Vent’anni di strabismo

Feb 20th, 2012 | Di cc | Categoria: Politica

La fine della prima Repubblica fu determinata dall’implosione di un intero sistema politico e dalla caduta del Muro di Berlino, e non c’è da meravigliarsi se fu l’Italia, che della Guerra fredda era stata l’avamposto democratico - avendo in casa il più grande partito comunista dell’Occidente - a pagare il prezzo più alto di quello sconvolgimento epocale.

 

Neppure la Germania, che pure aveva visto ergere il Muro come una ferita storica dentro la sua vecchia capitale, dopo l’89 ha vissuto una transizione drammatica come la nostra, nonostante le inchieste che investirono il partito di governo e il leader che l’aveva guidata all’unificazione. Lì il sistema resse, qui invece la furia giacobina allestì un immenso piazzale Loreto giudiziario che spazzò via tutta la classe politica che aveva mantenuto il Paese nella rotta delle grandi democrazie liberali. A scampare alla bufera furono i figli politici di Berlinguer, sotto il comodo ombrello della diversità etica, e la sinistra Dc, che del Pci era stata la sponda politica nella stagione del consociativismo. Anche questo è stato uno degli elementi dell’anomalia nazionale di cui tanto si parla, perché la storia di solito la scrivono i vincitori, mentre in Italia gli unici a sopravvivere politicamente al crollo delle ideologie furono gli sconfitti.

 

La sinistra era a pezzi, esattamente come i partiti che sparirono di scena, ma usò cinicamente come puntello un corpo dello Stato - l’ordine giudiziario - per presentarsi agli Italiani con una fedina pulita, grazie anche all’amnistia dell’89 che era stata generosamente concessa al Pci.

 

A venti anni di distanza dall’arresto di Mario Chiesa, non si può dimenticare la genesi di Tangentopoli se si vuol analizzare la questione morale che ancora attanaglia una parte della politica, e che ha investito pesantemente anche il Pd, il quale sta pagando tutti insieme gli errori e le furbizie degli ultimi venti anni, i conti non fatti con la storia e la pretesa di restare sulla cattedra di una superiorità politica e morale che è solo una leggenda sapientemente alimentata dal circuito autoreferenziale dell’egemonia culturale. Bisogna ribadire, una volta per tutte che, se è vero che il sistema dei partiti democratici crollò sotto il peso dei finanziamenti illeciti, è vero anche che l’origine di questa deriva andava ricercata nei flussi costanti di denaro che da Mosca giungevano incessantemente nelle casse del Pci, in parte direttamente, in parte attraverso le cooperative rosse, e che i competitori dovettero adeguarsi per non soccombere. Ma questo ormai appartiene alla storia.

 

Il problema è che Mani pulite fu un’operazione troppo parziale e troppo strabica per risolvere alla radice un problema che era e resta eminentemente politico, e che soltanto la politica potrà risolvere. Il “trattamento speciale” che alcune Procure stanno riservando a Berlusconi da quando è sceso in politica è l’emblema stesso di una giustizia politicizzata che non persegue i reati, ma costruisce teoremi indimostrabili e li porta in fondo costi quel che costi.

 

E’ questo il macigno più pesante da rimuovere per salvaguardare l’equilibrio tra i poteri dello Stato ripetutamente alterato dalle incursioni delle toghe rosse, incursioni che hanno più volte condizionato e alterato la stessa volontà popolare. Si tratta di una fondamentale questione democratica, importante come la lotta alla corruzione che costituisce ancora un fenomeno diffuso, ma non più sistemico come ai tempi di Tangentopoli.

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