Rivisitazione dell’uomo politico
Giu 6th, 2012 | Di cc | Categoria: Politica
Esiste una logica ben precisa che determina il percorso formativo di tutti coloro che vogliano avvicinarsi alla Religione. Tralasciando volutamente ogni tipo di considerazione morale ed etica, circa l’opportunità del permanere del credo in una società modernamente strutturata, in cui oggettivamente alcune usanze non possono che apparire come retaggi di un passato ormai remoto, è evidente che l’isolarsi dal mondo conosciuto, per calarsi nell’aurea della meditazione, abbia uno scopo reale. Attraverso un percorso meditativo ben scandito, grazie ad una consistente opera di introspezione, il soggetto tende ad annullare ogni suo desiderio terreno per annullarsi nella figura di Dio onnipotente. Di fatto è una preparazione spirituale severa, che consente di delineate i caratteri di una professione. Sia questa poi svolta nella maniera più opportuna è tema che non può essere affrontato in questa sede.
Non si comprende però come, per figure professionali di pari levatura, anche se in diversi contesti, non sia ipotizzabile un percorso di crescita di pari severità.
Nella sua definizione di origine un politico dovrebbe rappresentare l’esempio massimo di incorruttibilità ed onore, un’anima senza macchia alcuna da asservire totalmente alla volontà del popolo, piuttosto che alle logiche di palazzo. Requisito fondamentale nella scelta di un candidato dovrebbe essere l’eloquio, inteso come arte e capacità di rendere universalmente comprensibili problematiche ben più complesse; talento per poter raccogliere le esigenze dei tanti per rappresentarle nella maniera più fedele ed incisiva nelle opportune sedi con il peciso intento di poter addivenire ad una soluzione quanto più possibile condivisibile.
Ma nelle modalità di accesso alla carriera politica si nasconde il più grande errore ipotizzabile.
Perchè un candidato mantenga la sua integrità è necessario che sia completamente avulso dal contesto in cui si muove, che questo gli sia per certi versi sconosciuto, per evitare di esserne pesantemente contaminato. Anche in considerazione di questo elementare principio, le liste elettorali continuano ad essere riempite esclusivamente da coloro che, pur dinanzi ad una fin troppo evidente incapacità intellettiva e di parola, muovono la loro candidatura principalemente mossi da un interesse tutto personale.
Le ingerenze dei votanti, l’acquisto diretto o lo scambio di voti, sono il preciso segnale e l’esatta misura che è nella definizione stessa del candidato che si nasconde la sua fallacità. Di fatto si pongono soltanto le basi per il crollo degli ideali e dei principi che, all’epoca della carica massima, sarann totalmente sviliti e disintegrati dalla logica dell’interesse. Perchè un candidato possa risultare vincente è indispensabile che non sussista nessun tipo di legame o interesse con la realtà contingente, ne con l’elettorato diretto. Il candidato va e deve essere inteso come uno strumento del popolo, un filtro attraverso il quale far permeare disagio od apprezzamento fino alle cariche massime dello Stato, perchè si possano attivare meccanismi atti a soddisfare detti disagi od amplificare detti apprezzamenti.
Perchè la sua integrità morale e la sua incorruttibilità possano mantenersi inalterate nel tempo è fondamentale che la carrieta politica assurga al livello di missione, spogliandosi totalmente della sua componente opportunistica e di arricchimento personale. Perchè questo avvenga è assolutamente imprescindibile il concetto per il quale vanno negate tutte le forme di privilegio di stato ed economiche, che rendono il candidato formalmente distaccato da tutto il suo elettorato. Perchè un principio possa continuare ad esistere nella sua forma originaria è indispensabile preservarne il criterio che lo ispira e che chi decide per sua scelta, di farsi portavoce di questo stesso principio, possa operare senza essere esposto al rischio di corruttibilità tipico del sistema attuale.
Soprattutto in considerazione dello scenario economico politico attuale, senza voler dare un eccessivo spessore a teorie deliranti e disfattiste del sistema e senza comunque minarne alla base la credibilità, è assolutamente opportuno ed ipotizzabile che il compenso UNICO da riconoscere ai vari e troppo numerosi operatori della politica, debba essere assolutamente in linea con la retribuzione media nazionale dell’elettorato, senza deroghe o eccezioni. E’ inaccettabile che anche in presenza di un progressivo e sempre maggiore impoverimento delle masse, si consenta vergognosamente di garantire allo strumento del popolo una retribuzione che di fatto lo renda non più uno strumento, ma un conferimento di privilegio.
Non esistono ragioni dimostrabili che possano giustificare un costo talmente elevato, soprattutto in ragione del fatto che ad un investimento di tale caratura non corrisponde una prestazione professionale adeguata.
Bisogna interrompere ogni tipo di vitalizio in quanto immorale, seppur garantito dalla attuale forma della Costituzione. Ogni corrispettivo previsto va assolutamente interrotto con l’interruzione della specifica funzione, pur se determinante ai fini previdenziali che verranno liquidati nella giusta misura secondo quanto comunque previsto per l’elettorato, secondo stesse tempistiche e modalità.
Solo queste poche considerazioni sono sufficienti a dare una chiara e precisa dimostrazione, quasi matematica, della inconsistenza dell’attuale assetto politico e governativo, della assoluta antidemocraticità di quanto perpetrato ed abusato ai danni dei cittadini. L’attuale assetto non consente la minima credibilità al sistema democratico inteso in senso classico, ma sposta l’ago della bilancia in favore di un regime oligarghico, sempre più evidente, sempre più pressante, sempre più sfiduciato.
Claudio d’Emmanuele