Gallinari e i pugni alla democrazia
Gen 22nd, 2013 | Di cc | Categoria: Politica
di Elia Fiorillo
Quei pugni chiusi, tra l’altro, al funerale di Prospero Gallinari fanno effetto. Veri pugni allo stomaco di chi ha sempre creduto nello Stato democratico e nei percorsi di recupero alla vita civile di quelli che hanno sbagliato. Ancor di più fa riflettere l’abuso alla democrazia che quel funerale di un irriducibile delle Brigate Rosse si porta con sé. Perché una cosa è l’accompagnare un “compagno” al cimitero, un’altra è trasformare le onoranze funebri in evento celebrativo degli “anni di piombo”. Rimpiangerli quegli anni in cui tanto sangue innocente fu versato, ignorando le vittime non colpevoli uccise nel nome d’ideali falsi. Sono passate tante primavere dall’eccidio di via Fani dei cinque uomini di scorta del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro e dalla sua eliminazione avvenuta dopo 55 giorni di sequestro. Fatto emblematico di un periodo storico che ha segnato infiniti lutti tra innocenti servitori dello Stato, la cui unica colpa era di trovarsi a fare il proprio lavoro in quel momento, in quel posto.
Chi come me ha conosciuto personalmente alcune delle vittime assassinate dalle B.R., Raffaele Dercogliano, assessore al Lavoro ed alla Formazione professionale della Regione Campania, ucciso non ancora trentottenne il 27 aprile 1982, e Pino Amato, assessore all’Agricoltura sempre della Campania, ucciso il 19 maggio 1980, ha un moto di stizza a sentire le notizie giornalistiche sull’esequie di Gallinari. Tra i mille partecipanti al funerale c’era anche chi ben conosceva la storia di Amato e Dercogliano perché era stato parte attiva nel processo eliminatorio. Mi si dirà: la giustizia ha fatto il suo corso ed i condannati hanno espiato le pene loro inflitte. E’ così. Ed è giusto che sia così in un Paese che vuol essere democratico. Che afflizione però pensare che i “giustizieri” hanno avuto la possibilità di scontare le loro pene, fare autocritica o non pentirsi affatto come Prospero Gallinari. Loro, i brigatisti rossi, che volevano abbattere lo Stato democratico ed annientare i suoi uomini più lungimiranti hanno avuto clemenza. Oggi fanno programmi con le loro famiglie, ridono, scherzano avendosi lasciato dietro il “passato” bello o brutto che fosse nel loro immaginario. Invece “i giustiziati” non hanno avuto alcuna possibilità di gridare la propria innocenza, la propria lealtà verso lo Stato, il bene profondo che li legava alle loro famiglie, ai loro figli: alla vita di tutti i giorni. Che ingiustizia!
Ha fatto bene lo Stato democratico a fare quello che ha fatto. Nello spirito dell’art. 27, comma 3, della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Con il tempo che scorre era inevitabile, purtroppo, l’entrata nell’oblio dei tanti nomi di persone, in particolare le più umili, proprio le più proletarie, che caddero ingiustamente sotto il piombo assassino delle B.R. Mentre Oreste Scalzone, Renato Curcio, Raffaele Fiore, Barbara Balzerani, Francesco Piccioni, Bruno Seghetti, Loris Tonino Paroli, che hanno partecipato alle esequie del “compagno” Prospero, continuano a battere la scena della vita, avendo ottenuto dalla Stato i “benefici di legge” . Buon per loro e per le loro famiglie. Ma un poco, solo un poco, di rispetto, di pietas, per quelli che non ci sono più a causa della loro guerra sanguinaria ed ingiusta lo speriamo, meglio lo pretendiamo. Che si evitino atti e fatti fuori luogo e fuori tempo, che la storia ha bocciato senza possibilità d’appello.
L’oblio, però, sugli anni di piombo non dovrà mai esserci per chi governa il Paese. Fatti del genere potranno sempre verificarsi, specialmente in periodi difficili come quelli che stiamo vivendo. Mai abbassare la guardia. Mai dire che la storia, quella brutta storia, non si potrà ripetere. Sta a noi, solo a noi far sì che non si possa ripresentare. E l’antidoto ai ritorni dolorosi ed insopportabili di quei fenomeni è uno solo: più democrazia, non predicata, ma praticata.
La verità è che la democrazia non è un bene che si conquista una volta e per tutte. E’ un processo difficile, complesso che va alimentato giorno dopo giorno. Pena, tra l’altro, la nascita di bande armate denominate Brigate Rosse.