E’ ora di fare gli interessi dell’Italia

Giu 26th, 2013 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale

Che cosa abbiamo chiesto, per l’ennesima volta, ad Enrico Letta? Che faccia gli interessi dell’Italia in Europa, visto che tutti gli altri, Germania in testa, fanno i loro. Questo deve valere nel vertice di domani e dopodomani, dedicato al lavoro (vogliamo vedere impegni veri, soprattutto economici, non pacche sulle spalle), e nell’insieme dei rapporti con Bruxelles e con Berlino.

 

Citiamo il Sole 24 Ore: “L’Italia è un paese fondatore che nel decennio 2002-2011 ha erogato al bilancio comunitario 32,28 miliardi di euro più di quanti ne abbia ricevuti. Abbiamo avuto un saldo negativo di 3,2 miliardi annui ovvero circa lo 0,22% del nostro Pil medio annuo. Appena sotto la Germania e sopra la Francia. La Spagna ha avuto 50 miliardi più di quanti ne abbia dati, lo 0,6 % del suo Pil medio annuo“.

 

Non solo. Siamo tra i pochissimi paesi europei ad aver rispettato il tetto di deficit del 3%, e non possiamo sentirci dire che non basta. Diversamente, come ha proposto Silvio Berlusconi, dobbiamo dire ai partner che siamo un paese sovrano. Francia e Spagna hanno ottenuto ampie deroghe, con conti pubblici nettamente peggiori dei nostri: Parigi, ad esempio, non ha mai registrato un avanzo primario al netto degli interessi, cosa che noi facciamo da anni. Quanto alla Germania, Angela Merkel in un discorso elettorale di ieri ha promesso sgravi di tasse: l’austerità vale per gli altri, non per gli elettori tedeschi. Il fisco è un argomento che rientra nella sfera delle sovranità nazionali, ma chissà perché quando noi ci occupiamo noi delle nostre tasse c’è sempre qualcuno che alza il dito minaccioso e viene a sbirciare nei fatti nostri.

 

Questo per l’Europa. Ma in generale nessuno pensi che dopo la sentenza di Milano siamo più deboli: non lo siamo né nel governo né nella società italiana. Non c’è nessuna magistratura che possa sconfiggere una grande forza elettorale di 9 milioni di persone, dunque maggioritaria, un’idea d’Italia che era e resterà alternativa e vincente sulla sinistra. La sentenza ci rafforza perché moltiplica la nostra determinazione ad ottenere ciò che vogliamo: meno tasse e più lavoro, meno riverenze alla Germania e alla speculazione dei mercati. E perché se c’è chi mina la pacificazione nazionale, resta comunque il nostro interesse politico. Che oggi è appunto più forte: non eravamo disposti, e oggi lo siamo ancora meno, ad essere donatori di sangue per larghe intese che evidentemente valgono solo a senso unico.

 

 

 

Quindi se accettiamo di rimanere nell’esecutivo è solo per portare a casa il nostro programma:

·        basta con l’Imu

·        stop all’aumento dell’Iva

·        basta con uno stato di polizia tributaria

·        pacchetto-lavoro vero e non rappezzato occasionalmente

·        un modo di stare in Europa degno appunto di un paese come l’Italia.

 

Su Imu ed Iva abbiamo già detto tutto. La tassa sulla prima casa deve sparire, l’aumento dell’imposta sui consumi non ci deve essere, ed Enrico Letta non deve mentire su chi l’ha voluta (fu Mario Monti, non Silvio Berlusconi). Quanto al lavoro, abbiamo già ottenuto la detassazione delle assunzioni di giovani a contratto pieno, ora va ripristinata la flessibilità che era nella riforma Biagi (la nostra riforma) per i contratti a termine, reintrodotti gli incentivi alla produttività per tutti i dipendenti. Non ci interessano i riti concertativi che non hanno mai portato a nulla di buono.

 

Tornando all’Unione europea, dobbiamo chiedere non frasi di circostanza e pacche sulle spalle, ma il ritorno economico coerente con la nostra presenza: a cominciare dall’esclusione dal deficit degli investimenti in infrastrutture di rilevanza europea, fino alla libertà di fare le riforme fiscali e del lavoro. C’è un precedente illustre in materia: indovinate di chi? Della Germania, che per finanziare le tasse e le riforme di Gerhard Schroeder nei primi anni Duemila sforò deliberatamente il tetto del 3% di deficit. Nel 2004 la Commissione europea chiuse la procedura d’infrazione contro Berlino (e Parigi), e l’Italia fu d’accordo, riconoscendo che erano state finanziate in deficit riforme necessarie.

 

Non abbiamo gli stessi diritti, oltre ai doveri, di tedeschi e francesi? Questo, oltre al lavoro e alla riduzione delle tasse, chiediamo dunque al governo di Enrico Letta. Per questo restiamo al governo. Con più forza di prima, e decisi più di prima ad esercitarla. Questo è ciò che pretendiamo, nell’interesse non nostro ma dell’Italia. Aspettiamo risposte. Concrete.

Lascia un commento

Devi essere Autenticato per scrivere un commento