QUALUNQUISMO O BISOGNO DI POLITICA?

Ott 17th, 2011 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale

       La signora è inferocita. Credo di assistere ad un litigio condominiale o roba simile. Sto per archiviarlo nella mente, ma poi capisco che non c’entrano né le questioni tra inquilini, né i piccoli o grandi soprusi che capitano spesso in una città di provincia. L’incavolatura è politica, o meglio viene dalla politica.

             Se la piglia un po’ con tutta la classe che sta al potere la nostra passionaria. Elenca quelle che ritiene le colpe capitali del governo, a cominciare dall’aumento delle tasse e della disoccupazione, che non dà tregua e che “ruba i sogni” ai giovani di un lavoro e di metter su famiglia. Ma non risparmia l’opposizione anch’essa colpevole degli stessi peccati, sia pur con un diverso grado di responsabilità. Qualunquismo? Antipolitica? Me lo chiedo mentre provo a ragionare sul quel fiume in piena di rancori.

            Il “qualunquismo” e’ un termine negativo che definisce atteggiamenti di sfiducia nelle istituzioni democratiche, nei partiti e soprattutto nella politica. Per la verità’ il movimento dell’”Uomo qualunque” non era un’organizzazione antipolitica, anzi. C’era sfiducia nel sistema partitocratico e nel modo con cui esso considerava ed affrontava i reali problemi della gente; dell’uomo qualunque, appunto. Altri tempi. Le ideologie allora non ammettevano tentennamenti o mimetizzazioni. O si stava da una parte o dall’altra. I tempi sono cambiati, ma il rapporto conflittuale tra la politica ed il cittadino resta. Da una parte i partiti - spesso fuorviati  da logiche di potere interno - che non vedono e non sentono i fermenti della società civile, che pur dovrebbero rappresentare. Dall’altra il cittadino, che sempre meno ideologizzato, cerca nelle istituzioni democratiche risposte ai problemi di tutti i giorni. Non avendone, s’incavola e fa di tutta un’erba un fascio. Qualunquismo, antipolitica? Solo esasperazione verso un modo di fare politica che non si capisce; che non si basa sul “buon senso del padre di famiglia”. Soprattutto che non prova a “gestire la città”. Non s’afferrano i proclami risolutivi che poi cadono nel dimenticatoio. O i conflitti tra organi della Stato che sottendono interessi di parte da tutelare, costi quel che costi. 

            Sull’altra faccia della medaglia della signora strillante e rancorosa c’e’ la presa di posizione del governatore della Banca d’Italia. Certo, Mario Draghi qualunquista proprio non e’ eppure cita Manzoni: la “tentazione atavica e’ di attendere che un esercito d’Oltralpe risolva i nostri problemi. Ma non e’ così. Sarebbe una tragica illusione. Gli interventi risolutori spettano a noi”. Eppoi parla di crescita e del  dovere che abbiamo nei confronti dei giovani, un quarto  dei quali sono senza lavoro”.  Insomma, anche lui, con accenti diversi, suona la sveglia al gruppo dirigente del Paese.

            E’ stato solo un incidente di percorso, come lo definisce il Cavaliere,  per auto-impallinatura dell’esecutivo la bocciatura dell’articolo prima del Rendiconto economico dello Stato? Al di là della soluzione del problema di come fare a riproporre la legge, c’è il dilemma di come andare avanti.

            Il balletto esasperato ed esasperante delle  “fiducie”, date ad ogni piè sospinto e sconfessate dai fatti parlamentari di tutti i giorni, non può continuare. I cittadini si sentono presi in giro. C’è bisogno di un programma di fine legislatura che punti a far girar pagina al Paese, tenuto conto dei tempi che corrono. Insomma, mettere in  campo strumenti legislativi coraggiosi che puntino alla crescita, allo sviluppo, Mezzogiorno compreso. Quando la casa brucia non si può far altro che un lavoro di squadra per salvare il salvabile. “I furbetti del parlamentino”, che pur ci sono ed appaiono nei momenti topici per posizionarsi tenendo conto esclusivamente dei propri interessi di bottega, devono essere neutralizzati. Più il premier medierà, più il suo governo non avrà la forza per provare a saltare il fosso della crisi.

          

  Per converso l’opposizione, più che abbandonare l’aula del Parlamento come si faceva ai tempi che furono di Giorgio Almirante e del MSI, provi a dimostrare compattezza ipotizzando un governo alternativo con tanto di programma condiviso.

            L’idea da cancellare nella gente, costi quel che costi,  è che la “classe” si agita solo per conservare se stessa ed i propri interessi. Certo, in una fase così delicata un gesto di riduzione di compensi e benefit sarebbe un toccasana. Un’ottimo messaggio pubblicitario.

Elia Fiorillo

 

 

 

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