Quei veti che bloccano lo sviluppo
Mar 7th, 2012 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale
Non c’è solo la Tav. Dopo undici anni di vana attesa delle autorizzazioni la British gas rinuncia al progetto per il rigassificatore di Brindisi e alla bellezza di 250 milioni di euro già investiti, getta la spugna e se ne va dall’Italia con queste mortificanti parole del suo numero uno: “Noi pensiamo che il governo Monti, così come si rivolge agli investitori finanziari, dovrebbe inviare messaggi altrettanto chiari e rassicuranti agli investitori industriali, che hanno un enorme bisogno di certezze”. Eh sì, perché passa anche da queste cose – oltreché da una riforma del lavoro impantanata sui veti della Cgil e da una politica di sgravi fiscali mirati - quella “fase due” di sostegno e rilancio dello sviluppo che va accelerata, per controbilanciare l’effetto depressivo della grandinata di tasse in arrivo. La Banca Mondiale ci colloca al 96° posto per il livello dei permessi di costruzione concessi, il World Economic Forum al 79° per qualità delle infrastrutture, il Nimby Forum (nimby come acronimo di ‘not in may backyard” cioè “non nel mio giardino”) quantifica in 331 i progetti bloccati per veti locali, per il 60% ad opera di liste civiche. Parliamo di opere essenziali per lo sviluppo del paese: rigassificatori, decisivi per assicurare al paese lo stock energetico necessario (ne abbiamo due, ne servono almeno altri due); centrali energetiche (anche quelle “rinnovabili” vengono contestate); termovalorizzatori (De Magistris non lo vuole a Napoli e paga per spedire i rifiuti in Olanda); nuovi impianti industriali (sui quali dall’estero di guardano bene di investire o, come nel caso dell’Ikea, hanno sofferto le pene d’inferno); infrastrutture strategiche come appunto la Tav.
Miope demagogia, piccoli interessi di bottega o di elettorato, individualismo esasperato oppure scelte puramente ideologiche: “la Fiom è contro le grandi opere” ha chiarito ieri a sostegno dei No Tav il leader dei metalmeccanici della Cgil. E poi non si lamenti se mancano i posti di lavoro.
Dispiace che debba essere la British Gas, che in una zona ambientalmente protetta del Galles ha fatto funzionare in meno di cinque anni un impianto identico a quello abortito di Brindisi, a darci questa lezione: “Il Paese dovrebbe interrogarsi perché, sul piano internazionale, si ha la netta percezione che investire in Italia sia rischioso, veti locali e immobilismo decisionale sono il primo nemico per lo sviluppo dell’Italia”.
Non è colpa di questo governo nato da tre mesi, sia chiaro, ma proprio questo governo – in quanto sostenuto da una maggioranza parlamentare trasversale- è nelle condizioni di proporre una soluzione legislativa che ponga fine alla dittatura di minoranze rumorose e talora anche violente che paralizzano il Paese impedendo la realizzazione di opere strategiche per lo sviluppo. Il Pdl sarà in prima fila a sostenerlo. Lo dice la storia dei governi Berlusconi, che da sempre si sono impegnati allo spasimo per velocizzare la realizzazione delle grandi infrastrutture, trovando ostacoli insormontabili da parte di un’opposizione troppo spesso schierata sul fronte di un ambientalismo ideologico e vecchia maniera che non ha eguali in Europa.