I soldi tolti alle famiglie con l’Imu

Gen 24th, 2013 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale

Pier Luigi Bersani ricorre alla religione: “Ma per l’amor di Dio…”. Anche Mario Monti è andato a ricevere la benedizione, sulle nevi svizzere e miliardarie di Davos, guarda caso, dai banchieri e dalla finanza mondiale nel loro convegno annuale. Nessuno risponde alla domanda sul perché (il vero perché) il preside bocconiano abbia messo la sua firma su quel prestito da 3,9 miliardi a Monte dei Paschi di Siena, la banca di proprietà assoluta del Pd, che nella fondazione di controllo nomina 16 consiglieri su 19.

 

Tutti o quasi tutti annotano la straordinaria coincidenza del fatto che, miracoli della matematica, si tratta della stessa somma tolta dalle tasche degli italiani con l’Imu per la prima casa. Tutti, dal centrodestra fino a Ingroia e Di Pietro, con buona pace delle sgangherate accuse con le quali Repubblica imputa a “una destra ipocrita e disperata” il tentativo di scagliare una bomba incendiaria contro “una sinistra sbigottita e imbarazzata”.

 

La realtà è che Bersani non può far finta di cadere dal pero nel momento in cui un nuovo scandalo colpisce e affonda la “banca rossa” per eccellenza, riconosciuta universalmente come tale dal dopoguerra in poi, senza soluzione di continuità dal Pci a oggi. Non gli è consentito, non tanto come persona ma in quanto segretario del Pd, tirarsene fuori con pilatesche quanto generiche attribuzioni di responsabilità ai soli manager.

 

Non esiste delitto perfetto e nella scelta dei manager, per quanto ci si provi, è impossibile cancellare le impronte digitali ben distinte che segretari e dirigenti del Pci e dei ds e del Pd hanno lasciato nelle stanze dei bottoni di Rocca Salimbeni. Prima l’irresistibile ascesa del banchiere salentino De Bustis, amico di D’Alema, poi il Montepaschi che compra, senza averne i mezzi, l’Antonveneta, un istituto di credito molto più grande di lui e connesso alla vicenda Unipol.

 

Ora gli occultamenti di bilancio con operazioni in derivati, il massimo della pericolosità finanziaria. Quei vertici, quei dirigenti artefici di tutto questo li ha nominati il Pd, toscano e nazionale. Ora come può Bersani dire “noi non c’entriamo un accidente?”.

 

E poi c’è Monti. Con tutta la sua azione di governo ci ha spiegato in abbondanza come un paese che ha troppi debiti e conti in disordine debba fare grandi sacrifici prima di riguadagnare il credito internazionale.

 

Di più: debba sottoporsi alla tutela di un commissario straordinario (lui) per riguadagnare la fiducia dei mercati. Perché non ha applicato al Monte dei Paschi lo stesso metro di giudizio? Perché non ha rivoltato i bilanci e non ha commissariato la banca?

 

Nel giro montiano e democratico c’è chi si nasconde dietro un dito e dice di quei 3,9 miliardi: si tratta di un prestito, e ben remunerato (il 9 per cento e oltre), e tre anni fa fu Giulio Tremonti a mettere a disposizione delle banche i suoi bond. Ma questi ultimi servirono appunto all’intero sistema del credito, con un vincolo: che le banche, una volta ricapitalizzate, facessero circolare il credito a famiglie e imprese.

 

Stavolta erogano miliardi extra senza condizione. Come aveva appena spiegato Angelino Alfano, “Monti le banche le ha carezzate senza chiedere nulla in cambio”. Ora, prima che i cittadini italiani rivedano quei soldi passeranno anni. Nel frattempo i miliardi finiti nelle cassaforti “democratiche” di Siena li abbiamo tirati fuori tutti noi: con l’Imu sulla prima casa, appunto.

 

Comunque la si giri la verità - ed i numeri - sono questi.

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