Province, revisione solo rinviata
Lug 15th, 2011 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale
La bocciatura della proposta dell’Idv sull’abolizione delle Province è stata inevitabile, perché se fosse passata quella legge si sarebbe aperto un vuoto normativo che avrebbe provocato più guai che benefici allo Stato e alle sue casse.
Con la demagogia infatti si fa facile propaganda, ma non si legifera. Una cosa però deve essere messa in chiaro: il voto della scorsa settimana alla Camera non significa affatto aver messo una pietra tombale sul riordino delle Province, come sostiene l’Udc. E’ vero esattamente il contrario.
C’è infatti in Commissione Affari Costituzionali una proposta del Pdl, che può essere approvata in tempi congrui e che prevede, per l’appunto, la soppressione delle Province attuali e la delega alle regioni a ricostituire nuove Province secondo i princìpi dell’area omogenea e dell’area vasta, assumendosi la responsabilità non solo di farle, ma di sostenerne i costi, dando cioè risposta all’unico interrogativo vero al quale la politica è tenuta nei confronti dei cittadini: riorganizzare le istituzioni secondo criteri moderni e secondo i nuovi assetti istituzionali.
Se dunque è illusorio pensare di abolire tout court le Province, è invece possibile dare subito una ramazzata totale a quegli enti intermedi che servono solo a moltiplicare le poltrone. In questo senso, si possono dare davvero segnali forti.
I Consorzi di bonifica, ad esempio, hanno ampiamente dimostrato la loro inutilità, e c’è la riforma Matteoli - che prevede l’unificazione delle competenze territoriali – da attuare subito. La crisi e i ripetuti sacrifici chiesti agli italiani impongono da subito un drastico ridimensionamento degli enti inutili.
La gente – basta leggere i blog - pretende giustamente che lo Stato tagli tutte le spese inutili o, comunque, non sufficientemente produttive, di prestazioni e servizi per i cittadini al fine di concentrare le risorse finanziarie pubbliche nei settori più importanti sotto il profilo dello sviluppo.
E proprio la crescita eccessiva di enti decentrati e locali in Italia costituisce uno dei motivi principali della polemica in corso sui costi amministrativi e della politica, oltre a rappresentare uno sviluppo perverso dei concetti di decentramento e di sussidiarietà. Spesso, analizzando i bilanci di Consorzi e affini, è evidente come circa la metà dei fondi sia destinata alle spese di funzionamento e solo una minima parte venga redistribuita ai cittadini, sotto forma di servizi e di opere pubbliche.
Se non possiamo abolire le Province, dunque, è necessario almeno sfoltire drasticamente un’ampia serie di organismi ed enti territoriali o funzionali decentrati affidandone i compiti ai Comuni, alle Province o alle Regioni.
L’elenco degli enti da tagliare è già pronto: Comunità montane (già dimezzate), Consorzi dei bacini imbriferi montani, Enti parco regionali, Consorzi di bonifica, Agenzie regionali e Autorità d’ambito territoriale (ATO) in materia di servizi idrici.
Disboscare questa selva oscura sarebbe il segnale concreto della volontà del governo di spazzare via una parte consistente del ceto parassitario che prospera nella pubblica amministrazione.