Il nuovo regime fiscale
Apr 10th, 2012 | Di cc | Categoria: SindacatoComincia ormai ad essere particolarmente evidente che l’attuale Premier ed il suo esecutivo non abbiano in particolare simpatia l’automobilista italiano. Forse mossi da una innata avversione mascherata da una coscienza ambientalista, hanno dato inizio ad una delle più significative crociate che si possano ricordare nella storia. Per quanto la logica suggerisca di dissimulare il vero intento, è logico presumere che una tale politica di aggressione possa solo determinare la fine del settore automotive, già afflitto da un irreversibile stato comatoso.
E così, dopo un tacito assenso all’indiscriminato aumento delle tariffe assicurative, all’introduzione di pesanti aumenti sulle tasse provinciali di immatricolazione, ad un deprecabile e vertiginoso rincaro delle tasse di possesso, tutti provvedimenti che hanno non poco contribuito al blocco del mercato tutto (sia esso riferito al nuovo che all’usato), arriva anche la riduzione delle aliquote di deducibilità.
Premesso che tutti i provvedimenti esecutivi non hanno e non possono avere il risultato sperato, in quanto, ad un progressivo aumento delle imposte è seguito un epocale crollo dell’immatricolato cui è di fatto proporzionato anche il gettito fiscale, vediamo quanto ancora a carico dell’automobilista è stato predisposto per amplificare maggiormente il senso delirante di questa politica.
Il tutto può essere facilmente sintetizzato secondo uno schema molto intuitivo, senza addentrarsi in tediosi tecnicismi.
Per i veicoli ad uso promiscuo intestati ad Aziende, la quota di deducibilità massima consentita passa dagli attuali Euro 7.230,00 ad Euro 4.970,00.
Per i veicoli ad uso promiscuo dati in utilizzo ai dipendenti la quota di deducibilità passa dall’attuale 90% al 70%.
Nel primo caso non si tratta di variazioni significative. Ricordiamo che non si parla di detraibilità, ma di deducibilità. I soggetti fiscali saranno tenuti a versare imposte nelle normali aliquote previste su un reddito dichiarato al netto della deduzione.
Nel secondo caso invece la variazione diventa significativa in quanto non riferita a nessun importo limite, ma all’importo di fattura dell’acquisto.
Ma al di là dei semplici numeri va tenuto in grande considerazione un elemento venuto alla ribalta negli ultimissimi mesi.
Finalmente pare che qualcuno in alto sia sia accorto che gli italiani sono un popolo di evasori.
Curiosamente mai nessuno prima aveva realizzato che gli imprenditori dichiarassero meno dei propri diretti dipendenti, i chirurghi meno di un clochard, i gioiellieri meno di un edicolante. Il tutto, e va sottolineato, pur disponendo delle dichiarazioni dei redditi regolarmente depositate presso l’Agenzie delle Entrate. Ma supponiamo anche di volere perdonare questa piccola distrazione tutto sommato trascurabile, tranne per il fatto che per anni gli onesti cittadini abbiano dovuto compensare con il proprio reddito fiscale quello mancante delle classi più abbienti, e che ancora dovranno farlo.
Dando per scontato che una qualsiasi Azienda si guardi bene dal portare nuovi costi in deduzione; che ancora più probabilmente continui a tenere la contabilità in perdita (in Italia si investe per la gloria ed il prestigio ma quasi mai per un utile di impresa) è doveroso chiedersi, quale possa essere il reale effetto di tale balzello, al di là di quello puramente mediatico.
Non sarà solo l’ennesimo contributo al tracollo dell’automotive in Italia, una ulteriore santa inquisizione a danno dell’intero settore?
Possibile che questo Governo proprio non conosca quante siano le persone che deliberatamente sta condannando alla disoccupazione? Avrà poi la forza di sostenerle nella loro indigenza o si limiterà a considerarle un costo sociale necessario?
Claudio d’Emmanuele