Anche a Palermo il Pd prova l’amaro sapore della beffa

Mar 6th, 2012 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale

Una vera e propria “beffa” per il segretario Bersani e l’intero Partito Democratico è arrivata da Palermo. La sconfitta della candidata di Pd e Idv Rita Borsellino, per mano di un fuoruscito dal partito di Di Pietro, Fabrizio Ferrandelli, segna il punto più basso della leadership del segretario politico e conferma nel modo più amaro che dalle primarie il Pd esce (più) lacerato e perdente.

 

C’è dell’altro: la beffa di Palermo dimostra come a livello nazionale Bersani manchi di una strategia e di un progetto. In Sicilia infatti ha appoggiato la Borsellino che rifiutava i voti dell’Udc, mentre a Roma continua il corteggiamento di Casini.

 

A Palermo sono stati “beffati” Di Pietro e Leoluca Orlando, mentre hanno stravinto, anche a livello di immagine, gli amici del presidente Lombardo aiutati dalla frammentazione dei voti causata dall’unico concorrente che al PD era iscritto - Davide Faraone - sostenuto da Matteo Renzi. Ma il pasticcio in salsa palermitana non si risolverà semplicemente con qualche titolo sui giornali e un momentaneo ridimensionamento di Bersani. La Sicilia insomma vale più (anche perché arriva dopo) di Milano, Cagliari, Napoli e persino di Genova che, poche settimane orsono, ha mortificato le scelte del Pd. Bersani rischia di apparire velleitario e insieme patetico, nel rivendicare la guida di una grande alleanza di sinistra con Vendola e Di Pietro per concorrere in prima persona alla guida del Paese nel 2013. Il peso di queste sconfitte e i modi in cui sono state conseguite, lo allontana progressivamente dal sogno di coinvolgere il Terzo Polo dalla sua parte. Infine gli “schiaffi” giunti dalle Primarie sparse nei territori, finiscono per rafforzare i suoi avversari interni: da Veltroni a Franceschini, da Enrico Letta a Beppe Fioroni.

 

Se al voto per la scelta del candidato sindaco, che il Pd continua regolarmente a sbagliare, si aggiungono le tensioni per l’appoggio a Monti, la tentazione di seguire la Fiom nella discesa in piazza e l’ambiguità di fondo sulla vicenda dei No-Tav, si comprende che il partito rischia il collasso… tanto che non ci si vergogna più di pronunciare, sia pure nei ristretti conciliaboli della classe dirigente, la parola più pericolosa per una forza politica che si richiama alla sinistra: scissione!

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