presidente del Consiglio ex comunista, quando afferma che una cosa è votare per la segreteria del Pd, un’altra per la presidenza del Consiglio. Calcoli congressuali per far spazio al suo candidato alla segreteria, Giovanni Cuperlo? Forse, ma una cosa è la direzione del partito, che va votata dai soci, un’altra è quella del Governo. Sullo stesso argomento del doppio ruolo è intervenuto il “traghettatore” ufficiale, Guglielmo Epifani. Per l’ex segretario generale della Cgil ci sarebbe bisogno di “un segretario ad alto livello che segua il partito, che può essere anche candidato a Palazzo Chigi, ma senza che vi sia un automatismo”. Un’ipotesi di percorso ragionevole, che potrebbe tenere in campo senza palesi conflitti sia Letta che Renzi. Il problema è tutto qui.
Correnti – leggi anche fondazioni – o non correnti? Partito leggero con un forte leader che tutto risolve? Bisogna capire che significato si dà al termine leggero. Cancellare una burocrazia che conserva se stessa ed immobilizza a suo vantaggio tutto e di più, è cosa “buona e giusta”. Attenzione però a sostituirla con i vari “cerchi magici” intorno al Capo, che sempre burocrazia è, solo un po’ più concentrata ed al servizio di un solo uomo. Certo, sono importanti i mass media per avere consenso, ma di più la presenza capillare sul territorio non dei proconsoli del leader-padrone, che fanno finta di tenere in vita le vecchie sezioni, ma che evitano in tutti i modi il confronto con la base per non avere brutte sorprese. Vanno bene pure le primarie una volta tanto, il confronto vero però con la gente avviene appunto nelle “cellule” di base. Queste vanno rilanciate perché rappresentano, se funzionano, delle “primarie” a getto continuo, eterne.
Il 20 e 21 di settembre si riunirà l’Assemblea nazionale dei democratici per definire la data del Congresso con gli adempimenti conseguenti. Ci auguriamo che si parlerà anche di questi argomenti. E vinca il migliore.