L’Europa chiede le riforme che sono nel programma di governo
Ago 9th, 2011 | Di cc | Categoria: Politica
Le riforme chieste dall’Europa può farle solo il governo Berlusconi. La sinistra no di certo. Anzi, di fronte ai suggerimenti pressanti contenuti nella lettera inviata dal vertice della Banca centrale europea al governo italiano, la sinistra dei Bersani e dei D’Alema rischia di fare la figura dei pifferai di montagna, che scesero a valle per suonare e furono suonati. La questione, in sintesi, è la seguente. Come garanzia per procedere all’acquisto dei titoli di Stato italiani, l’Eurotower ha chiesto al governo guidato da Berlusconi un pacchetto di riforme strutturali in tre campi d’azione: privatizzazioni, liberalizzazioni, lavoro e welfare. Le richieste non sono generiche, ma - come risulta da autorevoli anticipazioni sul testo della lettera - entrano nei dettagli in modo chiaro, per non lasciare adito ad equivoci. E proprio questa precisione consente di dire che le riforme richieste fanno parte da sempre del bagaglio culturale del centrodestra, soprattutto del Pdl. Non solo. Si tratta di riforme che erano nel programma di governo dell’attuale maggioranza e che senza il filibustering interno di Gianfranco Fini, che ha rallentato per più di due anni l’azione del governo in ogni settore, avrebbero avuto certamente sorte migliore. Un esempio? Prendiamo il terzo punto della lettera inviata dall’Eurotower: il lavoro e il welfare. Vi si chiedono norme meno rigide sui licenziamenti per i dipendenti a tempo indeterminato e una maggiore flessibilità del pubblico impiego, così da modificare l’attuale modello di relazioni industriali, che non è quanto di meglio occorre in un Paese moderno, poiché si basa sulla flessibilità dei giovani precari da una parte e, dall’altra, garantisce ogni tutela soltanto a chi ha un posto fisso. Non solo. La Bce chiede anche l’introduzione di norme che rendano normale una contrattazione aziendale che incentivi la produttività, parola quest’ultima che per la sinistra e la Cgil, suo sindacato di riferimento, costituisce tuttora un tabu. Dulcis in fundo, la Bce sollecita un giro di vite anche alla spesa previdenziale, che in Italia è tra le più elevate (in rapporto al pil), ritoccando le norme sulle pensioni di anzianità, quelle sugli assegni di reversibilità e sulle invalidità civili, concesse con troppa disinvoltura dalle Regioni del Sud.
L’ipotesi che un governo di centrosinistra possa realizzare un simile pacchetto di interventi, è semplicemente fuori dal mondo. Gli esecutivi guidati dai Prodi e dai D’Alema, in materia di lavoro e welfare, sono stati degli esecutori supini dei diktat della Cgil. Ovvero del sindacato che, quando era guidato da Sergio Cofferati, portò a Roma due milioni di persone per fermare la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, modifica con cui il governo Berlusconi (2001-2005) cercava di rendere meno rigide le norme sui licenziamenti nelle imprese con più di 15 addetti, esattamente ciò che ora ci chiede l’Europa. Come andò a finire allora, è cosa nota: la protesta di piazza della Cgil fu fatta propria dalla sinistra, che riuscì a bloccare ogni tentativo di riforma. Fu quello stop che bloccò gli effetti positivi della riforma Biagi, condannò i giovani al precariato, mentre garantì ai lavoratori più anziani il posto fisso a vita, pensioni elevate e un welfare da Paese che pretendeva di vivere al di sopra delle proprie risorse.
Ora la lettera dell’Eurotower dice che quel modello di welfare non regge più e va cambiato. Il centrodestra l’ha sempre detto, lo ha scritto nei suoi programmi di governo, ma per varie ragioni non l’ha mai potuto realizzare fino in fondo. Può farlo ora. Di certo non potrebbe mai farlo la sinistra, che ha non solo una cultura antagonista, ma su questi temi ha sempre dimostrato di avere al proprio interno idee molto diverse, divisioni profonde, che le hanno impedito nei fatti di governare anche quando si è insediata a Palazzo Chigi.
L’inadeguatezza della sinistra vale anche per gli altri due filoni di riforme chiesti dalla Bce: le privatizzazioni e le liberalizzazioni. Con Prodi, la vendita delle aziende di Stato si rivelò un regalo agli imprenditori amici. Con D’Alema (e Ciampi ministro del Tesoro) fu anche peggio: la Telecom fu consegnata come pacco dono a Colaninno e soci, e in poco tempo, da azienda leader in Europa, è diventata una cenerentola. Quanto alle liberalizzazioni, le tanto decantate lenzuolate di Bersani sono servite in realtà ai supermercati delle Cooperative rosse per vendere anche i farmaci accanto alle melanzane, e ai parrucchieri di lavorare, se vogliono, anche di lunedì. Il resto, è stato solo abile propaganda. E mai e poi mai la sinistra si è dissociata da quelle forze che impediscono di privatizzare non solo le aziende di Stato, ma anche le aziende municipalizzate. E il sostegno di Bersani e compagnia ai recenti referendum sull’acqua ne è solo la prova più fresca e imbarazzante, una scelta doppiamente negativa. In primo luogo perché i referendum, con grande demagogia, hanno impedito di includere anche i privati nella gestione delle municipalizzate, e quindi di portarvi una ventata di efficienza e di rigore amministrativo. In secondo luogo perché la legge Ronchi sull’acqua, abrogata dai referendum, recepiva una direttiva europea. Se queste sono le premesse, con quale credibilità la sinistra di Bersani e soci pretende ora di farsi interprete delle richieste dell’Eurotower? La risposta è semplice: nessuna. Perché le facce di bronzo non sono mai credibili. Né lo saranno mai.
Bce: Trichet, lettera a Italia? Mandiamo messaggi a tutti i Paesi
“Noi mandiamo di continuo messaggi a tutti i Paesi europei”. Il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet risponde cosi’ a Europe 1 sulla lettera che l’Eurotower ha inviato all’esecutivo italiano per chiedere un’accelerazione delle misure contro deficit e debito.