Spread, quel termometro ambiguo

Dic 16th, 2012 | Di cc | Categoria: Politica

Lo spread: lo si definisce il “termometro della fiducia verso l’Italia”, e lunedì, con il balzo di 30 punti, lo si è presentato come una bocciatura dei mercati internazionali per il ritorno in campo di Silvio Berlusconi. La smentita è subito arrivata dai fatti: ieri lo spread è ridisceso di oltre 20 punti, un calo che tra alti e bassi sta proseguendo. Serve dunque un’operazione verità.

 

·        Lo spread, alla fine del mandato di governo di Mario Monti era intorno ai 320 punti. Esattamente 200 in più rispetto al giugno 2011, con il nostro governo. Ma ricordiamo anche che prima che la crisi finanziaria internazionale si acuisse, tra il 2008 e il 2010, noi abbiamo tenuto lo spread ben sotto quota cento, con una media di 50-80 punti.

 

·        Allora dello spread non si occupava quasi nessuno, se non le sale cambio delle banche, e nulla aveva a che fare con la politica né con questo o quel governo. Non era un’arma usata come adesso contro un Paese, contro uno schieramento, contro una persona.

 

·        Lo spread misura infatti la differenza di rendimento tra Btp decennali italiani e Bund decennali tedeschi. Si amplia o perché i Btp richiedono tassi d’interesse maggiori, o perché i Bund vengono collocati a rendimento minore. Addirittura sotto zero, come fa da tempo la Germania. Ma perché Berlino riesce a finanziarsi gratis? Per due motivi: perché drammatizzando la crisi greca e alimentando la teoria del “contagio” verso Spagna, Italia, perfino Francia, incoraggia le banche ed altri investitori a rifugiarsi del Bund. Secondo motivo, che tutti dimenticano: quando le aste di Bund vanno male per i bassi rendimenti, la Bundesbank, la banca centrale tedesca, si prende la parte invenduta. Cosa che è proibita alla nostra Banca d’Italia, e soprattutto che la Germania impedisce alla Bce.

 

·        Attualmente - dati di questi giorni di Bankitalia e Goldman Sachs - solo il 35 per cento del debito italiano rappresentato da Btp, Bot, Ctz, Cct è in mani straniere. La stragrande maggioranza è di banche e investitori domestici. Per i risparmiatori privati non esiste alcun rischio di non essere rimborsati alla scadenza né di non ricevere regolarmente le cedole. Può variare la quota capitale di giorno in giorno, come per le azioni di borsa e qualsiasi altro investimento; ma per chi agisce da cassettista nulla cambia se non si toccano i risparmi. Discorso diverso per le banche. Quando la Bce ha messo a disposizione liquidità per far tornare il credito a imprese e famiglie, esse si sono riempite di Btp e Bot comprati ai minimi, e ne hanno approfittato per quella che in termini aziendali si chiama “tesoreria”. Cioè per fare cassa. Nel frattempo tenevano ben stretta la morsa su mutui e prestiti.

 

·        Ecco perché lo spread è tornato a salire. La politica e Berlusconi non c’entrano nulla. L’Italia è oggi in una situazione non di tipo greco, ma giapponese: Tokyo ha un debito superiore al 200 per cento del Pil, ma non è assillato dallo spread perché il suo debito è in mani domestiche e non ha i vincoli con cui l’Europa si è legata le mani. Certo, il Giappone farebbe bene a ridurre il proprio debito, come l’Italia. Ma è un dato che con il governo Monti il nostro debito pubblico è salito a 2 mila miliardi, il 127 del Pil. Al 31 dicembre 2011 era di 1.897 miliardi, il 120 per cento del Pil. Sono i dati ufficiali della Banca d’Italia. Altro che spread.

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