Ddl “Sallusti”, tra anti diffamazione e bavaglio
Ott 30th, 2012 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale
L’obbligo di rettifica come minaccia all’informazione online
Il vice presidente del Senato, Domenico Nania, annuncia che “ alla luce del dibattito che si è sviluppato” il ddl Sallusti “torna in commissione”: ciò a seguito della richiesta del PD di un nuovo rinvio in commissione giustizia del senato e l’apertura del PDL al confronto, anche se circoscritto al solo articolo 1 del disegno di legge.
Un percorso verso l’approvazione, quello del ddl anti diffamazione, che appare quanto mai travagliato, tra emendamenti ritirati(Caliendo ovvero “anti Gabanelli ) e novità che non hanno tardato a scatenare polemiche.
La prima svolta riguarda l’obbligo di rettifica: a tal proposito è stato completamente riscritto l’articolo 8 della legge sulla stampa( legge 8 febbraio 1948). L’obbligo di rettifica viene esteso alle testate giornalistiche on line e alla stampa non periodica(libri): nel primo caso, la smentita dovrà essere pubblicata on line entro 2 giorni dalla richiesta, nel secondo entro 7 giorni dalla richiesta su non più di due quotidiani a tiratura nazionale con indicazione esplicita dello scritto da rettificare. Le sanzioni pecuniarie, in caso di mancata pubblicazione della rettifica, sono elevate fino al tetto massimo di 25 mila euro.
Il ddl “Sallusti” prevede inoltre, nella tutela del diritto all’oblio, la possibilità di ottenere la cancellazione dei contenuti diffamatori e dei dati personali dai motori di ricerca e dai siti internet, e in caso di mancato accoglimento della richiesta l’interessato può chiedere al giudice la rimozione e l’inibizione alla diffusione dei dati e delle immagini(“fermo restando il diritto di ottenere la rettifica o l’aggiornamento delle informazioni contenute nell’articolo ritenuto lesivo dei propri diritti, l’interessato può chiedere ai siti internet e ai motori di ricerca l’eliminazione dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione della presente legge”). In aggiunta a tale rimozione sono previste pene pecuniarie dai 5 mila fino a 100 mila euro.
Non è stato tuttavia l’innalzamento del tetto massimo delle pene pecuniarie la causa principale della polemiche che si sono sollevate : si profila difatti all’orizzonte la concreta prospettiva di un numero sempre più alto di cause legali per mancata rettifica, con conseguente crescita delle spese processuali da sostenere.
Chi fa informazione attraverso la rete non gode, nella grande maggioranza dei casi, della protezione di grandi editori, pronti a farsi carico di eventuali spese legali in caso di notizie scomode: il rischio concreto di essere trascinati in tribunale non incentiva di certo a fare libera informazione.
Si assisterà sempre più alla rimozione di informazioni, anche perfettamente lecite, dalla rete: la minaccia del tribunale come strumento di bavaglio a uno spazio, quello costituito da internet, che sembrava immune ai condizionamenti dei poteri forti.
Raffaele Boccia
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