Un nuovo primato italiano. Il 43,5% della popolazione non è servito dai depuratori (ma paga il canone)
Set 30th, 2011 | Di cc | Categoria: Ambiente
Siamo finalmente arrivati alla fine dell’estate. Alghe tossiche, fogne che scaricano in mare e depuratori mal funzionanti. L’estate italiana è stata anche questa. Un’estate nera per il turismo e per il mare italiano, che da giugno ha registrato la marea gialla in Sardegna, l’alga nociva in Sicilia, la presenza di 14 scarichi illegali in Liguria, la macchia nel litorale laziale e la chiazza nera nel porto di Napoli. Un susseguirsi di intossicazioni, di interdizioni alla balneazione ed al consumo di frutti di mare, che in Campania sembra aver fatto dimenticare lo scandalo, appena del febbraio scorso, del percolato riversato in mare.
Come illustrato da Legambiente nel dossier Mare Nostrum 2011, è stato inoltre accertato un incremento di infrazioni in tutta la penisola, a discapito dell’ecosistema. Tra i reati in aumento, l’abusivismo edilizio (il cui primato spetta alla Campania) e l’inquinamento costiero, causato dal cattivo funzionamento degli impianti di depurazione obsoleti, sottodimensionati ed in pessimo stato di manutenzione.
Il 53,5% della popolazione, infatti, non è servito dai sistemi di depurazione secondaria e terziaria, che consentono un effettivo abbattimento del carico inquinante, mentre il 43,5 % non usufruisce affatto dei depuratori, né di adeguati sistemi fognari. Quando i depuratori non reggono al sovraccarico, si è pertanto costretti a riversare i liquami in mare, a discapito dell’ambiente. Eppure, sembra che gli italiani, i principali consumatori di acque minerali, ignorino che il 30% della popolazione non beneficia di sistemi di depurazione adeguati, a causa di un completo disinteresse della classe politica, che ha disatteso le direttive europee in materia di lotta all’inquinamento da depurazione delle acque reflue.
Tale disservizio consentirebbe ai cittadini di rifiutarsi di pagare la tassa di depurazione, perché, come stabilito dalla Corte Costituzionale, il pagamento della tariffa è illegittimo in caso di mancanza o di cattivo funzionamento dell’impianto.
Eppure, nonostante la normativa europea più recente risalga al 1991 e la UE abbia avviato, già da due anni, procedure di infrazione a carico dell’Italia, gli italiani hanno continuato a pagare il canone anche quando il servizio di depurazione è inesistente o funziona a singhiozzo.
L’Italia avrebbe dovuto mettersi in regola con i sistemi di depurazione già dal 1998, eppure la copertura del servizio arriva appena al 70,4% della popolazione, mentre almeno 143 città italiane sono prive di sistemi fognari adeguati. L’ultimo monito della Ue risale al maggio scorso. In assenza di adempimenti concreti, il nostro paese incorrerà in pesanti sanzioni economiche e dovrà sborsare tra gli 11.000 ai 714 mila euro per ciascun giorno di ritardo. Tra i peggiori capoluoghi di provincia sono segnalate Imperia, dove il depuratore sarà inaugurato nel 2012, Catania, che riesce a coprire appena il 23% della popolazione, Palermo, solo il 39%, Catanzaro, almeno il 67% e Napoli, che soddisfa l’85% della cittadinanza. Permangono comunque forti dubbi in merito al funzionamento degli impianti esistenti ed alla qualità della depurazione delle acque assicurata dagli impianti, accanto ad un sospettoso disinteresse delle amministrazioni, tanto più se si considera che in Italia solo il 77,2% delle acque costiere rispetta le norme più rigide relative alla balneazione, contro la Grecia, che è al 94,2, mentre Cipro è addirittura al 100%.
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