Per la persona umana la vita sociale non è una qualcosa di secondario, ma è richiesta dalla

Gen 31st, 2013 | Di cc | Categoria: Religione

Dio non ha creato l’uomo come «essere solitario» ma ha voluto che fosse un «essere sociale»

(cfr.

Gn 1, 27; 2, 18.20.23). Per la persona umana la vita sociale non è qualcosa di secondario,

ma è dovuta a una importante dimensione della sua natura: la socialità. L’essere umano può

crescere e adempiere la propria vocazione solo in unione con gli altri

1.

La socialità naturale diventa più evidente alla luce della fede, in quanto manifesta una certa

somiglianza fra la vita intima della Santissima Trinità e la comunione (comune unione,

partecipazione) che si deve instaurare tra gli uomini; tutti siamo stati ugualmente redenti da

Cristo e siamo chiamati ad un unico e medesimo fine

2. La Rivelazione ci fa vedere che la vita di

relazione dell’uomo deve essere aperta a tutti, nessuno escluso; essa si deve caratterizzare per

una completa gratuità, perché nel prossimo, più che un proprio simile, si vede l’immagine viva di

Dio, e perciò è necessario essere disposti a darsi fino alle estreme conseguenze

3.

L’uomo, pertanto, «è chiamato ad esistere “per” gli altri, a diventare un dono»

4, anche se non si

limiterà a questo; è chiamato ad esistere non solo “con” gli altri o “insieme” agli altri, ma “per”

gli altri, e questo significa servire, amare. La libertà umana «si degrada quando egli stesso,

cedendo alle troppe facilità della vita, si chiude in una specie di aurea solitudine»

5.

La dimensione naturale e la dimensione soprannaturale della socialità non significano, tuttavia,

che le relazioni sociali si possano limitare a pura spontaneità: molte qualità naturali dell’essere

umano (per esempio, il linguaggio) richiedono formazione e pratica per una loro corretta

realizzazione. Lo stesso accade con la socialità: è necessario un impegno personale e collettivo

per perfezionarla

6.

La socialità non si limita agli aspetti politici e di scambi materiali; sono ancora più importanti le

relazioni basate sugli aspetti più propriamente umani: anche per ciò che riguarda l’ambito sociale

si deve mettere in primo piano gli elementi spirituali

7. Ecco perché la reale possibilità di

edificare una società degna della persona consiste nella crescita interiore. La storia dell’umanità

non è mossa da un determinismo impersonale, ma dalla interazione tra le generazioni di uomini, i

cui atti liberi costruiscono l’ordine sociale

8. Tutto ciò mette in evidenza la necessità di dare

rilievo particolare ai valori spirituali e alle relazioni disinteressate, che nascono dalla

disposizione all’autodonazione, ecc. E questo tanto come regola di condotta personale quanto

come schema organizzativo della società.

La socialità deve fare i conti con un’altra caratteristica degli uomini: la loro radicale eguaglianza

e la diversità delle caratteristiche personali. Tutti gli uomini posseggono la stessa natura e la

stessa origine, tutti sono stati redenti da Cristo e sono chiamati a partecipare alla medesima

beatitudine divina: «Tutti, quindi, godono di una eguale dignità» (

Catechismo, 1934). Accanto a

questa eguaglianza esistono anche alcune disuguaglianze che, se non sono cattive, devono essere

accettate e valorizzate: «Tali differenze rientrano nel piano di Dio, il quale vuole che ciascuno

riceva dagli altri ciò di cui ha bisogno, e che coloro che hanno “talenti” particolari ne

comunichino i benefici a coloro che ne hanno bisogno» (

Catechismo, 1937).

2. La società

La socialità umana si concreta attraverso la creazione di forme associative con lo scopo di

raggiungere diverse finalità: «Una

società è un insieme di persone legate in modo organico da un

principio di unità che supera ognuna di loro» (

Catechismo, 1880).

2

I loro obiettivi sono molteplici, come molteplici sono i motivi i di legame tra gli uomini: affinità,

razza, lingua, patria, cultura, ecc. Esiste perciò un’ampia gamma di istituzioni e associazioni, che

possono essere costituite da poche persone, come la famiglia, o da un numero sempre maggiore

man mano che si passa dalle associazioni alla città, allo Stato e alla Comunità internazionale.

Certe società, quali la famiglia e la comunità civile, derivano direttamente dalla natura dell’uomo

e sono necessarie; esse possono anche possedere elementi culturali che perfezionano la natura

umana. Altre nascono dalla libera iniziativa e rispondono a ciò che si potrebbe chiamare

“inculturazione” delle inclinazioni naturali delle persone e che, come tali, devono essere

incoraggiate (cfr.

Catechismo, 1882; Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 151).

Lo stretto legame che esiste tra la persona e la vita sociale spiega l’enorme influenza della

società nello sviluppo positivo o al danneggiamento dell’uomo, come conseguenza di una

organizzazione sociale difettosa. Il comportamento delle persone dipende, in qualche modo,

dalla società che è prodotta della loro stessa cultura. Non si può mai ridurre l’essere umano a un

elemento anonimo della società

9, pertanto è bene ricordare che il pieno sviluppo della persona e

il progresso sociale si influenzano reciprocamente

10: tra la dimensione personale e la dimensione

sociale dell’uomo non c’è contrapposizione ma complementarietà; o meglio, sono due

dimensioni in intima connessione che si influenzano a vicenda.

A motivo di ciò, a causa dei peccati degli uomini, si arrivano a generare nella società alcune

strutture ingiuste o

strutture di peccato11. Queste strutture si oppongono al retto ordine della

società, rendono più difficile la pratica delle virtù e facilitano i peccati personali, ad esempio

contro la giustizia, la carità, la castità, ecc. Possono essere consuetudini immorali generalizzate

(come la corruzione nella politica e nell’economica), leggi ingiuste (come quelle che permettono

l’aborto), ecc.

12. Le strutture di peccato debbono essere eliminate e sostituite da strutture giuste.

Un mezzo di capitale importanza per smontare le strutture ingiuste e cristianizzare le relazioni

professionali e l’intera società è l’impegno di vivere con coerenza le norme di morale

professionale; del resto, tale impegno è condizione necessaria per santificarsi nel lavoro

professionale.

3. L’autorità

13

«Ogni comunità umana ha bisogno di una autorità che la regga. Tale autorità trova il proprio

fondamento nella natura umana. È necessaria all’unità della comunità civica. Suo compito è

quello di assicurare, per quanto possibile, il bene comune della società» (

Catechismo, 1898).

Dato che la socialità è propria della natura umana, si deve concludere che ogni autorità legittima

emana da Dio, in quanto Autore della natura (cfr.

Rm 13, 1; Catechismo, 1899); però «la

determinazione dei regimi politici e la designazione dei governanti sono lasciate alla libera

decisione dei cittadini»

14.

La legittimità morale dell’autorità non procede da se stessa: essa è al servizio di Dio (cfr.

Rm 13,

4) in ordine al bene comune

15. Quelli che sono costituiti come autorità devono esercitarla come

servizio, praticare la giustizia distributiva, evitare il favoritismo e ogni interesse personale, non

comportarsi in maniera dispotica (cfr.

Catechismo, 1902, 2235 e 2236).

«Se la pubblica autorità può talvolta rinunciare a reprimere quanto provocherebbe, se proibito,

un danno più grave (cfr. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 96, a.2), essa però

non può mai accettare di legittimare, come diritto dei singoli – anche se questi fossero la

maggioranza dei componenti la società -, l’offesa inferta ad altre persone attraverso il

misconoscimento di un loro diritto così fondamentale come quello della vita»

16.

Per ciò che riguarda i sistemi politici, «la Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto

assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità

3

sia di eleggere che di controllare i propri governanti»

17. L’ordinamento democratico dello Stato

fa parte del bene comune; «ma il valore della democrazia sta o cade con i valori che essa incarna

e promuove: fondamentali e imprescindibili sono certamente la dignità di ogni persona umana, il

rispetto dei suoi diritti intangibili e inalienabili»

18. «Una democrazia senza valori si converte

facilmente in un totalitarismo»

19.

4. Il bene comune

Per bene comune si intende «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai

gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più

speditamente»

20. Il bene comune, dunque, non è solo di ordine materiale ma anche spirituale (tra

loro interconnessi) e comporta «

tre elementi essenziali» (Catechismo, 1906):

- rispettare la persona e la sua libertà

21;

- procurare il benessere sociale e lo sviluppo umano integrale

22;

- promuovere «la pace, cioè la stabilità e la sicurezza di un ordine giusto» (

Catechismo, 1909)23.

Tenendo presente la natura sociale dell’uomo, il bene di ciascuno è necessariamente in rapporto

con il bene comune e questo, a sua volta, non può essere orientato che al progresso delle singole

persone (cfr.

Catechismo, 1905 e 1912)24.

L’ambito del bene comune non è soltanto la città o la nazione. Esiste anche «un

bene comune

universale

. Questo richiede una organizzazione della comunità delle nazioni» (Catechismo,

1911).

5. La società e la dimensione trascendente della persona

La socialità riguarda tutte le caratteristiche della persona e, pertanto, la sua dimensione

trascendente. La profonda verità sull’uomo, da cui proviene la sua dignità, consiste nell’essere

immagine e somiglianza di Dio e nell’essere chiamato alla comunione con Lui

25; per questo «la

dimensione teologica risulta necessaria sia per interpretare che per risolvere gli attuali problemi

della convivenza umana»

26.

Questo spiega il pericolo di impostazioni sociali che trascurano la dimensione trascendente.

L’ateismo – nelle sue varie manifestazioni – è uno dei fenomeni più gravi del nostro tempo e le

sue conseguenze per la vita sociale

27 sono deleterie. Questo è particolarmente evidente

nell’attuale momento: man mano che si perdono le radici religiose della comunità, le relazioni tra

le sue componenti diventano più tese e violente, perché si debilita e addirittura si perde la forza

morale per agire bene

28.

Se si vuole che l’ordine sociale abbia una base stabile è necessario che abbia un fondamento

assoluto che non sia alla mercé delle opinioni mutevoli o dei giochi di potere. Solo Dio è

fondamento assoluto

29. Pertanto si deve evitare la separazione e, ancor più, la contrapposizione

tra la dimensione religiosa e quella sociale della persona umana

30; è necessario armonizzare

questi due ambiti della realtà dell’uomo. Esse si richiedono e si promuovono a vicenda: la ricerca

sincera di Dio (Cfr.

Catechismo, 358 e 1721; Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,

109) e la sollecitudine per il prossimo e per il mondo, che risulta rafforzata piuttosto che

indebolita dalla dimensione teocentrica

31.

Di conseguenza, per favorire lo sviluppo della società, è indispensabile la crescita spirituale: il

rinnovamento sociale si alimenta della vita spirituale. In effetti, l’incontro con Dio nell’orazione

introduce nel mondo una forza misteriosa che cambia i cuori, li muove alla conversione e per ciò

dà l’energia necessaria per trasformare le strutture sociali.

Impegnarsi nel cambiamento della società senza un impegno serio nel cambiamento personale, è

un miraggio che finisce in delusione e spesso produce un forti danni. Un “nuovo ordine sociale”

4

concreto, pertanto sempre migliorabile, richiede crescita delle competenze tecniche e scientifiche

necessarie

32, la formazione morale e la vita spirituale; da questo dipenderà il rinnovamento delle

istituzioni e delle strutture

33. Non va dimenticato che l’impegno per edificare un ordine sociale

più giusto nobilita la persona che lo promuove.

6. La partecipazione dei cattolici alla vita pubblica

Partecipare alla promozione del bene comune, ognuno secondo il posto che occupa e il ruolo che

svolge, è un dovere «inerente alla dignità della persona umana» (

Catechismo, 1913). «Non vi sia

alcuno che […] indulga a un’etica puramente individualistica»

34. Per questo, «i cittadini, per

quanto è possibile, devono prendere parte attiva alla

vita pubblica» (Catechismo, 1915)35.

Il diritto e il dovere di partecipare alla vita sociale deriva dal principio di sussidiarietà: «Una

società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine

inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità e

aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene

comune»

36.

Questa partecipazione si realizza innanzitutto con il compimento responsabile dei propri doveri

familiari e professionali (cfr.

Catechismo, 1914) e degli obblighi di giustizia legale (per esempio,

il pagamento delle imposte)

37. Si realizza anche mediante la pratica delle virtù, specialmente

della solidarietà.

Tenendo presente l’interdipendenza delle persone e dei gruppi umani, la partecipazione alla vita

pubblica deve farsi con uno spirito di solidarietà, inteso come impegno a favore degli altri

38. La

solidarietà deve essere fine e criterio per l’organizzazione della società, non come semplice

desiderio moralizzante, ma come esplicita e legittima esigenza dell’essere umano; in buona

misura, la pace del mondo dipende da essa (cfr. Catechismo, 1939 e 1941)

39. Anche se la

solidarietà riguarda tutti gli uomini, un motivo di urgenza fa sì che la solidarietà sia più

necessaria quanto più difficili sono le situazioni delle persone: si tratta dell’amore preferenziale

per chi ha bisogno (cfr.

Catechismo, 1932, 2443-2449; Compendio della Dottrina Sociale della

Chiesa

, 183-184).

In quanto cittadini, i fedeli hanno gli stessi diritti gli stessi doveri di coloro che si trovano in

identica situazione; e, in quanto cattolici, hanno una ulteriore responsabilità (cfr. Tt 3, 1-2; 1 Pt

2, 13-15)

40. Per questo, «i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla

“politica”»

41. Questa partecipazione « è particolarmente necessaria quando si tratta di scoprire, di

ideare mezzi per permeare delle esigenze della dottrina e della vita cristiana le realtà sociali,

politiche ed economiche» (

Catechismo, 899).

Visto che in non poche occasioni le leggi civili non sono conformi agli insegnamenti della

Chiesa, i cattolici debbono fare il possibile, collaborando con altri cittadini di buona volontà, per

rettificarle utilizzando i canali legittimi e vivendo la carità

42. In ogni caso, devono adeguare la

propria condotta alla dottrina cattolica, anche nel caso in cui ciò possa arrecare loro qualche

inconveniente, tenendo conto che si deve obbedire a Dio prima che agli uomini (cfr.

At 5, 29).

In sostanza, i cattolici devono esercitare i diritti civili e compiere i loro doveri; questo riguarda in

particolare i laici, che sono chiamati a santificare il mondo dall’interno, con iniziativa e

responsabilità, senza aspettarsi che sia la Gerarchia a risolvere i problemi con le autorità civili o

a proporre loro le soluzioni da adottare

43.

Enrique Colom

5

Bibliografia di base

Catechismo della Chiesa Cattolica

, 1877-1917; 1939-1942; 2234-2249.

Compendio della dottrina sociale della Chiesa

, 34-43; 149-151; 164-170; 541-574.

Letture raccomandate

San Josemaría, Omelia

Cristo Re, in È Gesù che passa, 179-187.

Congregazione per la Dottrina della Fede,

Nota dottrinale su alcune questioni riguardanti

l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica

, 24- XI-2002.

1

Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes, 24-25; Congregazione per la Dottrina della

Fede, Ist.

Libertatis conscientia, 32; Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 110.

2

«L’essere in comunione con Gesù Cristo ci coinvolge nel suo essere “per tutti”, ne fa il

nostro modo di essere. Egli ci impegna per gli altri, ma solo nella comunione con Lui diventa

possibile esserci veramente per gli altri, per l’insieme» (Benedetto XVI, Enc.

Spe salvi, 30-XI-

2007, 28).

3

Cfr. Giovanni Paolo II, Enc. Sollicitudo rei socialis, 30-XII-1987, 40.

4

Giovanni Paolo II, Lettera Ap. Mulieris dignitatem, 15-VIII-1988, 7.

5

Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes, 31.

6

«La socialità umana non sfocia automaticamente verso la comunione delle persone, verso il

dono di sé. A causa della superbia e dell’egoismo, l’uomo scopre in se stesso germi di asocialità,

di chiusura individualistica e di sopraffazione dell’altro» (

Compendio della Dottrina Sociale

della Chiesa

, 150).

7

Cfr. Benedetto XVI, Enc. Spe salvi, 24 a).

8

«La società storicamente esistente scaturisce dall’intrecciarsi delle libertà di tutte le persone

che in essa interagiscono, contribuendo, mediante le loro scelte, ad edificarla o ad impoverirla»

(

Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 163).

9

«Principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali è e deve essere la persona umana»

(Concilio Vaticano II, Cost.

Gaudium et spes, 25). Cfr. Pio XII, Radiomessaggio di Natale, 24-

XII-1942: AAS 35 (1943) 12; Giovanni XXIII,

Mater et Magistra: AAS 53 (1961) 453;

Catechismo

, 1881; Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 106.

10

Cfr. Giovanni Paolo II, Enc. Sollicitudo rei socialis, 38; Catechismo, 1888; Compendio della

Dottrina Sociale della Chiesa

, 62, 82 e 134.

11

Cfr. Giovanni Paolo II, Enc. Sollicitudo rei socialis, 36.

12

«La Chiesa, quando parla di situazioni di peccato o denuncia come peccati sociali certe

situazioni o certi comportamenti collettivi […], sa e proclama che tali casi di

peccato sociale

sono il frutto, l’accumulazione e la concentrazione di molti

peccati personali. Si tratta dei

personalissimi peccati di chi genera e favorisce l’iniquità o la sfrutta; di chi, potendo fare

qualcosa per evitare, o eliminare, o almeno limitare certi mali sociali, omette di farlo per pigrizia,

per paura e omertà, per mascherata complicità o per indifferenza; di chi cerca rifugio nella

presunta impossibilità di cambiare il mondo; e anche di chi pretende estraniarsi dalla fatica e dal

sacrificio», (Giovanni Paolo II, Es. Ap.

Reconciliatio et paenitentia, 2-XII-1984, 16).

13

Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Lumen gentium, 36; Giovanni Paolo II, Enc. Centesimus

annus

, 1-V-1991, 38; Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 570. Si tratta,

generalmente di un processo, non di un cambiamento istantaneo, che spesso comporta che i

6

fedeli dovranno convivere con queste strutture e sopportarne le conseguenze, senza lasciarsi

corrompere e senza cedere nell’impegno di cambiarle. È bene meditare le parole del Signore:

«Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno» (

Gv 17, 15).

14

Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes, 74. Cfr. Catechismo, 1901.

15

«L’autorità è esercitata legittimamente soltanto se ricerca il bene comune del gruppo

considerato e se, per conseguirlo, usa mezzi moralmente leciti. Se accade che i governanti

emanino leggi ingiuste o prendano misure contrarie all’ordine morale, tali disposizioni non sono

obbliganti per le coscienze» (

Catechismo, 1903).

16

Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium vitae, 25-III-1995, 71.

17

Giovanni Paolo II, Enc. Centesimus annus, 46.

18

Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium vitae, 70. Il Papa si riferisce in particolare al diritto di

ogni essere umano innocente alla vita, cui si oppongono le leggi sull’aborto.

19

Giovanni Paolo II, Enc. Centesimus annus, 46.

20

Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes, 26. Cfr. Catechismo, 1906.

21

«In nome del bene comune, i pubblici poteri sono tenuti a rispettare i diritti fondamentali ed

inalienabili della persona umana. […] In particolare, il bene comune consiste nelle condizioni

d’esercizio delle libertà naturali che sono indispensabili al pieno sviluppo della vocazione

umana» (

Catechismo, 1907).

22

L’autorità, rispettando il principio di sussidiarietà e promuovendo l’iniziativa privata, deve

procurare che ognuno disponga del necessario per condurre una vita decorosa: vitto, vestito,

salute, lavoro, educazione e cultura, informazione conveniente, ecc. (Cfr.

Catechismo, 1908 e

2211).

23

La pace non è semplice assenza della guerra. La pace non si può ottenere senza la tutela della

dignità delle persone e dei popoli (cfr.

Catechismo, 2304). La pace è la «tranquillità dell’ordine»

(Sant’Agostino,

De civitate Dei, 19, 13). È frutto della giustizia (cfr. Is 32, 17). L’autorità deve

garantire, con mezzi leciti, «la

sicurezza della società e quella dei suoi membri. Esso [il bene

comune] è l’origine del diritto alla legittima difesa personale e collettiva» (

Catechismo, 1909).

24

L’ordine sociale e il suo progresso debbono sempre lasciar prevalere il bene delle persone

[…] e non il contrario (Concilio Vaticano II, Cost.

Gaudium et spes, 26).

25

Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes, 19.

26

Giovanni Paolo II, Enc. Centesimus annus, 55. Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et

spes

, 11 e 41.

27

Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium vitae, 21-24. Giovanni Paolo II, dopo aver parlato

dell’errore delle ideologie, aggiungeva: «Se ci si domanda poi donde nasca quell’errata

concezione della natura della persona e della “soggettività” della società, bisogna rispondere che

la prima causa è l’ateismo. È nella risposta all’appello di Dio, contenuto nell’essere delle cose,

che l’uomo diventa consapevole della sua trascendente dignità. […] La negazione di Dio priva la

persona del suo fondamento e, di conseguenza, induce a riorganizzare l’ordine sociale

prescindendo dalla dignità e responsabilità della persona» (Giovanni Paolo II, Enc.

Centesimus

annus

, 13).

28

L’uomo può costruire la società e «organizzare la terra senza Dio, ma senza Dio egli non può

alla fine che organizzarla contro l’uomo. L’umanesimo esclusivo è un umanesimo inumano»

(Paolo VI, Enc.

Populorum progressio, 26-III-1967, 42). Cfr. Giovanni XXIII, Enc. Mater et

Magistra

: AAS 53 (1961) 452-453; Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes, 21; Benedetto

XVI, Enc.

Deus caritas est, 25-XII-2005, 42.

29

Cfr. Leone XIII, Enc. Diuturnum illud: Acta Leonis XIII, 2 (1882) 277 e 278; Pio XI, Enc.

Caritate Christi

: AAS 24 (1932) 183-184.

7

30

Alcuni vedono «nel cristianesimo soltanto un insieme di pratiche e atti di pietà, senza

coglierne il nesso con le situazioni della vita ordinaria, con l’urgenza di far fronte alle necessità

degli altri e di sforzarsi per eliminare le ingiustizie. […] Altri, invece, tendono a immaginare che

per poter essere umani bisogna mettere in sordina alcuni aspetti centrali del dogma cristiano, e

agiscono come se la vita di preghiera, il colloquio continuo con Dio, costituissero un’evasione

dalle proprie responsabilità e un abbandono del mondo. Dimenticano che fu proprio Gesù a

rivelarci fino a quali estremi debbono essere spinti l’amore e il servizio. Soltanto se cerchiamo di

capire il mistero dell’amore di Dio, il mistero dell’amore che arriva fino alla morte, saremo

capaci di darci totalmente agli altri senza lasciarci sopraffare dalle difficoltà o dall’indifferenza»

(San Josemaría,

È Gesù che passa, 98).

31

Esiste una «interazione necessaria tra amore di Dio e amore del prossimo […]. Se il contatto

con Dio manca del tutto nella mia vita, posso vedere nell’altro sempre soltanto l’altro e non

riesco a riconoscere in lui l’immagine divina. Se però nella mia vita tralascio completamente

l’attenzione per l’altro, volendo essere solamente “pio” e compiere i miei “doveri religiosi”,

allora s’inaridisce anche il rapporto con Dio» (Benedetto XVI, Enc.

Deus caritas est, 18). Cfr.

Giovanni Paolo II, Enc.

Evangelium vitae, 35-36; Compendio della Dottrina Sociale della

Chiesa

, 40.

32

«Qualsiasi lavoro professionale richiede una formazione previa e lo sforzo costante per

elevare il livello di questa preparazione e per aggiornarla in rapporto alle circostanze sempre

nuove. Questa esigenza rappresenta un dovere del tutto speciale per coloro che aspirano a posti

direttivi della società: essi infatti sono chiamati a svolgere un servizio della massima importanza,

dal quale dipende il bene di tutti» (San Josemaría,

Colloqui, 90).

33

«A un mondo migliore si contribuisce soltanto facendo il bene adesso e in prima persona,

con passione e ovunque ce ne sia la possibilità» (Benedetto XVI, Enc.

Deus caritas est, 31 b).

34

Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes, 30.

35

«Un uomo o una società che non reagiscono davanti alle tribolazioni e alle ingiustizie, e che

non cerchino di alleviarle, non sono un uomo o una società all’altezza dell’amore del Cuore di

Cristo. I cristiani – pur conservando sempre la più ampia libertà di studiare e di mettere in pratica

soluzioni diverse, e godendo pertanto di un logico pluralismo – devono coincidere nel comune

desiderio di servire l’umanità. Altrimenti il loro cristianesimo non sarà la Parola e la Vita di

Gesù; sarà un travestimento, un inganno, di fronte a Dio e di fronte agli uomini» (San Josemaría,

È Gesù che passa

, 167).

36

Giovanni Paolo II, Enc. Centesimus annus, 48. Cfr. Catechismo, 1883; Compendio della

Dottrina Sociale della Chiesa

, 186 e 187.

«Il principio di sussidiarietà si oppone a tutte le forme di collettivismo. Esso precisa i limiti

dell’intervento dello Stato. Mira ad armonizzare i rapporti tra gli individui e le società. Tende ad

instaurare un autentico ordine internazionale» (

Catechismo, 1885).

Dio «assegna ad ogni creatura le funzioni che essa è in grado di esercitare, secondo le capacità

proprie della sua natura. Questo modo di governare deve essere imitato nella vita sociale. Il

comportamento di Dio nel governo del mondo, che testimonia un profondissimo rispetto per la

libertà umana, dovrebbe ispirare la saggezza di coloro che governano le comunità umane.

Costoro devono comportarsi come ministri della Provvidenza divina» (

Catechismo, 1884).

37

La giustizia legale è la virtù che induce la persona a dare ciò che il cittadino deve equamente

alla comunità (cfr.

Catechismo, 2411).

«La sottomissione all’autorità e la corresponsabilità nel bene comune comportano l’esigenza

morale del versamento delle imposte» (

Catechismo, 2240). «La frode e altri sotterfugi mediante i

quali alcuni si sottraggono alle imposizioni della legge e alle prescrizioni del dovere sociale,

8

vanno condannati con fermezza perché incompatibili con le esigenze della giustizia»

(

Catechismo, 1916).

38

«Si tratta dell’interdipendenza , sentita come sistema determinante di relazioni nel mondo

contemporaneo, nelle sue componenti economica, culturale, politica e religiosa, e assunta come

categoria morale. Quando l’interdipendenza viene così riconosciuta, la correlativa risposta, come

atteggiamento morale e sociale, come “virtù”, è la solidarietà» Giovanni Paolo II, Enc.

Sollicitudo rei socialis

, 38).

39

Cfr. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 193-195.

40

Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes, 75.

41

Giovanni Paolo II, Es. Ap. Christifideles laici, 30-XII-1988, 42.

42

Per esempio, «quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge

abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti

nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una

tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica»

(Giovanni Paolo II, Enc.

Evangelium vitae, 73).

43

Spetta ai laici, «attraverso la loro libera iniziativa e senza attendere passivamente consegne o

direttive, di penetrare di spirito cristiano la mentalità della loro comunità di vita» (Paolo VI, Enc.

Populorum progressio

, 81). Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Lumen gentium, 31; Cost. Gaudium

et spes

, 43; Giovanni Paolo II, Es. Ap. Christifideles laici, 15; Catechismo, 2442.

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