LA SFIDA EDUCATIVA
Ott 18th, 2011 | Di cc | Categoria: Religione
In ogni epoca l’educazione delle nuove generazioni ha rappresentato per ciascun gruppo umano un compito fondamentale a cui dedicare attenzione, risorse ed energie, dando vita a regole, percorsi, usanze e anche riti formativi. Nel nostro tempo però, almeno in Occidente l’educazione è diventata in maniera nuova, problema: un nodo, cioè che sembra ogni giorno più difficile affrontare, un territorio assai cambiato e quasi sconosciuto. In altre parole, mentre sono assai aumentate, sotto diversi profili, le opportunità e le facilitazioni a nostra disposizione, diventa più arduo tenere insieme la consapevolezza di sé e del mondo in cui viviamo, la libertà e la responsabilità delle nostre decisioni, cioè quegli elementi che sembrano essenziali per una vera educazione. Consideriamo così l’EDUCAZIONE UN PROCESSO UMANO GLOBALE E PRIMORDIALE, NEL QUALE ENTRANO IN GIOCO E SONO DETERMINANTI SOPRATTUTTO LE STRUTTURE PORTANTI DELL’ESISTENZA DELL’UOMO E DELLA DONNA: QUINDI LA RELAZIONALITA’ E SPECIALMENTE IL BISOGNO DI AMORE, LA CONOSCENZA , CON L’ATTITUDINE A CAPIRE E A VALUTARE, LA LIBERTA’, CHE RICHIEDE ANCH’ESSA DI ESSERE FATTA CRESCERE ED EDUCATA, IN UN RAPPORTO COSTANTE CON LA CREDIBILITA’ E L’AUTOREVOLEZZA DI COLORO CHE HANNO IL COMPITO DI EDUCARE.
Da quanto espresso fin d’ora l’educazione per dirla con il linguaggio di uno dei più grandi educatori del diciannovesimo secolo D.Bosco l’educazione è un fatto di cuore nel quale dovrebbero incontrarsi due libertà quella dell’educando e dell’educatore. Dove per educando c’è nel mio caso un uomo- persona in potenza che è aperto ad accogliere nella più alta semplicità e autenticità la VITA e quanto essa è ed offre.
Per educatore invece e nel mio caso specifico per INSEGNANTE si intende la persona che offre un modello significativo dell’intero processo educativo .Nessuno può apprendere da sé, l’essere culturale esige anzitutto di essere istruito nell’apprendere e di ricevere un primo patrimonio di sapere, tuttavia il sapere va insegnato, va offerto e proposto in modo da FAR-SEGNO all’intelligenza di chi ha da apprendere. Questa la funzione dell’insegnante, che non assiste semplicemente la spontaneità dell’allievo e neppure trasferisce sapere, ma propone con metodo e dispone così l’intelligenza al suo insostituibile atto di comprensione.
E’ emerso in questa definizione un altro punto essenziale che qualifica e identifica ancora meglio la vocazione dell’insegnante IL METODO.
Dopo tanti anni di insegnamento sento di dire anzitutto che non c’è un metodo ASSOLUTO per insegnare ai bambini e capirete bene il perché. Se METODO vuol dire insieme di regole- norme-istruzioni per apprendere qualcosa, di fronte all’umano (nello specifico un bambini) non si sono avute e ne si potranno mai avere norme-regole –istruzioni che valgano in assoluto e per tutti. Semplicemente perché sappiamo tutti che ogni uomo cristianamente parlando è stato creato unico e irripetibile. Tuttavia nella scuola dell’infanzia sono stati pensati grandi teorie sulla metodologia dell’apprendere come il metodo della grande pedagogista Maria Montessori o delle sorelle Agazzi che hanno segnato delle tappi essenziali nel processo di crescita del bambino soprattutto attraverso l’esperienza diretta che il bambino ha e fa con l’ambiente che lo circonda fin dai primi giorni di vita. Da qui la strutturazione degli spazi, dei tempi e dei materiali a misura di bambino; che corrispondono alla scuola dell’infanzia una volta (asilo).Una scuola che deve avere tutto ciò che il bambino ha a casa inteso come spazio,quindi in ogni scuola c’è lo spazio ingresso che deve dire a primo impatto al bambino “questo luogo mi piace” perché strutturato con colori giochi e altro materiale che attragga la curiosità e quindi l’interesse del bambino che non avrà difficoltà a lasciare la propria mamma dopo ovvio un po’ di tempo tanto quanto basta a farlo sentire appunto a casa sua.Perchè ciò avvenga in maniera sempre meno traumatica un ruolo importante lo gioca l’insegnante che deve essere competente ma soprattutto deve “cercare di entrare nel piccolo mondo interiore di ogni bambino che le viene affidato e lì fare l’incontro con lui”e portarlo a vedere in lei una persona che come la mamma si interessa di lui-lei quindi di farlo mangiare, bere, dormire,giocare…
Oggi come nei miei primi anni di insegnamento mi ritrovo che questa sicurezza spesso la devo trasmettere più alle mamme che non ai bambini stessi. Il bambino di fronte alla novità assume due atteggiamenti o l’accoglie come un pacco sorpresa e si butta a capofitto per scoprire cos’è senza interessarsi di altro…o rifiuta ponendosi in atteggiamento di silenzio o di ribellione quindi pianto continuo…una volta superate queste fasi si crea tra l’ambiente,il bambino, insegnante una simbiosi che non è semplice spiegare. Mentre
nelle mamme(non in tutte per fortuna) ci sarebbe qui da fare un lungo discorso la di fronte alla novità assumono tanti atteggiamenti tanti quanti sono i timori le paure che hanno per i lori piccoli. Termino con un mio motto e poi do voce ad un grande maestro della nostra terra di puglia D.Tonino Bello leggendo una lettera in cui lui parla proprio del suo maestro. Dicevo che quando mi trovo di fronte a mamme particolarmente ansiose e preoccupate del pianto dei loro bambini dico:meglio che piange oggi lui che tu un domani…Grazie
Suor Alfonsina Pepe