Uno sciopero contro il Paese
Set 6th, 2011 | Di cc | Categoria: Politica
“Non aderiamo, ma ci saremo”. C’è tutto il Bersani che conosciamo nella formula ambigua e ipocrita con la quale ieri sera il segretario del Pd ha sciolto il nodo della sua presenza sulla piazza romana della Cgil.
C’è tutto il Bersani che conosciamo, tentennante fino all’ultimo, in questa decisione presa in “zona Cesarini”, a dodici ore da uno sciopero proclamato due settimane fa.
C’è tutto il Bersani che conosciamo, “responsabile” a parole e a corrente alternata, nel cogliere al balzo la palla di uno slogan bugiardo, quello dei “licenziamenti facili” (come fu per l’inesistente “privatizzazione dell’acqua” del referendum), per marcare il territorio e i confini di uno spazio politico che vede pericolosamente invaso dalle truppe di occupazione di Di Pietro, di Vendola, della sinistra estremista e più arrabbiata, quella dei Ferrero, dei Diliberto, dei Verdi.
C’è tutto il Bersani che conosciamo in questo triplo salto mortale per tenere insieme le due anime del Pd, quella dell’inossidabile cinghia di trasmissione con la Cgil e quella più moderata e riformista, schierata con Uil e Cisl contro questa scelta irresponsabile.
Gli slogan sui contenuti della manovra, che riempiono oggi le piazze, sono soltanto fumo negli occhi. Sono stati gli stessi leader sindacali, primo quello dei meccanici Landini, a parlare di uno sciopero “politico”: la piazza per mandare a casa il governo, in barba alle scelte degli elettori.
E sbaglia anche chi parla di uno sciopero “inutile”. In realtà si tratta di uno sciopero “dannoso”, uno sciopero contro il Paese. Non sono soltanto i numeri a dirlo: un costo che viene valutato poco meno dello 0,4% del Pil, fra i tre e i cinque miliardi.
Il conto più salato il Paese lo paga però in termini di credibilità internazionale, fermando il lavoro e la produzione nel momento in cui è sotto il pesante attacco della speculazione, alla quale non sembra vero di poter affondare la lama nelle divisioni che sembrano seppellire tutti i buoni propositi di coesione nazionale e i ripetuti appelli del Quirinale. E se il sindacato della Camusso ha tutto il diritto costituzionale di scendere in piazza, imboccando una strada che la deriva della Grecia ha già dimostrato di trascinare il Paese nel baratro, il maggiore partito di opposizione si assume una responsabilità gravissima.
La manovra non si fa nella piazza, ma in Parlamento. E lì ci sono tutte le condizioni per arrivare ad una soluzione in gran parte condivisa. La scelta del Pd di cavalcare la protesta solitaria della Cgil va in direzione diametralmente opposta. E fa male all’Italia.
Sciopero/Cicchitto: la Cgil è irresponsabile
”Lo sciopero generale indetto dalla sola Cgil, in rottura con la Cisl e con la Uil, mentre imperversa una durissima crisi finanziaria e’ la testimonianza di una totale mancanza di consapevolezza rispetto alla gravita’ della situazione generale che mette in crisi tutti gli schemi originari. Questa mancanza di consapevolezza purtroppo porta la Cigil alla irresponsabilita”’. Lo dichiara in una nota Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera.
Sciopero, qualcuno è più uguale degli altri
Vicenda molto istruttiva. Repubblica siccome sostiene lo sciopero non sciopera. La logica è perfetta, un meraviglioso ossimoro che ingrassa l’editore-politico. In un corsivo non firmato conferma la linea senza troppi ghirigori: viva lo sciopero, in vista di un golpetto con l’avallo di Napolitano, citato come proprio sostenitore. Si faccia la manovra come piace a De Benedetti e alla Cgil, poi governo d’emergenza senza Berlusconi. E al diavolo il risultato elettorale. Intanto, per far capire il futuro della democrazia se finisce in mano a questi tizi, il Corriere della sera, duro con il governo ma anche contro lo sciopero, è bloccato dallo sciopero. È la democrazia stile De Benedetti-Mauro-Scalfari. Ci riflettano tutti.