Il governo che ignora gli impegni

Set 13th, 2012 | Di cc | Categoria: Politica

Monti ha ammesso per la prima volta che le politiche del suo governo hanno aggravato la recessione. Scelta a sua parere dolorosa ma inevitabile per restituire credibilità all’Italia sui mercati e porre le basi per un rilancio a lungo termine del sistema-Paese. Il problema, però, è che di questo passo si rischia, con questo tipo di accanimento terapeutico, di far arrivare il paziente morto alla guarigione.

 

I dati forniti ieri dalla Cgia di Mestre sono, a questo proposito, drammatici. Nel secondo semestre di quest’anno rischiamo infatti di perdere 202.000 posti di lavoro. Di questi, ben 172.000 sono in forza tra le piccole e medie imprese. Se teniamo conto che circa 30.000 esuberi sono riconducibili ad addetti occupati nelle grandi aziende che hanno aperto un tavolo di crisi al ministero dello Sviluppo Economico, gli altri 172.000 sono dipendenti nelle piccole e medie imprese. Il governo deve quindi prendere atto, e molto velocemente, che in queste ore non si sta consumando solo il dramma dei lavoratori dell’Alcoa, ma anche quella di decine di migliaia di addetti delle pmi che rischiano di rimanere senza lavoro.

 

Le ristrutturazioni industriali avvenute negli anni ‘70, ‘80 e nei primi anni ‘90 presentavano un denominatore comune. Chi veniva espulso dalle grandi imprese spesso rientrava nel mercato del lavoro. Oggi il disastro è invece generale, e nessuno riesce più a creare posti di lavoro. Secondo la Cgia, per ridare slancio alle piccole realtà imprenditoriali che continuano ad essere l’asse portante della nostra economia diventa determinante recepire in tempi brevissimi la Direttiva europea contro il ritardo dei pagamenti, per garantire una certezza economica a chi, attualmente, viene pagato mediamente dopo 120-180 giorni dall’emissione della fattura. Ma il primo a suggerire di percorrere questa strada è stato il Pdl, con il suo segretario Alfano, e il governo deve mettere subito in atto l’impegno preso davanti alle Camere.

 

Pagamenti pubblici più celeri e miglior accesso al credito sono i due strumenti-tampone per impedire che migliaia di aziende finiscano fuori mercato per mancanza di liquidità. Poi si dovrà necessariamente alleggerire il carico fiscale premiando anche i lavoratori dipendenti, altrimenti sarà estremamente difficile far ripartire i consumi interni.

 

Monti ieri ha ammesso che per restituire competitività alle imprese è indispensabile ridurre la parte del cuneo fiscale che riguarda il costo del lavoro per unità produttiva. Ebbene: lo faccia, e acceleri il più possibile lo stanziamento di quei 50 miliardi per le infrastrutture promessi entro la fine della legislatura. Altrimenti, le mille parole spese sulla crescita continueranno a restare un manifesto vuoto.

 

Andrebbe poi profondamente modificata la riforma del mercato del lavoro per renderlo flessibile, mediante contratti aziendali orientati alla produttività. Solo così si darà nuovo impulso al nostro commercio estero, con effetti positivi sul Pil, sull’occupazione e sulla bilancia dei pagamenti.

 

 

 

 

 

Crisi/Brunetta: da Monti giustificazioni non accettabili

 

“Il presidente Monti riconosce che la sua politica economica ha prodotto e aggravato la recessione. La sua giustificazione, però, non sembra accettabile, né dal punto di vista politico né dal punto di vista dell’analisi economica”. Lo afferma Renato Brunetta, deputato del Pdl.

“I provvedimenti sbagliati che ha introdotto - prosegue - quali l’aumento della pressione fiscale di quasi tre punti e l’overshooting, nel senso di eccesso di rigore nella riforma Fornero delle pensioni e di eccesso di rigidità nelle nuove regole delle assunzioni nella riforma del mercato del lavoro, sempre del ministro Fornero, rappresentano misure depressive, capaci di influire negativamente tanto sulla congiuntura quanto sugli assetti strutturali della nostra crescita economica (welfare, mercato del lavoro, mercato immobiliare…)”.

“Conosciamo tutti presidente Monti - conclude - la differenza tra fattori determinanti la congiuntura e fattori che determinano la crescita potenziale. Nel caso delle sue riforme, però, il segno negativo connoterà tanto il breve quanto il medio lungo periodo. Queste sono le regole dell’economia, che valgono per tutti, anche per lei e per il suo governo”.

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