Il rebus del Presidente

Mar 13th, 2013 | Di cc | Categoria: Politica

A più di due settimane dal voto è ormai chiaro che si è arrivati a un crocevia fondamentale per il Paese. Dall’ultima tornata elettorale sono scaturite indicazioni precise che se ignorate possono condurre al caos e a rischi di portata enorme.

La seconda Repubblica, nata sulle macerie di Tangentopoli e delle monetine lanciate, è giunta definitivamente al capolinea, lasciando sul campo protagonisti che si erano illusi di essere prime donne senza averne struttura e classe, eppure all’orizzonte nulla di veramente nuovo e costruttivo appare.

Se non ci fosse stato Grillo a dar voce all’incazzatura della gente, avremmo già assistito a qualcosa di talmente grave che le istituzioni stesse dovrebbero essere grate all’ex comico genovese per averlo evitato.

Infatti, gran parte del 25 e passa per cento dei voti che il M5S ha raccolto, con molte probabilità, si sarebbe tradotto in un’astensione dal voto che, unita a quella registrata, avrebbe messo in crisi la credibilità stessa del sistema.

A parte l’arrabbiata ma comunque confusa idea grillina, le formazioni che avevano la presunzione di presentarsi come nuove proposte sono tutte miseramente fallite a partire da quella montiana (quanti se ne ricordano il nome?) rivelatasi un “de profundis” per personaggi che fino a ieri rivestivano qualche rilevanza, e per una politica suddita di certe idee europeiste di cui la gente non sente né il bisogno né tantomeno comprende la necessità.

Il partito dei giustizialisti, dopo il triste tramonto dipietrino pensava di aver trovato una nuova e più viva espressione in Rivoluzione Civile, ma anch’essa è naufragata sotto il peso di un poco credibile modo di far politica a suon di supponenza e mal celato tintinnio di manette.

Quello che invece doveva essere il trionfatore annunciato di queste elezioni, il Partito Democratico, ha avuto modo di verificare brutalmente come l’Italia non è e mai sarà, Bersani o Renzi che sia, una nazione a forte connotazione di sinistra.

Infatti, nonostante il PdL abbia subito un deciso ridimensionamento, il 30% degli italiani continua a dar credito a Berlusconi e a condividere le idee che la sua coalizione rappresenta. Il risultato ottenuto è quindi stato salutato come un successo e, forse, sotto certi aspetti lo è per davvero.

Piaccia o no i numeri sono questi e occorre tenerne conto.

Se poi qualcuno immagina che solo una parte sia sempre e comunque nel giusto ed è giustificabile e auspicabile ogni mezzo per abbattere l’avversario invece di confrontarsi con programmi, idee e il resto del paese… beh questo ha poco a che vedere con la democrazia.

Tra l’altro, in questo scenario, c’è un altro malato grave che va subito assistito. Il sistema bipolare a cui tutti hanno guardato come la soluzione dei problemi politici è destinato miseramente a fallire se non si mette mano al più presto a correttivi che riportino la politica più vicina alla gente. Nel tentativo di scimmiottare altri sistemi, si è voluto gestire le cose in nome di un’utopistica logica abolendo, tra l’altro, le preferenze per poi trovarci al cospetto del caos e dell’ingovernabilità.

Sì, perché oggi questa è la realtà.

Il Presidente Napolitano, navigato uomo di partito e profondo conoscitore dei labirinti della politica, sa bene che chiunque riceverà l’incarico è destinato a fallire se pensa di trovare da solo una maggioranza che lo garantisca da sorprese.

Molto più facile e auspicabile per il paese, sarebbe un governo di larghe intese tra il PD e il PDL con Grillo a svolgere il più naturale ruolo per il suo movimento di rigido controllore.

Questo consentirebbe di soffermarsi su un programma di pochi punti tra cui la rivisitazione della legge elettorale e le misure per allontanarsi dalle politiche Merkeliane e cominciare a intraprendere la via della ripresa per poi lasciare, nel giro di uno o due anni, la parola nuovamente agli elettori.

Coalizioni, partiti e movimenti, nel frattempo, dovrebbero sentire forte il dovere di rigenerarsi offrendo proposte serie e concrete, ognuno dal suo punto di vista, ai problemi quotidiani della gente.

E’ chiaro come tale strada risulti la più difficile da perseguire sebbene sia la più logica e augurabile.

Bersani teme che l’abbraccio, seppure a tempo limitato, di Berlusconi lo stritoli definitivamente non tanto per quello che il Cavaliere potrebbe pretendere, ma soprattutto per i risvolti che possono derivare dalla battaglia ingaggiata dall’imputato italiano per eccellenza con parte della magistratura e che ormai si sta spingendo verso i limiti estremi della democrazia.

Grillo e il suo movimento sono incapaci al momento d’indicare una soluzione politica ma potrebbero trovare conveniente continuare a svolgere il ruolo di fustigatori fungendo da garanzia per un processo teso a far nascere un paese proiettato al domani.

Siamo quindi a un punto cruciale dove le mosse del Presidente saranno fondamentali per risolvere il rebus uscito dalle urne.

Ma Napolitano dovrà duramente impegnarsi a convincere tutti della necessità - ormai inderogabile - di superare gli interessi di parte, limitare le controproducenti tentazioni giustizialistiche e soprattutto a far politica per il bene del paese.

Se dovesse riuscire, segnerà il suo mandato in maniera indelebile nella storia della Repubblica consentendo al Paese di guardare al futuro con ottimismo.

Un fallimento invece porterebbe inevitabilmente ad affrontare situazioni non sostenibili per l’economia, per la gente e, di conseguenza, per la tenuta democratica.

Edoardo Barra

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