Omofollia, cattofobia e clericalismo: malattie infantili della post-modernità. Cattolica e anticattolica
Ago 10th, 2013 | Di cc | Categoria: Religione
Basterebbe un po’ di memoria storica per tentare di mitigare certe aggressive lobby gay che da una parte tuonano contro la omofobia, dall’altra presentano l’irriverente cattolicofobia come un sacro diritto [vedere qui e qui]. Per esempio: quanti sacerdoti, in anni passati e recenti, hanno accolto nelle proprie case canoniche o nelle istituzioni ecclesiastiche da loro dirette giovani omosessuali sbattuti fuori dalle mura domestiche dalla sera alla mattina da padri che volevano un figlio macho duro e puro attraverso il quale ambivano riprodurre se stessi, o attraverso il quale avrebbero voluto essere i fascinosi latin lover che nella loro vita non erano mai stati? Quanti preti sono andati — incluso il sottoscritto — a brutto muso davanti a certi padri dicendo: «Adesso tu riprendi immediatamente tuo figlio in casa». E qualcuno di noi, agitando i pugni in aria davanti al genitore, ha aggiunto in tono poco conciliante: «Altrimenti dovrai vedertela con me. E sappi che a dartele saremo in due: prima le prenderai dall’uomo, poi le buschi dal prete, come diceva il mitico parroco di Brescello» [vedere qui].
Quanti giovani, attraverso le grate di un confessionale, o attraverso rasserenanti colloqui col direttore spirituale, sono stati dissuasi dal non compiere vere e proprie follie, per esempio suicidi?
Parlo a ragion veduta, perché dietro i buchi di quella grata e nei colloqui di direzione spirituale c’eravamo noi sacerdoti, non c’erano gli spensierati promotori del gay pride. Non c’erano i lobbisti politici di certe lobby gay che pensano di risolvere certi drammi umani interiori con un “liberante” grido: “gay è bello!”. A onor del vero non c’erano neppure certi monsignoroni che pontificano senza pena di cristiana prudenza su qualche giornale della destra italiana più becera, dando la deleteria impressione di essere solo “i vescovi di una parte”, anziché i padri e i pastori di tutto il popolo di Dio. Addirittura, se qualcuno poi glielo fa notare, si irritano e replicano di essere stati fraintesi, affinché in tal modo sia maggiormente fomentata la polemica scientemente innescata, tutta quanta di bassa lega politica e dagli stessi creata a mala arte, all’incosciente scopo di attirare su di sé l’attenzione mediatica, mossi dalla certezza che il mondo sia popolato di beoti incapaci di comprendere certi giochi e trucchi rasenti la puerilità d’asilo d’infanzia.
Per molti giovani e meno giovani che hanno impulsi di libido verso il proprio stesso sesso, gay non è poi così bello come spesso si dice tra lobby politiche e carnevalate inscenate da ragazzacci mascherati da «troie in calore», come spiega in un suo amareggiato commento video Enrico, giovane omosessuale sconsolato da simili sceneggiate controproducenti [vedere qui e qui]. E certi disagi interiori costituiscono per noi pastori d’anime problemi di natura umana e pastorale da affrontare sempre con prudenza e con la massima delicatezza. Cosa questa chiara da sempre a noi sacerdoti, perché i drammi dell’uomo non sono — né mai dovrebbero essere mutati — in pretesti di lotta politica, ciò vale sia per i lobbisti gay che per quei certi monsignoroni che pensano di vivere sempre nella surreale italietta degli anni Cinquanta, ignari di quanto la società sia radicalmente cambiata e di quanto la politica e i cittadini, inclusi i nostri fedeli cattolici, siano giustamente gelosi dei sani principi della laicità dello Stato, incluso il sottoscritto prete.