Nuove accuse a Penati, trema il Pd
Set 11th, 2011 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale
Il cerchio si stringe intorno a Penati (e al Pd): la nuova accusa di corruzione per l’acquisto da parte della Provincia di Milano, nel 2005, del 15 per cento delle quote della società Serravalle allora detenute dal costruttore Gavio rappresenta infatti un salto di qualità nell’inchiesta dei magistrati monzesi che sta mettendo a nudo il collaudato sistema delle tangenti rosse. L’acquisto della Serravalle avvenne a un prezzo altissimo, assolutamente fuori mercato, e generò un fiume di milioni di euro che secondo i magistrati sarebbe in parte rientrato anche nelle tasche dei compratori, cioè di esponenti della sinistra.
I pm non hanno più dubbi: “Ci sono gravi indizi sulla base di dichiarazioni sull’illiceità della costruzione di un’operazione finanziaria per l’acquisto a prezzo fuori mercato di azioni comprensivo di un ritorno economico per i partecipanti all’operazione”. Quella che sta prendendo forma è una vera e propria Tangentopoli democratica, e la tegola politica che si abbatte sul Pd è davvero enorme, visto che Penati è stato fino al dicembre scorso il più stretto collaboratore di Bersani e visto soprattutto che i reati ipotizzati non sono ancora coperti dalla prescrizione, a differenza delle accuse contestate dal gip allo stesso Penati per la riqualificazione delle aree ex Falk di Sesto San Giovanni.
Dunque, secondo la procura di Monza, nel passaggio di azioni dal costruttore Gavio alla Provincia di Milano e nel successivo travaso di milioni nella scalata Unipol-Bnl, si nasconde una colossale mazzetta, ovviamente rossa (coperta con una finta caparra immobiliare) che sei anni fa, sarebbe finita nelle casse di Botteghe Oscure. L’ipotesi degli inquirenti è che tra l’allora presidente della Provincia di Milano Penati e il costruttore Gavio ci fosse un accordo fuori mercato: l’acquisto da parte della Provincia del 15% delle azioni in mano a Gavio a prezzo gonfiato (pagate 238 milioni di euro, con una plusvalenza per il costruttore da 179 milioni) per nascondere un ritorno personale per il politico e per il partito.
C’è infatti una coincidenza temporale a dir poco sospetta: nello stesso anno - il 2005 - Gavio investì 50 milioni di euro per sostenere l’Opa su Bnl lanciata dalla compagnia bolognese Unipol, all’epoca guidata dal manager Giovanni Consorte. Quello, per intendersi, della famosa telefonata ricevuta da Fassino che finì su tutti i giornali: “Allora, abbiamo una banca?”. Una triangolazione che non passò inosservata allora, che non è sfuggita nemmeno agli inquirenti monzesi. Le prossime settimane saranno caldissime per Penati, ma anche per Bersani, che era perfettamente a conoscenza dell’operazione Serravalle. Vedremo gli sviluppi, ma intanto c’è da fare una constatazione molto amara: come mai la Procura di Milano, che ben sei anni fa fu allertata da un esposto dell’ex sindaco di Milano Albertini - non ha mai indagato sull’affaire Serravalle, cioè su uno sperpero immane di soldi pubblici, e si è invece accanita, con un eccezionale dispiegamenti di mezzi (e di intercettazioni) sulle feste notturne di Arcore? Probabilmente, se all’epoca dei fatti fossero state intercettate le telefonate tra Penati e Bersani sarebbero emerse cose interessanti. Ma alla Procura milanese interessa, evidentemente, solo incastrare il premier.
Pd/Mussi: spero che con i soldi delle tangenti non comprassero i congressi
“Prego il signore che non ci sia connessione tra l’acquisto delle azioni della Milano-Serravalle fatta da Penati nel 2005 e la scalata alla Banca nazionale del Lavoro lanciata negli stessi mesi dall’Unipol di Gianni Consorte. È un’ipotesi che non contemplo. Sarebbe la bomba atomica. Un sacco di gente dovrebbe andare a casa”. Lo afferma al Fatto quotidiano Fabio Mussi commentando il caso di Filippo Penati accusato di aver riscosso tangenti.