La crisi morde, previsioni nere

Nov 6th, 2012 | Di cc | Categoria: Politica

L’Istat con i suoi numeri impietosi ci dice che l’Italia non soltanto è in piena recessione, ma che ci resterà anche nel 2013, quando l’esercito dei disoccupati toccherà il livello massimo dell’11,4%. Il prodotto interno lordo rallenterà la sua caduta, ma non tanto quanto vorrebbe il governo che ha messo l’asticella a -0,2%: la nuova previsione è a -0,5% e appare perfino ottimistica (il Fondo monetario ci vede a -0,7%) allo stesso Istat che mette le mani avanti circa fattori di rischio che potrebbero peggiorare la situazione. È un quadro drasticamente dissonante rispetto alle rassicurazioni che arrivano dal governo, si confermano invece tutte le preoccupazioni più volte espresse dal Pdl su una politica che, tutta rigore e niente investimenti per lo sviluppo, non sembra ci stia portando fuori dal tunnel tante volte evocato da Monti.

 

Occorre interrogarsi ad esempio sul fatto che quest’anno la caduta del Pil italiano sarà la più grave in Europa con la sola eccezione della Grecia, paese tecnicamente fallito. Peggio dunque della Spagna (-1,7% contro il nostro -2,3%), mentre lo spread dei rispettivi titoli di Stato dice il contrario. Dietro Madrid pur se la nostra disoccupazione è la metà, le nostre banche hanno i conti in ordine, non c’è da smaltire una bolla immobiliare, la nostra industria manifatturiera è incomparabilmente più grande e attrezzata per l’export. Essere dietro la Spagna come sviluppo del Pil in queste condizioni, sia pure con un debito pubblico più elevato (a proposito, quando si penserà ad aggredirlo?), appare francamente inspiegabile. Se non appunto con scelte del governo per nulla orientate a favorire le imprese, gli investimenti in infrastrutture, i consumi. Ora alcune decisioni dell’esecutivo, come quelle che stanno permettendo di varare una legge di stabilità completamente stravolta (in positivo) in gran parte grazie agli emendamenti del Pdl, sembrano indicare un orientamento diverso dalla pedissequa obbedienza alla dottrina Merkel.

 

Ma non ne saremmo del tutto sicuri, perché l’esultanza con la quale il ministero dell’Economia dà notizia dell’aumento delle entrate nel primi nove mesi (+3,8%) appare francamente fuori luogo (“…pur in presenza di una congiuntura fortemente negativa, la dinamica delle entrate tributarie conferma la tendenza alla crescita a ritmi superiori…”). A sostenere le entrate non è l’attività produttiva né lo scambio di merci né il giro d’affari, bensì sono la patrimoniale sulla casa (Imu), il bollo sui conti correnti, le accise sulla benzina. Le entrate, quelle entrate che salgono, mandano giù il paese. C’è poco da gioire.

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