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“Nessuna ipotesi di abolizione del 41 bis”

Lug 15th, 2011 | Di cc | Categoria: Politica

Nella relazione del Dipartimento Affari giuridici di Palazzo Chigi non c’e ‘nessuna ipotesi ”di abolire il regime dell’articolo 41 bis” ma ”piuttosto di stabilirne l’applicazione con la sentenza di condanna”. E’ quanto precisa Palazzo Chigi.

In relazione a quanto riportato nella Relazione sull’esecuzione delle sentenze della Commissione europea dei diritti umani (Cedu) al Parlamento per l’anno 2010 e relativo alla presunta proposta di sopprimere il regime detentivo previsto dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, si legge sul sito del governo, si precisa quanto segue:

1) ”L’ipotesi prospettata nella relazione, concernente i ritardi giurisdizionali, non e’ certamente quella di abolire il regime dell’articolo 41bis. Ma piuttosto di stabilirne l’applicazione con la sentenza di condanna”. ”L’attuale sistema -si legge- determina sensibili ritardi in quanto impone una continua proroga del regime preceduta da complessi accertamenti e seguita da lunghi procedimenti di impugnazione. Procedimenti dovuti ai necessari approfondimenti da parte degli organi di polizia, prima, del giudice di sorveglianza, della Corte di cassazione, poi. Tali ritardi determinano, nel frattempo, limitazioni considerevoli di diritti, frequentemente evidenziate a Strasburgo, e che sono causa di condanna per l’Italia (ad es. Causa Montani c. Italia - Sezione Seconda - sentenza 19 gennaio 2010 (ricorso n. 24950/06 e sent. 20 gennaio 2009- Zara)”.

 

2) Le risorse umane che, secondo la relazione, si libererebbero se il regime di carcere duro fosse previsto nella sentenza di condanna -si legge ancora nella precisazione- sono solo quelle delle forze di polizia, che non sarebbero chiamate a continue verifiche, e della magistratura di sorveglianza, che non sarebbe posta in condizione di dover provvedere continuamente, con inevitabili ritardi nelle decisioni.

 

3. Una lettura del brano della relazione in questione, diversa da quella sopra esposta, non solo non e’ rispondente alle intenzioni dei redigenti resa chiara dalla collocazione del testo tra le conseguenze dei ritardi nell’esercizio della giurisdizione, ma e’ in aperto contrasto con quanto evidenziato dalla stessa relazione in altra parte ove invece viene espressamente trattato il tema del trattamento penitenziario e si evidenzia come un regime carcerario duro sia ritenuto ammissibile dalla Cedu, purche’ previsto in relazione a motivate esigenze (sentenza Mole 12 gennaio 2010)”, conclude.

 

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