Il silenzio degli innocenti
Nov 21st, 2012 | Di cc | Categoria: Politica
Quanto tempo è passato dal lancio di monetine che ha sommerso la Prima Repubblica? Uno sprazzo veloce che però ha cancellato quella che fu salutata come la grande vittoria della trasparenza e delle sane istituzioni.
Erano anni in cui i protagonisti politici soffrivano della sindrome d’onnipotenza e non si accorgevano di come il paese cambiava.
L’operazione Mani Pulite ebbe certamente un grande merito, quello di aver scoperchiato un tombino in cui comunque, bene o male, eravamo tutti complici del letame che conteneva.
Ma si era stanchi, stanchi di una classe politica lontana dalla gente e di cui già da tempo si avvertivano gli scricchiolii del cedimento.
Accanto al trambusto di quei giorni, ai tribunali che facevano da sfondo ai servizi giornalistici, agli editti televisivi di toghe salite al ruolo di liberatori, c’era il paese silenzioso fatto da persone comuni, da quelli che lavorano, dai disoccupati, dai pensionati. Quest’Italia guardava con disprezzo i volti degli dei caduti, immaginando un cambiamento che potesse, finalmente, ridarle voce.
E così venne il tempo della resa dei conti, accompagnato dal lugubre tintinnio delle manette e dei processi fatti sui rotocalchi prima che nelle aule di tribunale. Ma si sa, ogni rivoluzione ha le sue vittime.
Giustificammo tutto, troppo, convinti che fosse iniziata una nuova epoca. I partiti furono liquefatti, interi potentati cancellati e sorrisi che si pensavano eterni furono spenti per sempre.
Almeno così credevamo.
La discesa in campo di Berlusconi offrì una nuova speranza. L’ottimismo di un uomo che faceva del suo lavoro il biglietto da visita contagiò molti e gran parte del paese si affezionò all’idea di un nuovo miracolo industriale.
Abbagliati dall’idea di una rinascita liberal da un lato e dalla rabbia di aver mancato l’occasione di agguantare il potere dall’altro, il paese è stato spaccato in un angosciante gioco al massacro.
La cosa più importante? Abbattere l’avversario ad ogni costo, parlare male dell’altro più che contribuire a costruire un paese moderno.
Ci divertimmo a chiamarla Seconda Repubblica, non accorgendoci che si trattava della figlia legittima di quella lasciata alle spalle. E così alcuni volti, quelli più scaltri, tornarono avendo compreso che il nuovo non era altro che uno scimmiottare del vecchio.
E anche questa volta la massa silenziosa, quella che porta avanti il paese si è sentita tradita e senza mai alzare la testa ha continuato a tirare la carretta mentre i palazzi del potere riprendevano ad abbellire le proprie stanze e i propri portafogli (ma avevano mai smesso?).
Adesso siamo qui, ancora una volta con le macerie di un sistema politico fallito, con un governo tecnico più interessato alle percentuali di borsa che alla gente, non legittimato dal voto, che sta spianando la strada a chi verrà dopo con il miraggio di un domani migliore.
Ma qualcosa sta cambiando, forse anche pericolosamente.
Non è certo Grillo con le sue esaltazioni a dimostrarlo sebbene sia un rilevante segnale, così come non lo sono le fantomatiche e sterili primarie dei due poli più simili a ridicole pantomime della democrazia che confronti sui temi reali, più vetrine opache che programmi, più resa dei conti che ricerca di soluzioni.
No, non è questo.
E’ quello che si ascolta per strada a lasciarlo intendere.
Il vociare sconfortato di chi sino a oggi è rimasto in silenzio, il sussurrare incessante di quel pezzo di paese bistrattato e lentamente spinto verso il baratro, il mormorio determinato di coloro che, nonostante tutto, continuano a tirare la carretta, insomma di chi ancora da valore a quella cosa che si chiama onesta dignità.
Una massa eterogenea, senza altre colpe che quella d’essersi affidati a chi li ha costretti in questo stato, innocenti che cominciano a pensare di reagire. A loro modo. In maniera muta, trovandosi inconsciamente d’accordo sul da farsi.
Uno sguardo mentre si fa la spesa, in metropolitana, davanti ad un caffè, cercando i centesimi in tasca. Un’intesa involontaria che, messa in pratica, inginocchierebbe sul serio la politica e i suoi attori. La rivoluzione silenziosa del non voto.
Uno schiaffo tremendo, dagli sviluppi imprevedibili.
Se alle prossime elezioni politiche l’astensionismo dovesse andare oltre la soglia del 50%, allora veramente saremmo di fronte a qualcosa d’inimmaginabile. Sarebbe la lettera di licenziamento per tutto il sistema, un evento epocale a cui la classe dirigente (e non solo quella politica) non è preparata.
Tutto ciò ormai potrà essere evitato solo se la parte buona del nostro paese che, di fatto, è maggioranza continuerà ancora una volta, per paura o per illusione, nell’assordante silenzio degli innocenti.
Ma conviene sperarlo?
Edoardo Barra