Lavoro e democrazia
Giu 14th, 2013 | Di cc | Categoria: Politica
Il desolante voto alle ultime amministrative, ha dimostrato come l’Italia sia ormai in preda ad una pericolosa deriva democratica. Non ci riferiamo certo a rischi di golpe o cose simili, ma a qualcosa di ancora più preoccupante: l’abbandono della politica da parte della gente. Abbandono che non significa solo il disinteressamento per la querelle politica ma – peggio ancora – la rinuncia a esprimere la propria sovranità popolare.
Tutto questo accompagnato, e qui concordiamo appieno con il Presidente di Confindustria Squinzi, da una miope politica di rigore imposta da un’Europa che contribuisce a creare una situazione di alta tensione sociale.
Il problema è tutto in questi due elementi. Da un lato il volontario abbandono delle prerogative democratiche con la conseguente delegittimazione del potere costituito in quanto non rappresentativo della maggioranza del paese (ed è un calcolo matematico), dall’altro la disperazione di chi intorno a se non vede sbocchi di sopravvivenza per il futuro.
Un mix terribile pronto a produrre improvvise esplosioni che sino a quando sono rappresentate da atti drammatici di singoli individui rimangono nell’alveo dei gesti disperati, ma nel momento in cui assumono caratteristiche di massa lasciano sulla pelle del Paese ferite profonde e terribili.
L’attuale governo è obbligato a fare i conti con questa realtà.
La presa di posizione del Presidente Letta quando afferma che il risultato elettorale rafforza, di fatto, le grandi intese è un esempio di realismo politico.
Lo stesso realismo che aveva mostrato Berlusconi quando si è reso conto, subito dopo il risultato delle politiche, che l’unica soluzione per cercare di costruire qualcosa di positivo per il futuro era trovare un accordo per un governo di Unità Nazionale.
Chi non condivide questa linea o soffre di una limitata visione politica o è in malafede.
Adesso però occorre passare dalle parole ai fatti. Gli editti, le buone intenzioni, devono trasformarsi in azioni concrete, decise e anche coraggiose.
Come ha detto Napolitano rivolgendosi ai partiti, non è il momento di calcoli meschini.
Se qualcuno ha tentazioni del genere, sappia che non vi sono spazi di ritorno.
La compagine governativa, o meglio tutta la classe politica, deve dare il meglio di se, cercare soluzioni che spingano l’economia verso una ripresa in tempi ragionevolmente brevi, fornire correttivi per invertire il trend dei tassi di disoccupazione e incentivare le aziende.
I mezzi ci sono, occorre liberarsi dalla paura del fare.
Il ministro Lupi pare uno tra i più attivi in questo senso. Al Consiglio Europeo dei Trasporti, ad esempio, ha fornito un elemento di estremo interesse quando ha dichiarato che “gli investimenti per le infrastrutture non vanno conteggiati nel computo del deficit perché devono rientrare tra gli investimenti produttivi previsti dalla golden rule”.
È, infatti, fondamentale per far ripartire il Paese e ridare fiducia alla gente liberarsi dalle strette di una morsa determinata dalla politica del rigore che impedisce la crescita.
Questo vale per le infrastrutture e per tutti i segmenti produttivi.
La stessa riforma del Fisco, dell’intero sistema di tassazione, è indispensabile per stimolare in maniera decisa i mercati e i consumi. L’aumento dell’IVA in questo momento rappresenterebbe un’ulteriore zavorra sulle spalle di chi già è al limite delle proprie forze. C’è una regola determinata dai fatti: minore è il potere d’acquisto, minori sono i consumi, minore è la produzione.
Come pure è assolutamente necessario prevedere una detassazione per le imprese che assumono a tempo indeterminato. Allo stato dei fatti non fare questo significa fallire l’obiettivo di dare una svolta reale al mercato del lavoro, altro che ricerca di accordi con i Sindacati.
E infine occorre mettere mano con decisione alla semplificazione burocratica che stritola ogni iniziativa e limita la realizzazione di qualsivoglia progetto produttivo.
C’è un tempo per ogni cosa. Adesso per i responsabili politici è il momento d’avere coraggio e andare avanti, fare senza esitazioni i conti con la realtà, consentire alla Nazione di riprendere tra le mani il proprio destino, dare a tutti la prova di aver compreso la lezione muovendosi nell’unica direzione possibile per evitare disastri sociali, quella della crescita e dello sviluppo.
Edoardo Barra