Sinistra nella morsa di Vendola

Giu 1st, 2011 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale

Bersani e Franceschini hanno chiesto che il governo si presenti dimissionario alla Camera quando, il 20 giugno, ci sarà il dibattito sulla verifica suggerita da Napolitano dopo l’ingresso dei nuovi sottosegretari. Una richiesta, quella del Pd, che non trova fondamenti né politici né istituzionali, visto che quelle appena celebrate erano elezioni amministrative, per di più parziali, e che dunque non è vero che il governo è minoranza “in tutto il Paese”. E se anche così fosse - come dimostra Zapatero in Spagna - l’esecutivo avrebbe ugualmente il diritto e il dovere di andare avanti, potendo ancora contare sulla maggioranza del Parlamento.  Il Pd dunque, una volta smaltita l’euforia post-elettorale, farà bene a pensare ai propri problemi, che non sono pochi, perché le divergenze con Sinistra e Libertà e Idv sono già evidenti, a partire dal nodo cruciale delle primarie per la leadership del centrosinistra, che Vendola vuol celebrare subito e Bersani, invece, non contempla proprio nel suo orizzonte, visto che lo statuto del Pd dà l’investitura automatica al segretario del partito. Bersani vorrebbe elezioni subito rispolverando l’alternativa di sinistra facendo capire di poter fare a meno di Casini che, “se non capisce sarà abbandonato dal suo elettorato”; D’Alema cerca invece di non perdere i contatti con Casini avviati nel laboratorio politico di Macerata e di coinvolgerlo a pieno titolo nella Grande Alleanza antiberlusconiana; Letta si è espresso per un governo di decantazione; Veltroni per una fase di unità nazionale; Fioroni per le primarie. Ognuno dei dirigenti democratici, insomma, ha la sua ricetta che diverge dalle altre. Anche sulla legge elettorale, che tutti dicono di voler cambiare, ma nessuno sa effettivamente come: sbarramento alla tedesca, ritorno al proporzionale o al Mattarellum? Se poi l’inquadratura si allarga alla coalizione, il panorama diventa ancora più caotico e frastagliato, con i vecchi cespugli dell’Unione pronti a pretendere un posto a tavola e, soprattutto, con Di Pietro che si dice pronto “a fare il guardiano contro gli inciuci” e a tracciare la linea del Piave: “Prima vincere i referendum, poi costruire la casa con Pd e Sel. E solo dopo magari tirar su una dépendance per Casini”.  La babele è servita, mentre c’è trepida attesa nel Paese per vedere se De Magistris riuscirà davvero a risolvere in tre mesi il problema dei rifiuti senza fare il termovalorizzatore. Già, perché ora la sinistra radical-chic, dopo anni di ozi antiberlusconiani, deve anche dimostrare di saper fare qualcosa, a Napoli e a Milano.

Lascia un commento

Devi essere Autenticato per scrivere un commento