La strada obbligata.

Apr 2nd, 2013 | Di cc | Categoria: Politica

Quello che avevamo prospettato prima che fosse affidato l’incarico a Bersani si è verificato.

Preso atto dell’impossibilità di formare un governo per numeri e convinzioni, cosa non difficile da immaginare, il Presidente ha sfoderato tutta la sua esperienza e scaltrezza politica con una decisione per nulla scontata.

Non le dimissioni come più di un qualcuno ventilava, bensì la creazione di due organismi di “saggi” che verifichino i temi sui quali è possibile trovare una convergenza politica tra le parti.

Una sorta di scialuppa di salvataggio che consenta al Pd di liberarsi dal rigido steccato in cui Bersani lo ha rinchiuso. Recinto fatto di slogan e veti di principio cementati dalla paura di perdere ulteriori consensi e la propria leadership a favore del più giovane e aperto sindaco di Firenze.

Napolitano non è tipo da improvvisazioni. Prima di tirar fuori dal cappello il coniglio, anzi i dieci coniglietti giudiziosi, ha usato il bilancino e tutto il proprio peso istituzionale.

Le consultazioni effettuate dopo il preannunciato fallimento di Bersani gli sono servite per cercare di trovare la quadra sull’idea che aveva maturato.

Le dichiarazioni di Berlusconi, Letta e Maroni dopo il secondo incontro con Napolitano, interpretate con il senno del poi, erano chiaramente indirizzate a dare spazio a una proposta loro prospettata se non nei particolari, almeno a grandi linee.

In un primo tempo tutti gli schieramenti hanno fatto buon viso a cattivo gioco compreso “Grillo-niet” per poi prenderne cautamente le distanze quando si sono resi conto che la decisione potrebbe rappresentare un pericoloso, fallimentare, coinvolgimento in vista di una prossima tornata elettorale.

Il lavoro di cesello del Presidente, che ha consentito di disegnare un quadro inedito e al limite della carta costituzionale, ha comunque prodotto il congelamento di una crisi che rischiava di avvinghiarsi su se stessa. 

Infatti, considerata l’impossibilità del Capo dello Stato di sciogliere le Camere nell’ultimo semestre di settennato e l’improbabile convergenza sul nome del suo successore in caso di dimissioni, ha optato per la scelta più democristiana possibile: creare un organismo che consenta di trascinare il problema senza dare l’impressione dell’immobilismo.

Anzi, se i dieci “coniglietti giudiziosi” riuscissero a individuare il modo che consenta al Pd di convivere in un governo con il Pdl senza obbligare al suicidio politico il segretario, sarebbe un successo insperato e Napolitano, con la sua trovata, passerebbe alla storia come il più abile diplomatico Presidente della storia d’Italia.

Si, perché siamo in un momento delicatissimo per il nostro Paese. L’ingovernabilità, di fatto imposta dalla linea del Pd, se non risolta con urgenza, avvia la nostra nazione verso un disastro di proporzioni greche.

Non esistono alternative. Il governo Monti seppure formalmente in carica non rappresenta certo il Paese e, visto il fermo atteggiamento dei grillini nel non voler appoggiare nessun schieramento, l’unica soluzione è un governo di grandi intese. Voglia o no Bersani altro sistema che eviti il caos non c’è!

Ed ora, mentre il Pd pur senza offrire alternative realistiche mostra scetticismo verso il percorso indicato da Napolitano, il Pdl rilancia chiedendo un governo di legislatura conscio d’avere di nuovo il pallino del gioco in mano forte della sola proposta sensata lanciata dopo le elezioni: quella di un governo con responsabilità condivise tra Pd, Pdl e lista Monti.

In pratica la stessa strada auspicata dal Colle, l’unica in questo momento possibile per far uscire l’Italia dal pantano.

Edoardo Barra

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